Guerra civile in Siria: 10 cose che sappiamo6 min read

3 Aprile 2014 Mondo Politica -

Guerra civile in Siria: 10 cose che sappiamo6 min read

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SiriaLa guerra in Siria inizia il 15 marzo 2011, con le prime manifestazioni di protesta: quella che sembrava una delle rivolte della cosiddetta Primavera Araba, diventa crisi per poi sfociare in guerra civile nel 2012. Sono passati più di tre anni da quella data, i morti sono più di centocinquantamila e non esiste una prospettiva di pace, una via d’uscita per il popolo siriano, vero e proprio martire di quella guerra.

Lo scenario di guerra siriano è molto complesso, richiede attenzione e voglia di capire, non c’è un buono e un cattivo e neanche i mezzi di informazione sanno bene come muoversi. Vediamo dunque cosa sappiamo della guerra civile in Siria, 10 elementi che ci aiuteranno a capire meglio cosa sta accadendo nella Repubblica Araba di Siria del vicino Medio Oriente.

1) Il numero dei morti: 150.000. Questo è il numero delle vittime stimato dall’Osservatorio siriano per i diritti umani in tre anni di guerra: più della metà civili, donne, bambini, uomini che con la guerra non avevano niente a che fare (succede sempre così, no? Chi paga in primis sono i civili). A gennaio le Nazioni Unite hanno deciso di rinunciare alla conta dei morti causa mancanza di fonti verificabili.

2) Armi chimiche: uno dei pochi risultati raggiunti negli incontri a Ginevra tra Russia e Stati Uniti è stato quello di mettere d’accordo governo e ribelli sulla distruzione delle armi chimiche. Questi agenti chimici sono stati portati via nave, passando per Gioia Tauro (che ha vissuto un mese di panico) e sono stati “smaltiti” nel Mar Mediterraneo. Le ultime notizie parlano però di depositi dove entrambe le parti sarebbero di nuovo all’opera per produrne altre: una cosa sembra certa, sia il governo Assad che i ribelli hanno fatto uso di armi chimiche nella guerra civile.

3) La guerra civile in Siria è -come tutte le altre- una guerra di interessi: non esistono guerre di religione, al massimo esiste il fanatismo come mezzo per convincere delle persone ad andare in guerra, dietro ogni conflitto ci sono guerre d’interessi o opportunità economiche e politiche che mettono una parte contro l’altra. La Siria è un paese ricco di risorse idriche ed energetiche, con un’economia forte (prima del conflitto).

4) Schieramenti internazionali e divisione nel mondo arabo. Da una parte ci sono Russia e Cina, vicine al regime di Assad, dall’altra Stati Uniti, Qatar, Arabia Saudita ed Europa che in modo diverso appoggiano la ribellione. Europa e Stati Uniti sostenendo il Libero Esercito Siriano, Qatar e Arabia Saudita i movimenti islamici. Pare che solo il Qatar in tre anni abbia “investito” più di 2 miliardi di dollari per finanziare i ribelli. Una guerra di interessi internazionale, una guerra interna al mondo arabo, con la parte sunnita (Arabia Saudita, Qatar, Turchia, Giordania, Egitto) a combattere quella sciita (Iran, Iraq, Siria). Il conflitto tra sciiti e sunniti negli ultimi anni ha visto tre principali campi di battaglia: Iraq, Libano e Siria. Ricordiamo che Bashar Al Assad fa parte degli Alawiti, un’ala degli Sciiti: questo spiega molto chiaramente chi sta appoggiando il regime nel mondo arabo, chi sta finanziando i ribelli. L’ultima conferenza di Ginevra è stato un bluff e ha portato ad un nulla di fatto: né i ribelli nella loro frastagliata composizione né il governo hanno intenzione di negoziare.

Guerra civile in Siria: 10 cose che sappiamo

5) C’è una guerra in atto tra movimenti islamici e fazioni di Al Qaeda. Jabhat al-Nusra, vicina ad Al Qaeda e Ahrār al-Shām, i salafiti e islamisti finanziati da Qatar e Arabia Saudita, pur combattendo Assad e unite dalla volontà di costruire uno Stato Islamico (a differenza del’Esercito Libero di Siria), si fanno anche la guerra tra di loro. Quindi all’interno del conflitto ci sono anche i morti dello scontro interno, come è successo nel gennaio 2014. In Siria si contano ben 11 sigle diverse all’interno del Fronte Islamico contro Assad.

