La sinistra a Milano che non vuole Sala: intervista a Basilio Rizzo14 min read

18 Maggio 2016 Politica Politica interna -

La sinistra a Milano che non vuole Sala: intervista a Basilio Rizzo14 min read

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Intervista a Basilio Rizzo, candidato alle elezioni comunali di Milano 2016 con la Lista Milano in Comune
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Basilio Rizzo è un veterano della politica milanese: classe ’46, dal 1983 ininterrottamente in consiglio comunale, nelle ultime elezioni eletto nelle liste di Sinistra per Pisapia e presidente uscente del Consiglio Comunale. Oggi Basilio Rizzo è colui che ha scelto di rompere con la coalizione di centro sinistra e presentarsi alle elezioni comunali con una sua lista. Gli abbiamo fatto qualche domanda.

Buongiorno Basilio Rizzo, intanto grazie di essere qui. Partiamo subito da ciò che sta per concludersi. Che bilancio fai dei 5 anni di Pisapia? Ci dici tre cose che ti sono piaciute e tre che non ti sono piaciute dell’esperienza Pisapia?
Erano grandi a Milano le speranze aperte dalla stagione “arancione”, dopo decenni di governo della destra che erano riusciti a cancellare il cuore generoso di questa città, ormai rassegnata a subire l’arroganza di politiche liberiste che escludevano i cittadini da qualunque possibilità di esprimere proprie scelte. La sfida di cambiamento era molto alta, non è strano quindi che molte aspettative non abbiano trovato risposta, anche perché una sola consiliatura è un tempo davvero molto breve. Anche per questo quindi il mio bilancio dell’esperienza Pisapia è fatto di luci ed ombre. Avvicinandosi la sua scadenza posso dire di avere apprezzato: l’assenza di fatti corruttivi nella giunta e l’istituzione della Commissione consigliare Antimafia e del Comitato Antimafia Coordinato da Nando dalla Chiesa; le modalità e l’impegno verso i rifugiati in una stagione che ha visto l’aggravarsi di vecchie e nuove povertà, e pur con molte difficoltà soprattutto economiche è stata riscoperta una Milano dell’accoglienza; sul piano dei diritti civili è stato fatto un passo significativo con l’istituzione del registro delle unioni civili, un segnale importante e non solo culturale per la nostra città. Tra le scelte che mi hanno visto contrario invece metto certamente come prima il non avere avuto il coraggio di recedere dal modello Expo della Moratti, approvata dal Consiglio senza il mio voto proprio all’inizio della legislatura, nel luglio 2011: questa scelta ha purtroppo segnato tutto il mandato di governo di Pisapia, che avrebbe potuto indirizzare diversamente politiche e risorse e ancora stiamo pagando e pagheremo il conto di quella eredità. Ho criticato fortemente la vicenda Sea-Serravalle, con la quale nel 2012 per fare cassa sono state messe in vendita le quote di Serravalle proprietà di Palazzo Marino e di Palazzo Isimbardi (70 %): una dismissione, anzi una svendita di beni pubblici. Mi sono opposto alla volontà della giunta di ratificare l’Accordo di Programma con FS sul riutilizzo degli ex scali ferroviari; era in gioco un’ulteriore pesante cementificazione di queste aree e per la riqualificazione delle aree dimesse, che includono anche le ex Caserme, ritengo necessario e urgente un Piano che metta al centro un’idea complessiva di città e non consenta interventi su singole aree, parcellizzati e svincolati da una visione d’insieme.

Cosa ne pensi delle primarie del centrosinistra? Cosa è mancato rispetto a cinque anni fa?
Le primarie sono un possibile strumento di selezione delle candidature, ma non devono essere mitizzate come il massimo esempio di democrazia elettorale; possono anche essere lette infatti come una sottrazione di democrazia, perché proponendo a priori dei potenziali candidati al ruolo di sindaco a volte rischiano di impedire a chi ha governato finora di sottoporre al giudizio dei cittadini il proprio operato, chiedendone il voto. Vanno quindi considerate per quello che sono, la modalità di un partito – il PD – per scegliere i propri candidati; purtroppo quest’anno primarie violentate da Renzi con l’imposizione di un candidato che già si sapeva avrebbe diviso anche il livello locale del suo partito; un candidato destinato alla santificazione acritica dell’Expo e delle multinazionali. Nelle primarie del 2011 i candidati condividevano pur con accenti diversi uno stesso progetto di città, ma non necessariamente un’identità legata al partito politico che le aveva indette. Questo ha consentito loro un confronto pubblico più libero e franco, e un gioco davvero di squadra nella successiva campagna elettorale a sostegno di Pisapia, vincitore delle primarie ma anche portavoce di un’istanza di cambiamento dal basso condivisa da tutti i candidati. Nel 2016 non è andata così.

