L’epopea degli hack and slash fantasy fino a Dragon’s Crown8 min read

6 Dicembre 2013 Giochi -

L’epopea degli hack and slash fantasy fino a Dragon’s Crown8 min read

Reading Time: 6 minutes
Nello scorso post ho ripercorso le tappe della storia degli hack and slash fantasy nipponici da Golden Axe a Guardian Heroes. Non rimangono che 17 anni per arrivare ad oggi. A Dragon’s Crown.

Vanillaware e George Kamitani

Nel 1997 uno dei team di sviluppo di Atlus si dedicò anima e corpo alla realizzazione di Princess Crown, titolo per Saturn dall’atmosfera fiabesca che si iscrive perfettamente nel solco della tradizione hack ‘n’ slash fantasy fin qui delineata. L’atipica sequenza d’apertura incornicia l’esperienza di gioco all’interno della lettura di un libro di racconti – le avventure della principessa Gradriel De Valendia – terminato il quale i giocatori erano ricompensati con nuovi tomi su altri eroi.

Complici le sorti infauste del Saturn, questa produzione non lasciò mai il suolo giapponese, diventando un cult-hit tra gli importers per l’incredibile realizzazione tecnica in 2D, in grado di fare impallidire anche Symphony of the Night, considerato all’epoca l’eccellenza nel settore.

Princess Crown

Tuttavia, nonostante il suo impatto apparentemente marginale e trascurabile, Princess Crown gioca un ruolo speciale nell’ultima parte della storia del genere dei picchiaduro a scorrimento: nel 2002 il manipolo di programmatori Atlus che lo aveva realizzato, capitanato dal game director George Kamitani, si costituì come software house indipendente dapprima con il nome di Puraguru ed in seguito con quello di Vanillaware.

Questa software house si è distinta nel tempo sia per l’impegno quasi programmatico con il quale realizza giochi in due dimensioni in un mercato ormai dominato dai poligoni, sia per l’elaborato ed estremamente riconoscibile stile grafico di Kamitani – che vanta tanti appassionati sostenitori quanti accaniti detrattori.

Il primo gioco realizzato da Vanillaware, Odin Sphere, per ironia del destino pubblicato nel Sol Levante proprio da quella Atlus da cui si era distaccata, è il seguito spirituale di Princess Crown, del quale condivide in qualche modo la premessa: la vicenda prende corpo quando in una polverosa soffitta una ragazzina si mette a leggere un libro di racconti ispirati alla mitologia norrena, in compagnia del suo gatto nero.

Odin Sphere

Ogni racconto non è che il pretesto per porre il giocatore al comando di un eroe diverso, attraverso una serie di stage hack ‘n’ slash delineati su fondali realizzati con grandissima cura. Odin Sphere innesta sulla collaudata formula del genere alcuni elementi che aggiungono ulteriore spessore come l’alchimia e la “semina”. Non solo il giocatore ha la possibilità di mescolare gli oggetti tra di loro per ottenerne di nuovi ma anche quella di piantare svariate tipologie di semi che fanno crescere istantaneamente degli alberi “da frutta” (non manca l’albero delle pagnotte francesi pittoresche e quello dei cosciotti d’agnello) con i quali ripristinare la propria energia ed aumentare i propri parametri.

Curiosamente il titolo, già pronto per il mercato nipponico nel 2006, non fu pubblicato fino a Maggio 2007 ai fini di evitare concorrenza interna con il popolare Persona 3, punta di diamante di Atlus, e finì così per uscire un mese dopo la pubblicazione del secondo progetto di Vanillaware, GrimGrimoire, gioco di carte edito invece da Nippon Ichi Software.

Nonostante i ritardi, Odin Sphere ottenne in patria consensi di critica e generò un volume di vendite due volte superiore a quello preventivato da Atlus, tanto da giustificarne la localizzazione e pubblicazione in occidente, dove tuttora il titolo è disponibile in versione fisica su PS2 e digitale per PS3.

Dragon’s Crown

Al genere del picchiaduro a scorrimento di ambientazione fantasy Vanillaware torna nel 2011 con Dragon’s Crown, dopo digressioni nel mondo degli strategici (GrimGrimoire – PS2), dei giochi di ruolo (Grand Knights History – PSP) e un action ispirato all’immaginario delle stampe giapponesi dell’ukiyoe, Oboro Muramasa (disponibile per Wii e PS Vita).

Dragon’s Crown è il progetto al quale Kamitani ha sognato di dedicarsi sin dalla fine della realizzazione di Princess Crown: inizialmente pensato per Dreamcast e proposto a svariati publisher per una decina di anni, si è concretizzato solo in tempi recenti, trasformandosi gradualmente anche nel titolo più costoso mai realizzato da Vanillaware, con un budget di circa un milione di dollari.

Dragon's Crown - Mart

Come si può dedurre da questa premessa, la gestazione del gioco è stata decisamente laboriosa e quello che era stato annunciato come un prodotto Ignition Enterteinment all’E3 del 2011, ha visto la luce ancora una volta sotto l’egida di Atlus nell’estate del 2013 per quanto riguarda Giappone e Stati Uniti e l’11 ottobre nel vecchio continente, pubblicato da Nippon Ichi Software.

In Dragon’s Crown la sintesi tra hack ‘n’ slash e gioco di ruolo è ormai completa, tanto che si potrebbe descrivere il gioco sia come un picchiaduro a scorrimento con molti elementi GDR o, al contrario, come un gioco di ruolo con un sistema di combattimento ripreso dai side scrollers. Oltre a selezionare il nostro personaggio nella rosa dei sei disponibili (guerriero, incantatrice, elfo dei boschi, amazzone, nano e mago) e personalizzarne rudimentalmente l’aspetto, siamo infatti chiamati a prenderci cura di ogni pezzo del suo equipaggiamento e del suo sviluppo. Accumulando esperienza durante le missioni della trama principale o le quest secondarie della gilda degli avventurieri, otteniamo dei punti abilità da investire nei talenti che più rispecchiano il nostro stile di gioco: due personaggi della stessa classe e dello stesso livello potrebbero essere sorprendentemente differenti, come si evince rapidamente giocando qualche partita online.

