Guinendadi, il sentimento che racconta la Guinea Bissau8 min read

23 Novembre 2015 Società -

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Sociologo

Guinendadi, il sentimento che racconta la Guinea Bissau8 min read

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Guinea Bissau
I Netos de Bandim, giovani musicisti e ballerini

Guinendadi è una parola bellissima, dal suono rotondo e quasi infantile. Una parola che è un sentimento e che è come un passepartout che dà accesso a tutto quanto di bello ciascun abitante della Guinea Bissau porta dentro di sé e che lo fa sentire parte di un gruppo, una comunità, una nazione.

Guinendadi – Storie di rivoluzione e sviluppo in Guinea Bissau è un reportage che prova a trasmettere questo sentimento, facendolo narrare da 15 persone che in qualche modo stanno provando a costruire un paese diverso. Diverso da quello per cui è conosciuto (si fa per dire) nel resto del mondo: uno dei paesi più poveri dell’Africa e uno degli snodi più importanti al mondo per il traffico di droga e armi.

Il reportage, realizzato da Serena Carta, Fabio Lepore, Carolina Lucchesini e Sara Perro, è un prodotto bellissimo, sia per le storie che racconta sia per la sua innovativa modalità di fruizione, che mette insieme testi, foto e video su una piattaforma multimediale creata su misura rispetto alla funzione narrativa del reportage.

Abbiamo chiesto a Fabio Lepore di ripercorrere la storia di questo progetto. Leggete le sue parole, e poi correte a vedere, ascoltare e leggere il reportage.

Guinendadi e Guinea Bissau: intervista a Fabio Lepore

Buongiorno Fabio. Appena ho saputo di Guinendadi, ho provato subito a farmi un viaggio su come può essere nato. Mentre scrivevo possibili storie su voi quattro che a un certo punto decidete di fare un reportage sulla Guinea Bissau, ho pensato che è meglio che ce lo spieghi tu. Tu però segui il mio viaggio.

Guinea Bissau
Fatumata, presidentessa di una cooperativa di 50 donne

Comincia così. Con quattro amici che decidono di fare una cosa bella insieme. Con uno dei quattro che ha un’idea e coinvolge gli altri tre. Con uno che ha un’idea per un reportage e ha bisogno di altre professionalità e allora si informa e gradualmente conosce gli altri tre. Insomma, come è andata?

Il viaggio di Guinendadi è nato dall’incontro di quattro viaggiatori, noi quattro, già “sulla strada” da più o meno tempo. Verso una direzione che ci ha uniti ancora prima che ci conoscessimo: la passione per il giornalismo e per il racconto. Più concretamente: Serena e Fabio fanno parte dell’associazione Publican, nata l’anno scorso per esplorare nuove forme di giornalismo. Serena ha presentato Fabio a Sara e Carolina, proprio nei giorni in cui veniva pubblicato il bando di DevReporter Grant (ne parliamo dopo, ndr). Nel frattempo ha organizzato un incontro con Valentina Topputo e Matteo Ghiglione, dell’ong Engim Piemonte, che stavano iniziando a conoscere anche altri gruppi di giornalisti, con cui partecipare al Grant. E da lì…

E da lì uno di questi quattro viaggiatori se ne salta su dicendo “potremmo farlo in Guinea Bissau, il reportage”. “Seeeeeeeeee” – rispondono gli altri tre in coro – “e chi vuoi che lo trasmetta un reportage sulla Guinea Bissau?”. Dev’essere andata più o meno così. O no?

O sì. Mentre Valentina e Matteo ci parlavano delle attività di Engim in Africa (e non solo) la Guinea Bissau ci ha subito incuriositi.

“Guinea Bissau?”
“Mmm… C’entra con Papua, forse?”
“Acqua. Quella sta nell’Oceano Pacifico, proprio tutto un altro continente.”
“Fermi tutti, la Guinea, certo, quella sotto il Camerun!”
“Eh no, quella è la Guinea Equatoriale.”
“Ah, sì sì sì, allora è quella grande vicino alla Sierra Leone?”
“No, neanche. Quella è la Guinea, e basta”.

