Insigne e i “non profeti” in patria: top 5 video4 min read

20 Agosto 2014 Uncategorized -

Insigne e i “non profeti” in patria: top 5 video4 min read

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Sfondare nella propria città ha un gusto doppio, ma se non ci riesci il boccone può diventare amaro. Lorenzo Insigne ne sa qualcosa. A Napoli, complice una forte concorrenza sugli esterni e una crescita tecnica che sembra essersi fermata, l’attaccante sta facendo fatica a imporsi. Ieri l’ultima dimostrazione, in casa contro l’Athletic Bilbao. La prestazione incolore e un gol fallito gli sono valsi i fischi del pubblico. Non è il primo screzio con la platea del San Paolo e Insigne ha risposto lanciando la maglia prima di sedersi in panchina. La storia del calcio è fatta di profeti in patria, così come di gente che proprio nel giardino di casa non è riuscita a dimostrare il proprio valore. Cinque esempi nella “Top 5 Video” di oggi.

Insigne e i “non profeti” in patria: top 5 video

5 – Antonio Conte: già, proprio il nuovo ct della nazionale italiana. Alcune foto recenti lo hanno visto al centro dei festeggiamenti per aver vinto un torneo benefico, ma a Lecce c’è anche chi non lo sopporta. Questioni sportive: in maniera del tutto legittima ha deciso di accettare il ruolo di allenatore del Bari, acerrima rivale dei giallorossi, nel lontano 2007. Prima ancora, nel ’97/’98, ai tifosi pugliesi non era andata giù l’esultanza del centrocampista per il 2-0 realizzato contro la squadra della sua città in uno Juventus-Lecce 2-0. Ancora oggi c’è chi non lo ha perdonato.

 

4 – Mario Balotelli: non si tratta di un giocatore nato a Milano, ma di un ragazzo salito alla ribalta nelle giovanili dell’Inter e per questo considerato come un patrimonio. Un figlio adottivo, per Massimo Moratti, che quando “SuperMario” non era nemmeno in prima squadra ne paragonò le capacità a quelle di Pato, acquistato dal Milan per 22 milioni di euro. Le continue bizze lo hanno allontanato da San Siro per farvi ritorno qualche anno più tardi con la maglia rossonera addosso. Emblema del difficile rapporto con l’Inter, l’andata delle semifinali di Champions League 2010 contro il Barcellona.

 

3 – Fabio Quagliarella: come Insigne, un altro figlio della Campania (Castellammare di Stabia). Una sola stagione al San Paolo, con pochi squilli e qualche mugugno per un’annata vissuta al di sotto degli standard toccati con l’Udinese. Un rapporto crollato con la cessione in prestito alla Juventus un’estate dopo. Apriti cielo. E pensare che pochi mesi prima aveva partecipato al trionfo dei partenopei proprio contro i bianconeri.

 

2 – Cristiano Lucarelli: se c’è passato lui, dalla contestazione della sua gente, può passarci chiunque. Eroe della città, cannoniere in grado di esprimersi ad altissimi livelli solo in amaranto, Lucarelli ha avuto i suoi momenti difficili anche a Livorno. Con la società, quando si è sentito tradito dai dirigenti nonostante avesse dimostrato a più riprese di preferire l’amore dei tifosi a ben più lauti stipendi, ma anche con il pubblico. Accade che nel 2007 i toscani giochino, e pareggino, una delicata sfida salvezza contro la Reggina. Lo stadio fischia di brutto per il cattivo spettacolo, anche se il punto conquistato serve eccome in ottica della permanenza in A. “Con Livorno ho chiuso”, dice Lucarelli, che vola allo Shakthar ma un anno e mezzo dopo finisce a Parma. “Ti manca solo di giocare nel Pisa”, scrivono i tifosi in uno striscione. Nel 2009 Lucarelli torna a Livorno e segna altri dieci gol nella sua ultima stagione in città. Dopo Igor Protti, autore di 123 reti, è il miglior marcatore nella storia amaranto con 111 centri. Nessun altro ha superato la tripla cifra, eppure anche lui ha vissuto la protesta dell’Armando Picchi.

 

1 – Tilli Romero: storia particolare, la sua. Non di un giocatore, non di un allenatore. Di un tifoso, poi divenuto presidente della sua squadra del cuore. Nel 1967 è protagonista della tragedia che causa la morte di Gigi Meroni, la “farfalla granata”, investito dall’auto alla cui guida c’è proprio Romero. Molti anni dopo diventa il numero uno del club, ma non riesce mai a riportarlo in auge durante gli anni della Serie B. Nel 2005 è ancora parte della società che si guadagna sul campo la promozione in A (battendo il Perugia ai play-off) e viene esclusa dal massimo campionato per guai finanziari, epilogo per il quale Romero chiederà scusa ai tifosi.

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Realizzatore di sogni parzialmente mancato, giornalista sportivo riuscito. Segno che qualcosa è andato per il verso giusto, dai venti in poi. Sostenitore convinto della necessità di pensare e divulgare, meglio se in un pub, peggio se in discoteca. Scrittore per diletto, con la fortuna di vivere del mio lavoro.
Commento
  1. Fabio Colombo

    Tra l'altro il Lecce di quello Juventus-Lecce era allenato da Prandelli...

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