Perché hai deciso di candidarti?
Perché sono convinto che la buona politica debba saper cogliere bisogni e aspettative che già esistono, e fare proposte che possano essere punto di riferimento per coloro che questi bisogni li esprimono, spesso inascoltati; questa domanda oggi è presente in quella parte del popolo della sinistra convinta che il buon governo non possa convivere con scarsa trasparenza, con verità non dette o censurate a seconda delle convenienze, con un’Amministrazione gestita come un’azienda dove le persone sono clienti e le loro vite voci di bilancio. Sono cittadini che non volevano dover scegliere fra due candidati manager l’uno complementare all’altro, elettori democratici e progressisti che sarebbero rimasti senza rappresentanza, privati del diritto di esprimere valori e contenuti diversi con un voto libero perché costretti a votare il candidato che alcune decine di migliaia di persone – su una popolazione di molte centinaia di migliaia con diritto al voto, al primo turno e al secondo turno – hanno scelto alle primarie. Da qui nasce la mia candidatura per la lista “Milano in Comune”, espressione di una comunità fatta di persone, associazioni, forze politiche e sociali, movimenti, diversi per appartenenza politica ma convinti che il bene della città e dell’area metropolitana sia nelle mani dei suoi cittadini. Il nostro obiettivo è restituire un senso ed un ruolo alla politica ed alla democrazia, consapevoli del rischio implicito nel dover scegliere tra da due schieramenti fra loro sempre più simili impegnati nello stravolgimento della Costituzione, subalterni ai poteri forti del mondo industriale e finanziario e determinati, seppure con strategie differenti, a ridurre fortemente i diritti sociali. La mia non è una richiesta di voto ma l’offerta di un servizio, l’alternativa di un progetto onesto e trasparente che non si rassegna a un modello di città che non la rappresenta, o solo in parte. Ritengo sia stato un dovere dare ai cittadini di Milano l’opportunità di avere uno spazio elettorale attraverso cui liberamente potessero affermare quello in cui credono.

Quando hai deciso di candidarti?
Quando sono venute meno, per diverse motivazioni, le candidature che io stesso avevo fortemente auspicato di Curzio Maltese, e poi di Gherardo Colombo a guidare la lista “Milano in Comune”. Non era nei miei progetti di futuro, e confesso di aver resistito abbastanza a lungo alle pressioni di amici e compagni che hanno percorso insieme a me una strada ormai lunga di impegno nella vita politica del paese e di questa città. Poi ha avuto la meglio quella che è diventata una caratteristica del mio agire, l’atteggiamento ‘di servizio’ con il quale ho sempre svolto il mandato assegnatomi nelle istituzioni pubbliche, convinto che questo dovrebbe contraddistinguere l’impegno di chiunque operi in rappresentanza di coloro che gli hanno affidato il ruolo di loro ‘delegato’. E se questo è il compito che oggi mi viene richiesto, e poiché credo di essere in grado di portarlo avanti, allora ho detto sì, proviamoci insieme.

I tre punti cardinali della tua proposta per Milano.
Vogliamo costruire il nostro programma a partire dalla Costituzione, cioè provare ad articolarla e declinarla là dove non è stata ancora applicata, sperimentandola nella vita quotidiana della nostra città. Nel nostro simbolo la parola Costituzione – richiamata esplicitamente – ha quindi un grande significato: la Costituzione ha unito culture diverse e questo è molto importante, e ha definito delle regole dentro le quali si devono rispettare i diritti di tutti i cittadini, e da questi si deve partire. Il benessere dei cittadini è l’orizzonte di “Milano in Comune”, e attorno ad esso ruotano tutte le azioni che vanno in questa direzione. Provo a individuare – non è facile – tre cardini sui quali si appoggia e si qualifica la nostra proposta:
• partecipazione e democrazia; significa recuperare la centralità degli organi elettivi, riavvicinare i cittadini alla politica, recuperare e inventare con loro forme di organizzazione che ne consentano e promuovano la partecipazione sempre più attiva alla vita pubblica della città e alle scelte che riguardano il loro territorio; partecipare è un diritto ma anche un dovere, e i cittadini saranno disponibili a investire tempo e impegno solo se le loro opinioni andranno concretamente ad incidere sulle scelte operate dall’Amministrazione e non rimarranno ‘specchietti per le allodole’. Implicito il nostro impegno per il voto diretto per l’area metropolitana: la democrazia prevede che tutti decidano sulle scelte che li riguardano, certamente non possono decidere i milanesi – un milione e trecentomila – per tre milioni di cittadini metropolitani;
• legalità, correttezza amministrativa, trasparenza; significa lotta alle mafie, come battaglia collettiva e sociale oltre che necessità democratica; lotta alla corruzione che si annida a tutti i livelli delle pubbliche amministrazioni, messa in atto di strumenti che impongano la trasparenza in ogni atto pubblico (nomine, appalti, …) e denuncia di meccanismi che favoriscano opacità e interessi privati;
• giustizia sociale, diritti per tutti: significa impegno concreto a favore di utilizzo del territorio e politiche abitative che diano priorità ai bisogni delle fasce più deboli della popolazione, cittadini italiani e stranieri con uguali diritti come garantisce la nostra Costituzione; recupero e sviluppo di periferie abbandonate al degrado, edilizia popolare integrata nella città e non relegata in aree-ghetto; adozione di un modello di città solidale e ‘sostenibile’ anche attraverso la istituzione di un “salario sociale” in assenza di reddito e di lavoro, un reddito minimo comunale costituito da un mix di accesso gratuito ai servizi comunali (trasporti, ecc) e sostegno salariale, insomma una città dal volto umano prima che città della moda e del lusso.