Insomma, il nome non aiuta… ma una volta inquadrate le coordinate geografiche, ci siamo resi conto del fatto che le uniche cose che sapevamo della Guinea Bissau erano legate alla sua instabilità politica e ai trafficanti di armi e droga. Valentina e Matteo, invece, ci parlavano dei loro startupper, dei ragazzi che hanno partecipato al loro incubatore d’impresa. E allora ci siamo e abbiamo chiesto a loro: ma quindi c’è qualcuno che prova a costruirsi un futuro, in questo piccolissimo paese martoriato dall’instabilità, dalla corruzione e dalla criminalità?
Mano a mano Guinendadi si è popolato di persone. Spesso diversissime tra loro, ma accomunate dalla voglia di costruire qualcosa di duraturo e sostenibile, per se stessi e per il proprio paese.

“E comunque non lo devono trasmettere il reportage, lo trasmettiamo noi online, facciamo un formato innovativo, contemporaneo, fruibile tutto insieme o pezzo per prezzo”. Forse è stato questo, il passaggio successivo. La distribuzione online. Come e perché l’avete pensata?

In questo ci ha aiutato Andrea Zanchetta, web designer di Q-creative science, che, appena gli abbiamo parlato dell’idea, si è messo in moto per sviluppare una piattaforma di storytelling ad hoc. Con lui abbiamo condiviso un solo obiettivo: usare lo sguardo delle persone che avremmo incontrato come punto di partenza. E il modo in cui Andrea ha fatto suo e interpretato questo desiderio ci è subito piaciuto moltissimo.

Guinea Bissau
Elio, negoziante startupper

Poi preparate il progetto e partecipate al bando del DevReporter Network, che finanzia progetti di giornalismo legati alla cooperazione allo sviluppo. Ma forse mi sto inventando troppe cose. Raccontaci tu di cos’è DevReporter Network e del suo ruolo in Guinendadi.

DevReporter Network è una rete di giornalisti e professionisti della comunicazione specializzati in tematiche di cooperazione e sviluppo basati in Piemonte, Catalogna e Rhône-Alpes. A inizio 2015 ha lanciato un Grant transnazionale riservato a Ong e giornalisti con lo scopo di sostenere, con un contributo sino a cinquemila euro, progetti di reportage su tematiche quali la cooperazione allo sviluppo e la solidarietà internazionale. Il ruolo di DevReporter, per Guinendadi, quindi, è stato fondamentale: senza il Grant non avremmo avuto il budget minimo necessario a realizzarlo. Così come altrettanto fondamentale è stata la collaborazione con l’ong Engim. Tu pensa a quanto tempo avrebbe richiesto la preparazione, dall’Italia, di un progetto come il nostro. Anche solo in termini di contatti con le realtà e le persone che abbiamo poi incontrato una volta arrivati lì.

E vi approvano il progetto, e festeggiate, e l’adrenalina sale ché dovete preparare tutto, un sacco di robe mi immagino, materiali e nella testa, e partire, partire per la Guinea Bissau! Quando e quanto tempo ci siete stati?

Felicità e soddisfazione! Panico e paura! Il bando infatti prevedeva il nostro viaggio in Guinea Bissau tra giugno e luglio. Avevamo, quindi, meno di due mesi per prepararlo. Ci organizziamo, comunque, e iniziamo anche a studiare e a farci un’idea sempre più precisa della Guinea Bissau. Anche grazie a incontri con studiosi come l’antropologa Viviana Toro Matuk e a persone che in Guinea Bissau ci sono già state parecchie volte per portare aiuti, come i membri dell’associazione Amici della Guinea Bissau. Poi Carolina e Fabio l’11 luglio 2015 partono. Ad accoglierli e a portarli alla scoperta della Guinea Bissau è il personale di Engim: indispensabile è stato infatti l’aiuto, in particolare, di Sara Gianesini e di Elena Pani e il supporto logistico del Cifap (Centro di Istruzione e Formazione Artigianale Professionale). Sono due settimane intensissime, al termine delle quali Carolina e Fabio tornano a casa con più di 15 ore di girato e di audio.

