Italvolley 1990: vittoria di un Mondiale in Brasile5 min read

2 Aprile 2014 Uncategorized -

Italvolley 1990: vittoria di un Mondiale in Brasile5 min read

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italvolley 1990In questa storia dal sapore vintage, parleremo di una delle più belle pagine dello sport Italiano: l’Italvolley 1990. Per farlo dobbiamo tornare indietro di oltre 20 anni, esattamente in quel 1990, ricordato soprattutto per l’ultima grande manifestazione sportiva organizzata in Italia.

Per molti della mia generazione infatti il 1990 è l’anno del Mondiale di Calcio organizzato in Italia, la mascotte Ciao, le Notti Magiche, i gol e gli occhi sgranati di Totò Schillaci. Il sogno di un Mondiale vinto in casa, infranto per un’uscita a vuoto del grande Walter Zenga, la lambada, e infine la vittoria della Germania grazie al calcio di rigore impeccabile di Andy Brehme in finale contro l’Argentina, l’estirpatrice del nostro sogno iridato.

I malati di sport e non solo di calcio (come, purtroppo, il sottoscritto) hanno avuto l’occasione in quell’anno di consolare parzialmente la grande delusione del Mondiale perso in casa con un’altra vittoria iridata, con un’altra nazionale, qualche mese più tardi, ad Ottobre. Parliamo dell’Italia di Volley e della vittoria del Campionato del Mondo in Brasile, vittoria storica, che segnò l’inizio di un’epoca, di una generazione di fenomeni.

Il Mondiale in Brasile rappresentò nello stesso tempo la consacrazione di un gruppo di ragazzi fortissimi, diretto alla perfezione da Julio Velasco, allenatore argentino all’epoca nemmeno quarantenne, e l’inizio della leggenda di una generazione di fenomeni che qualche anno più tardi sarebbe stata riconosciuta come la “Squadra del Secolo”.

L’Italia non partiva con i favori del pronostico, da molti era considerata una delle squadre più interessanti, ma erano pochi quelli che credevano che avrebbe potuto impensierire i colossi di Cuba, all’epoca la squadra più forte del mondo, e il Brasile, che giocando in casa, avrebbe potuto sfruttare la rumorosa torcida del caldo pubblico di Rio.

Il gruppo di Velasco era in forte ascesa, nel 1989 aveva vinto il Campionato Europeo in Svezia e nel 1990 si era affermata nella World League, nei Giochi del Mediterraneo e nei Goodwill Games, ottime vetrine nelle quali la concorrenza non era così agguerrita come poteva essere in un Mondiale.

Il sestetto titolare è ancora ricordato da molti appassionati e non di volley: a regia di Paolino Tofoli, al centro Andrea Gardini e il capitano Andrea Lucchetta, quello delle capigliature eccentriche, che sfoggia ancora adesso in veste di commentatore, gli schiacciatori erano Luca Cantagalli, Lollo Bernardi, e poi colui che era la stella di quella nazionale, Andrea Zorzi. In panchina poi c’erano degli emergenti come Andrea Giani, Marco Bracci, Fefè De Giorgi e altre preziosissime riserve.

Italvolley 1990: la cavalcata

La cornice era anch’essa particolare e suggestiva. Rio de Janeiro, in un’arena con una capienza di 20000 spettatori, che si chiama Maracanãzinho, ovvero piccolo Maracanà, in onore del leggendario Stadio, situato a poche centinaia di metri dall’arena. L’Italia parte discretamente, arriva seconda nel girone di qualificazione, qualificandosi per gli ottavi di finale, soccombendo solo contro Cuba, autentica bestia nera del sestetto azzurro. Il secondo posto non complica più di tanto il cammino degli azzurri, che passano in scioltezza gli ottavi e i quarti contro Cecoslovacchia e Argentina, raggiungendo l’obiettivo fissato, ovvero le semifinali.

L’Italia doveva affrontare in semifinale il Brasile, i padroni di casa, sospinti dai 20000 del Maracanãzinho. Il Brasile vince in maniera netta il primo set, 15-6. L’Italia si impone nel secondo e terzo set e subisce la rimonta brasiliana nel quarto. Bisogna ricordare che all’epoca esisteva il cambio palla, i punti nei primi quattro set erano assegnati solo quando la squadra era al servizio. Si giocava quindi da due ore abbondanti. Si arriva così al quinto set, al tie break dove ogni scambio conta, non esiste il cambio palla, e tutto si decide in pochissimi minuti. Il quinto set è un altalena di emozioni intensissime. L’Italia sembra non avvertire l’ambiente ostile, rimane concentrata fino alla fine. Si arriva così al 14-13 Italia, match point. Il Brasile è in battuta, per cui l’Italia ha la possibilità di fare il primo attacco. Un’occasione irripetibile. Che i ragazzi non si fanno sfuggire e con una martellata del capitano Andrea Lucchetta spingono la palla in campo brasiliano conquistando il biglietto per la finale. Delirio e festa azzurra e disperazione e lacrime per squadra e tifosi carioca.

In finale manco a farla apposta troviamo la nostra bestia nera, Cuba. I caraibici avevano battuto l’Italia nettamente per 3-0 ai gironi, e negli altri precedenti confronti avevano sempre avuto la meglio sui nostri. Era la squadra più forte, sia dal punto di vista tecnico che fisico. Avevano in squadra il più forte schiacciatore dell’epoca, e uno dei migliori di tutti i tempi, Joel Despaigne, detto El Diablo, ma era una nazionale fortissima in ogni suo componente.

Come spesso capita, negli appuntamenti più importanti, la storia si capovolge irrimediabilmente. Cuba vince in scioltezza il primo set, l’Italia reagisce vince il secondo e anche il terzo. La sicurezza dei caraibici inizia a vacillare. Ma non mollano nemmeno per scherzo. Il quarto set si gioca sul filo dell’equilibrio. Tanti scambi, si va avanti punto a punto, senza grossi strappi. Si arriva al 15-14 Italia. Per vincere occorre avere due punti di vantaggio. L’Italia ha un match point, che deve conquistare su battuta; parte una girandola interminabile di cambi palla, con Despaigne che ferma ogni velleità azzurra di impostare un’azione d’attacco decisiva. A un certo punto viene murato un attacco di Despaigne ma la palla va fuori. Tutto da rifare.

Gli scambi continuano fino a quando con un tuffo felino il capitano Lucchetta riesce a fermare un attacco del solito Despaigne, l’Italia può costruire la palla decisiva. Cuba riesce a difendersi e ributtare la palla aldilà della rete, ma stavolta l’azione azzurra è vincente. Lollo Bernardi schiaccia, la palla tocca il muro cubano, e poi va fuori. È l’apoteosi Azzurra. La festa, le lacrime, Gardini che sale sulla sedia dell’arbitro, Jacopo Volpi, telecronista Rai all’epoca, che urla in stile Martellini, “Campioni del Mondo, Campioni del Mondo, Campioni del Mondo”.

Rio de Janeiro e il Maracanãzinho si tingono di azzurro. Fu il primo successo del Volley tricolore. Che diede il via ad un’epoca di trionfi che caratterizzarono il decennio dei ’90, con tanti altri titoli tra cui le affermazioni iridate nel 1994 e 1998. Rimase solo un tabù, che ahinoi esiste ancora per il volley azzurro. Ovvero l’oro olimpico che ci è sfuggito in maniera rocambolesca e clamorosa sia a Barcellona nel 1992 che ad Atlanta nel 1996.

Immagine| sporth24.net

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