Cosa non funziona nella proposta del centrosinistra per Milano?
La proposta del centro-sinistra si è raggrumata intorno ad una figura, quella di Sala, che non viene da quella cultura, da quel pensiero. Il segno è inevitabilmente quello del manager che risponde al consiglio di amministrazione (i potentati economici) e non ai cittadini. La riprova di ciò è stata evidente quando Sala ha partecipato all’assemblea dei costruttori di Milano nel corso della quale ha invitato esplicitamente i “tifosi” del cemento a scrivere insieme il nuovo Piano di Governo del Territorio (PGT). Insomma, come invitare il lupo a far da guardia agli agnelli, essendo il PGT l’atto fondamentale per disegnare la città anche sotto il profilo degli equilibri sociali e della convivenza. Credo inoltre che non si possano ignorare la storia e la provenienza del candidato, le sue frequentazioni, i ruoli finora svolti anche nella vita pubblica, i troppi punti di domanda sulla gestione di Expo; questa è la sua testimonianza di vita, e inevitabilmente anche su questa si costruisce il modello di città che viene proposta ai cittadini, al di là delle parole. Che pensare di un candidato sindaco che in Expo ha visto finire sotto inchiesta e in prigione parte della sua “prima linea” di gestione? Se si ripetesse così per i nuovi assessori da lui scelti? Inoltre l’essere stato imposto e sostenuto alle primarie e ora nella sua campagna dal premier Renzi lo pone in una posizione oggettiva di debolezza in un eventuale conflitto con il governo centrale sul problema delle risorse, problema grave e ineludibile e che si riproporrà nella prossima consiliatura.

Ci dici tre cose buone di Sala? E tre cose non buone.
Allora vediamo, tra cose buone: è abile a mascherare le sue opinioni politiche, sa scegliere dove andare in vacanza, è un bravo “grimpeur” di cariche. Tre cose non buone: non dice sempre tutta la verità, è distratto nella scelta dei collaboratori, ha una strana interpretazione su quali siano i guadagni di una società.