In Guinea Bissau fate degli incontri meravigliosi, che decidete di raccogliere in forme multiple, testi, video, fotografie, e che saranno il fulcro del reportage. Le storie delle persone, che si collegano a quelle di un paese, di un continente, e forse di tutto il mondo sono la forma narrativa del reportage. Dicci di più.

È la forma che, sin dall’inizio, ci è sembrata più congeniale, perché era anche quella che ci permetteva di avere il respiro adatto allo scopo che ci eravamo dati. Il reportage multimediale, in generale, ha permesso anche a ciascuno di noi di mettere in campo aspetti specifici delle sue competenze professionali.

Guinea Bissau
Spencer e Bruno del MAC (Movimento di Azione Cittadina)

Tornate, e dopo un lungo lavoro di montaggio e costruzione del prodotto, finalmente Guinendadi esce, il 10 novembre 2015. Cosa pensate di suscitare nel pubblico italiano? Quali sono gli obiettivi del reportage?

L’altro giorno una ragazza, dopo aver visitato Guinendadi, ci ha scritto dicendoci che, di storia in storia, le sembrava di aver creato un rapporto personale, di aver acquisito una familiarità davvero stretta con i personaggi che popolano Guinendadi. Ecco, creare un contatto intimo tra le persone che ci hanno dato la loro disponibilità raccontandosi e i fruitori finali del reportage: questo è forse l’obiettivo a cui teniamo di più.

Immagino poi che lo avrete condiviso con tutte le persone che avete incontrato in Guinea Bissau. Come hanno reagito? C’è interesse verso un prodotto del genere o serve più al pubblico europeo?

Lo stiamo facendo. Non abbiamo ancora raccolto tutti i feedback, ma i primi che sono arrivati sono più che positivi. E questo ci ha resi molto orgogliosi. Anche in Italia, alcuni ragazzi originari della Guinea Bissau e che oggi vivono ad Alessandria hanno visto Guinendadi e ci hanno chiesto di incontrarci. Siamo entusiasti di questa opportunità.

E poi arriviamo ad oggi, il giorno in cui mi sto facendo questo viaggio, ma soprattutto sto fruendo (guardando? Leggendo? Ascoltando?) Guinendadi. C’è molta arte, nelle storie dalla Guinea Bissau. Musica, danza, cinema. Hanno un ruolo importante, nella società e nella politica del paese?

Arte, cultura e politica sono, storicamente, assolutamente interconnesse. Pensa a testimonianze come quelle del regista Flora Gomes, cresciuto artisticamente e politicamente accanto a una figura centrale per la Guinea Bissau come quella di Amilcar Cabral. Pensa al cantante Binhan, pensa a come la valorizzazione della cultura popolare possa diventare un ambito di crescita e di riscatto, come dimostrano gli esempi dei Netos de Bandim e delle manjuandades.

Chiudiamo con il futuro. Cosa succederà a Guinendadi? Uscirà dalla piattaforma che lo ospita e prenderà altre forme?

È troppo presto per dirlo. Guinendadi è stato pubblicato da poco tempo. Per ora stiamo cercando di monitorare soprattutto i riscontri che sta avendo e le reazioni che sta generando. Però, credo che uno degli aspetti che cercheremo di valorizzare sarà quello di creare un contatto personale con i fruitori del reportage, attraverso incontri e presentazioni dal vivo. Guinendadi nasce e sta crescendo sul web, ma la carica umana dei contenuti che veicola resta un aspetto centrale e imprescindibile per tutti noi.

Immagini | Carolina Lucchesini

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Sociologo, lavora come progettista e project manager per Sineglossa. Per Le Nius è responsabile editoriale, autore e formatore. Crede nell'amore e ha una vera passione per i treni. fabio@lenius.it
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