L’avventura si può affrontare infatti sia in singolo che in multiplayer locale o online, e tramite una comoda quanto dispendiosa (in quanto è necessario possedere due versioni del gioco) funzione cross-save è anche possibile proseguire una partita iniziata su PlayStation 3 su PlayStation Vita per poi riprenderla ancora una volta su PS3 tornati a casa e così via dicendo.

Le due versioni sono sostanzialmente identiche e se è vero che i dettagliatissimi ed evocativi fondali del gioco e le fluide animazioni dei personaggi sono più godibili sullo schermo del televisore, è anche vero che il display OLED del portatile Sony li rende ancora più vibranti e che il sistema di rune magiche del gioco risulta più intuitivo utilizzando il touchscreen della Vita che non il DualShock3. Il mio consiglio: se prevedete di giocare prevalentemente da soli o online, la versione Vita è quello che fa per voi, se invece avete amici, compagni/e, fratelli e sorelle con cui giocare in modalità multiplayer offline, optate per la versione PS3. Se siete dei patiti del genere o dei supporter di Vanillaware, prendete entrambe… portafoglio permettendo.

Dragon's Crown

Nonostante la relativa profondità del sistema di combattimento, i controlli risultano intuitivi, specialmente per i personaggi da mischia come il guerriero, il nano e l’amazzone; per chi cerca sofisticazioni e finezze invece, l’elfo, il mago e l’incantatrice sapranno offrire possibilità più duttili ma anche più ardue da padroneggiare con disinvoltura. L’azione su schermo risulta fluida e veloce, tuttavia va detto che specialmente giocando in quattro, magari con all’attivo due classi magiche dagli attacchi particolarmente pirotecnici, può a volte risultare confusa e serve un po’ di tempo per abituare gli occhi a seguire il proprio personaggio su schermo senza perderlo. Pensate agli scontri di Smash Bros. per farvi un’idea abbastanza adeguata.

La sfida proposta dal gioco è piuttosto lunga, specialmente per questo genere, e il titolo ha dalla sua anche un buon replay value: modalità e livelli di difficoltà aggiuntivi, nuove quest della gilda degli avventurieri o anche il semplice gusto di fare una partita tra amici vi faranno reinserire spesso Dragon’s Crown nella vostra console anche dopo averlo completato.

Senza nulla togliere al sistema di gioco, è però il comparto audiovisivo a rendere il titolo Vanillaware irresistibile. Torrenti sotterranei, antri ombrosi e torri splendenti sono realizzati con cura e attenzione per il dettaglio: il mondo di Dragon’s Crown trasuda stile da ogni angolo e osa avere una forte personalità in un panorama in cui gli standard di riferimento di genere si sono definiti e in parte appiattiti modellandosi sulla media della aspettative di un pubblico sempre più numeroso ed eterogeneo. Non aspettatevi il (seppur gradevole) immaginario fantasy neutro di titoli come Dragon Dogma o Dragon Age, tanto per citare due altri titoli che hanno un drago nel loro nome: Dragon’s Crown è un distillato di stile Vanillaware 100%. Nel bene e nel male.

Nel senso che a chi non apprezza particolarmente lo stile di Kamitani, la realizzazione grafica del gioco, in particolare dei personaggi, potrebbe non solo non piacere ma addirittura infastidire. Non per niente una piccola “controversia” – in particolare uno scambio di battute tra il giornalista di Kotaku J. Scheiber e Kamitani stesso – sulle fattezze dei personaggi femminili ha accompagnato la pubblicazione nordamericana del gioco. Ma basterà un’occhiata agli screenshot del gioco per capire se questo è il vostro caso.

Dragon's Crown - lo stile Kamitani

Dragon’s Crown, sviluppato da Vanillaware e pubblicato in Italia da NISA, è disponibile per PS3 e Vita dal 24 Ottobre in formato fisico e digitale.

Per approfondimenti sui titoli e le saghe a cui ho solo potuto accennare sopra (e moltissime altre), consiglio hardcoregaming 101, vera e propria miniera di informazioni, geekissimo sia per la selezione dei titoli, sia per lo spazio di approfondimento dedicato a ciascuno di essi.

Forse superfluo specificarlo, ma come Le Nius caldeggiamo questo titolo tra i regali di Natale con cui sollazzarvi durante le feste.

CONDIVIDI

Mercante di parole giramondo. Mentre si dedicava allo studio delle humanae litterae nascosto dentro una giara di rupie, è naufragato sulle coste dell’arcipelago giapponese dov’è scampato alla morte venendo colpito in testa da un funghetto 1UP. Ha divorziato dai carboidrati complessi e benché si possa pensare che sia pigro, tecnicamente è solo impostato in modalità risparmio energetico perché mangia solo cibo ipocalorico.
2 Commenti
  1. Gabriele

    Bramo questo titolo fin dal momento in cui diffusero il primissimo trailer, e finalmente lo prenderò la settimana prossima (in versione Vita, con tanto di artbook a corredo). God save Vanillaware. God save 2D. God save gli hack and slash fantasy old-style.

    • Luca Bertieri

      Il tuo sarà Natale hack & slash allora. E in caso non ti bastasse, di Vanillaware c'è anche Murasama disponibile per Vita.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

TORNA
SU