I sondaggi danno Parisi (centrodestra) in recupero. Cosa rispondi a chi vi accusa di fare un favore a Salvini, Berlusconi e compagnia?
Ritengo non solo semplicistica, ma pretestuosa oltre che scorretta questa accusa che da subito è stata rivolta a me e alla lista che rappresento; e non solo da cittadini benpensanti, ma dallo stesso sindaco Pisapia. L’ho già fatto in diverse occasioni, e con me e anche meglio l’hanno fatto molti amici autorevoli che mi sostengono (Dalla Chiesa, De Monticelli, Barbacetto, Impastato, Ferrajoli, Molinari, Calamida, Basso, Piccardi, Agnoletto), ma di nuovo provo a spiegare, in sintesi, perché questa accusa non solo è falsa ma si ribalta sugli accusatori, che cercano di scaricare su altri le loro responsabilità di un’eventuale sconfitta. La prima vera sconfitta per la lista di centrosinistra è il candidato Sala, e certo non la si elude dicendo che ‘Parisi è peggio’, che Renzi non è uguale a Berlusconi. Sono argomenti da sempre usati da alcuni settori del centro sinistra e anche della sinistra che non accettano critiche al proprio operato. Non si battono le destre invitando gli elettori a dimenticare i tanti ‘buchi neri’ di Expo (modello di lavoro nero o precario, stage gratuiti, milioni di euro spesi a discapito di case popolari e servizi sociali, per farne una vetrina delle multinazionali..). Avere sottovalutato per decenni la questione morale e il continuo corrompersi del cosiddetto centrosinistra riformista, in nome di un voto “utile” non ha favorito la sinistra ma la destra populista. Avere demonizzato e marginalizzato chi denunciava nelle istituzioni malaffare, collusioni e scarsa attenzione ai diritti e ai bisogni sociali ha consegnato a Salvini e a Grillo il monopolio della protesta e ha consentito loro di spacciarsi come paladini dei ceti popolari, mentre migliaia di cittadini si rifugiavano nel non voto; non auspichiamo affatto il ‘tanto peggio tanto meglio’, vorremmo però ‘il possibile’, da sostenere a testa alta e senza turarci il naso; e questo il candidato Sala non ce lo consente, con il riaffiorare attorno a lui di intrecci consociativi e trasversali come la Compagnia delle Opere messi un po’ in disparte dalla giunta arancione; con la gestione opaca di soldi pubblici e di appalti senza gara in Expo; con le sue proprietà taciute ai cittadini. Quindi se Parisi guadagna consensi non è colpa di Basilio Rizzo e di “Milano in Comune”, ma è perché Sala non convince; e qualcun altro ne dovrà rispondere. E infine, a proposito di voto utile, il voto dato a noi lo è molto! Perché se la paura è quella, invero improbabile, che il centro-destra vinca al primo turno, il solo fatto di portare al voto persone che altrimenti non lo avrebbero fatto, alza l’asticella dei voti necessari per superare il 50%. In caso di ballottaggio il voto dato al primo turno non altera minimamente le possibilità di sconfiggere lo sfidante al secondo. Basterà conquistarsi la maggioranza dei votanti!

Vi siete dati un obiettivo? A quanto puntate in termini percentuali?
Ho già spiegato come e perché è nata la lista “Milano in Comune”, quindi l’obiettivo che ci siamo dati è di offrire un’opportunità di esprimersi a una parte di cittadini altrimenti ridotta al silenzio. Quanto sia grande numericamente questa parte non lo sappiamo, certamente ci incoraggia nella nostra campagna la percezione di una vicinanza e di un consenso che cresce intorno a noi, soprattutto nelle tante iniziative che promuoviamo, o alle quali partecipiamo negli spazi più decentrati della città. Qualunque sia l’esito elettorale riteniamo la nostra un’esperienza importante che ci sta consentendo di costruire, confrontare e trasmettere un messaggio di fiducia, di trasparenza e di legalità ai cittadini, un ‘si può fare’ che comunque rimarrà come riferimento per una loro partecipazione attiva alla vita di questa città e apre la porta ad una aggregazione nazionale della sinistra che non parta dalle realtà locali e non dal ceto politico, come già è accaduto nel corso della prima assemblea a Torino dei “sindaci dell’alternativa” rappresentati da Giorgio Airaudo (Torino), Stefano Fassina (Roma), Federico Martelloni (Bologna) e dal sottoscritto.
E a proposito di percentuali nell’urna del prossimo 5 giugno, mi si consenta di affermare che nel corso della campagna elettorale noi candidati sindaco possiamo apparire pazzi, perché confermare questa impressione dando i numeri?

Scenario ballottaggio Sala-Parisi? Vai a votare o ti astieni?
Alle comunali si vota con doppio turno e ballottaggio, per dare la possibilità all’elettore di scegliere al primo turno il candidato a lui più vicino e al secondo turno quello meno lontano, salvo decida di astenersi dal voto. Non credo sia significativa in questo momento la mia scelta personale, perché non intendo suggerirla come indicazione per i nostri elettori. Noi ci presentiamo al primo turno con la serenità e la tranquillità di affermare un progetto politico, proponiamo soluzioni che possano essere sostenute e votate dagli elettori fino in fondo al percorso elettorale. Se al secondo turno lo scenario fosse di ballottaggio tra Sala e Parisi la scelta dei cittadini che ci hanno votato non può che essere a mio parere libera e individuale, perché con la lista “Milano in Comune” vogliamo affermare i nostri valori, non certo essere traghettatori per conto terzi; ciascuno valuterà il livello di coerenza e sostenibilità possibile tra la nostra proposta – o qualche sua parte – e quella dei candidati in ballottaggio, e deciderà quindi se provare o no a scommettere comunque sul futuro della città. Certamente non in nome di un cosiddetto ‘voto utile’.

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Lo appassionano filosofia, semiotica e Fc Internazionale. Prova a prendersi cura della comunità di Le Nius, in pratica delle relazioni con le persone. Formatore nelle scuole. Per lavoro si occupa di strategie digitali. davide@lenius.it
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