6) La guerra in Siria ha messo in fuga 9 milioni di persone. Se pensiamo che la popolazione siriana prima della guerra contava 22 milioni di persone, è immediato capire quanto spaventose e inimmaginabili sono le conseguenze di questi primi tre anni di conflitto: il 40% dei siriani è in fuga dal proprio paese. Chi ha le possibilità scappa, spesso affidandosi a spietati trafficanti di esseri umani.

7) Due milioni e mezzo di siriani hanno trovato rifugio in altri Paesi, Libano (entro fine 2014 previsti oltre 1.6 milioni di rifugiati: il paese ha la più alta concentrazione di rifugiati a livello mondiale nella storia recente, con 230 rifugiati siriani registrati ogni 1.000 libanesi), Giordania (spesa stimata 1.7 miliardi di dollari per fornire le strutture minime), Turchia (già sul territorio 625.000 rifugiati) e in misura minore Europa e Italia.

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8) Homs e Aleppo, centri molto importanti fino a pochi mesi fa sono diventate delle città fantasma: completamente svuotate dalla guerra civile e distrutte dai bombardamenti governativi. Homs, dove è nata la rivolta, è una città dell’antica Siria risalente al 2.300 a.C, e contava 800.000 abitanti prima della guerra; Aleppo era la città più popolosa della Siria con 1,9 milioni di abitanti (più di Damasco, 1,6 milioni) e la terza maggiore città cristiana del mondo arabo (dopo Beirut e Il Cairo). Chiamata Capitale del Nord, è Patrimonio Unesco dal 1986. È difficile anche solo immaginare due città con questa storia e di questa bellezza completamente annichilite dalla guerra.

9) Le ultime notizie su Padre Dall’Oglio: sono passati quasi nove mesi dal rapimento del 59enne gesuita, uomo di pace e di dialogo in Siria dagli anni ’80. Rapito nella zona di Raqqa, una delle prime città conquistate dai ribelli antigovernativi, diventata roccaforte dell’Isis, lo Stato islamico dell’Iraq e del Levante, proprio lì si ritiene possa essere: i qaedisti hanno negato ogni coinvolgimento, ma restano i primi sospettati del sequestro. Alcune fonti non verificate lo danno in un carcere dell’Isis nel nord insieme ad altri occidentali. Situazione tragica se si pensa che il gesuita non aveva esitato un attimo a schierarsi con i ribelli usando toni durissimi contro il regime di Assad, che infatti l’aveva espulso dal paese il 12 giugno del 2012.

10) La testimonianza di Domenico Quirico e Pierre Piccinin Da Prata ne Il paese del male, il racconto rabbioso, vivido ed emotivo dei lunghi mesi di prigionia dei giornalisti, “traditi” dai ribelli siriani e finiti ostaggio di una banda armata che non risparmia loro umiliazioni e maltrattamenti. Testimoni del caos che sta attraversando il paese siriano, dilaniato da morti, torture e sangue che stanno cambiando profondamente i protagonisti della guerra: sospetti, tradimenti, diffidenza e violenza sono il pane quotidiano nel paese mediorientale, preda di bande fuori controllo che ne approfittano per esercitare il loro potere violento su civili e nemici. Molto interessante il passaggio dove i due giornalisti raccontano la loro settimana sotto il controllo di Jabhat al-Nuṣra, formazione qaedista che punta all’instaurazione di uno Stato Islamico: gli estremisti islamici vengono ricordati come i “carcerieri” più rispettosi e attenti, al contrario della formazione armata di Abu Omar.
Immagini| www.npr.org

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Lo appassionano filosofia, semiotica e Fc Internazionale. Prova a prendersi cura della comunità di Le Nius, in pratica delle relazioni con le persone. Formatore nelle scuole. Per lavoro si occupa di strategie digitali. davide@lenius.it
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