Intervista ai Kutso: anticonvenzionali, per indole5 min read

18 Novembre 2015 Cultura -

Intervista ai Kutso: anticonvenzionali, per indole5 min read

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intervista ai kutsuÈ Novembre, mancano circa quattro mesi al prossimo Festival di Sanremo e Carlo Conti è già al lavoro. E, soprattutto, ha già escluso dalla categoria dei giovani (la mia preferita) tutti quelli che mi piacciono.
L’anno scorso, in quella stessa categoria, trovavamo i Kutso: un grottesco gruppo di simpaticissimi romanacci. Vincitori morali del Festival, ne hanno, finalmente, ricavato la notorietà che meritavano.
In quest’intervista ci raccontano della loro esperienza sanremese, del loro album e dei progetti futuri.

Intervista ai Kutso: la musica fa anche ridere

Ho seguito ogni minuto del Festival di Sanremo con il sadico piacere di vedere Carlo Conti tentennare e indugiare nel pronunciare il vostro nome. Ma sono rimasta delusa, delusissima. Quindi ve lo chiedo adesso, così mi tolgo il pensiero: ‘Kutso’ va pronunciato con la ‘u’ o con la ‘a’? E, soprattutto, come vi è venuto in mente un simile nome?
Il nostro nome va pronunciato all’inglese con la “u” che diventa “a”, quindi “Cazzo”. Con questo stratagemma Matteo, il nostro cantante era solito scrivere le parolacce sui banchi di scuola ai tempi del liceo. Ci piace andare contro le regole, fare cose che la maggior parte della gente reputa “errori”. Quando agli inizi della nostra carriera si avvicinarono i primi produttori e manager, ci dissero tutti che con questo nome non saremmo andati da nessuna parte. Vorrei rincontrare ora quelle persone per sentire le loro opinioni alla luce di tutto quello che è successo, grazie alla perseveranza e alla determinazione che abbiamo sempre impiegato nel nostro lavoro.

Quando e come avete scelto di diventare i Kutso? E quali erano le vostre aspettative?
Suonare è la nostra principale attività, dopo vari progetti finiti nel nulla, ci siamo incontrati frequentando la scena musicale romana. Il nostro obiettivo, da quando cominciammo a strimpellare i primi strumenti durante l’adolescenza, è sempre stato quello di campare in maniera stabile e continuativa tramite la musica. Ci stiamo ancora adoperando per raggiungere questo obiettivo una volta per tutte.

intervista ai kutsoCon buona pace dell’indie medio, siete approdati al Festival più nazionalpopolare della storia italiana in sordina (come era accaduto nelle edizioni precedenti per i Marta sui Tubi e i Perturbazione), riscuotendo grandi e importanti consensi. Perché lo avete scelto e perché non lo avete vinto? E, soprattutto, per quale motivo, secondo voi, le televisioni e le radio fanno sempre un po’ di fatica ad accogliere artisti di nicchia?
Non abbiamo scelto il Festival, ma si è palesata questa occasione in maniera fortuita e noi, spinti dal nostro entourage e con il sentore che ci potesse essere un inaspettato spiraglio, ci abbiamo provato. In realtà avevamo finito la produzione del disco già da qualche mese e stavamo temporeggiando per la sua pubblicazione, perché volevamo che l’album uscisse con una buona promozione. Diciamo che in Italia non c’è nulla di paragonabile al carrozzone sanremese in termini di risonanza ed attenzione dei media, quindi ci è andata di lusso. Non abbiamo vinto il Festival, probabilmente perché con la nostra vittoria, ci sarebbe stata un’insurrezione di massaie e benpensanti italici, sarebbe caduto il governo e chissà cos’altro ancora.

A febbraio è uscito anche il vostro album. Contro ogni previsione ho piacevolmente scoperto che la vostra musica è particolarmente raffinata e interessante, ben oltre la stravaganza che potrebbe trasparire al primo impatto. Ma non ho ben chiaro se posso ritenermi una persona sensibile. Cosa intendente voi con “Musica per persone sensibili”, il titolo del vostro cd? Cos’è che rende tale una persona?
Le persone sensibili sono coloro che nell’approccio al nostro progetto, non si fermano agli “effetti speciali” delle nostre performance, ma hanno l’acutezza di capire il presupposto esistenziale e la ricerca musicale, gestuale e linguistica che sono alla base della nostra musica.

Da pochi giorni è uscito il terzo estratto dell’album: “Spray Nasale”. Mi ha fatto pensare un sacco a Giorgio Gaber. C’ho azzeccato? Questo è molto curioso, e mi piace pensare che sia il risultato di un background musicale altrettanto particolare. Qual è il vostro bagaglio musicale?
Rimandi a Giorgio Gaber sono presenti in molti nostri brani; Spray Nasale è un’elucubrazione esistenziale che in sostanza esprime una certa insofferenza per il chiacchiericcio inutile degli opinionisti indie o mainstream che siano e la convinzione che il “Bello” non esista, che non ci sia una regola comportamentale universale e che ognuno possa trovare la propria “legge interiore” relativa a se stesso. Oltre a Giorgio Gaber, nella nostra musica sono presenti Lucio Battisti, Rino Gaetano, Micheal Jackson, i Nirvana, i Beatles, Iggy Pop, Charlotte Hatherley Totò e Nietzsche.

“Li vedi che si sparano pose da kung fu sul palco, fanno gli scemi, con il chitarrista ogni volta conciato in modi diversi, ora da majorette e ora da supereroe” – dicono di voi su XL-Repubblica. La vostra musica ha un grosso impatto scenico, ce ne siamo accorti guardandovi in prima serata al Festival di Sanremo e soprattutto dai vostri concerti. Non si corre il rischio di non esser presi mai veramente sul serio?
Certo, noi veniamo regolarmente bistrattati o al limite accettati come saltimbanchi. Purtroppo in Italia, se non ti piangi addosso, non parli d’amore in maniera convenzionale, o non ti atteggi a intellettualoide “de’ noantri”, non vieni considerato. Ma noi non possiamo e non vogliamo avere un linguaggio diverso dal nostro. Quindi prima o poi la gente capirà che si può essere dei tipi simpatici, senza per forza essere dei comici, oppure continueremo ad essere reputati degli idioti. In ogni caso, come dicono gli Zen Circus, andassero tutti affanculo.

“Per ora vogliamo puntare a essere una realtà come il Teatro degli Orrori e i Ministri, ma poi puntiamo a diventare come Laura Pausini e Vasco Rossi” – avete dichiarato. Cosa prevede questo super percorso per il futuro?
Stiamo scrivendo i brani per il nuovo disco, intervallando la scrittura con qualche concerto sporadico in giro per l’Italia. Nel frattempo si ricomincia a sgomitare tra i disperati per ottenere un po’ d’attenzione.

 

Immagini prese dalla pagina Facebook ufficiale: kuTso.

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Da biologa pentita, procedo in direzione contraria al buon senso e mi rifugio a Milano per studiare Scienze della Comunicazione, dopo anni di vagabondaggi alla ricerca della pace interiore. Così, la riscopro nella Tequila, nei concerti al Magnolia, nelle canzoni coi finali tristi, nelle newsletter di Rockit e nelle pagine del Rolling Stone. Adoro ossessivamente X-Factor e odio il fatto che Sanremo coincida con la sessione invernale.
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