Golpe in Brasile: il neoliberismo in salsa americana14 min read

1 Settembre 2016 Mondo Politica -

Golpe in Brasile: il neoliberismo in salsa americana14 min read

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@João Bourbon
@João Bourbon

Via Dilma. Mercoledì 31 agosto il senato brasiliano ha confermato il sì all’impeachment di Dilma Rousseff, chiudendo così dopo 13 anni l’esperienza di governo del Partito dei Lavoratori. È stata una fine annunciata dopo mesi di conflitto istituzionale molto pesanti che gettano sul futuro del Brasile un’ombra inquietante. Da una parte gli scandali di corruzione del partito dei lavoratori e la crisi economica che hanno dato benzina agli oppositori, dall’altra un conflitto di potere che ha estromesso il presidente e il governo eletto con un esecutivo di falchi tutt’altro che presentabili.

Fine di un’era. Con i 61 voti a 20 a favore dell’impeachment, il Brasile vede chiudersi un’era che ha permesso a milioni di brasiliani di entrare a far parte della classe media. C’è da scommettere che da oggi si aprirà un’altra partita molto dura, i sostenitori del Pt non hanno intenzione di stare in silenzio, denunciano un vero e proprio colpo di stato e tra due anni non è escluso che si ripresenti alle elezioni ancora Dilma. L’esecutivo al governo ora con presidente Temer (75 anni, ex vicepresidente del governo guidato da Dilma) ha appena iniziato ed è già sommerso da scandali, alcuni dei quali sono gli stessi che hanno affossato il Pt: corruzione, tangenti e finanziamenti illeciti. Nonostante questo, e nonostante alcuni ministri del nuovo governo – molto a destra – si siano già dovuti dimettere, è molto probabile che Temer riesca a governare fino al 2018 grazie all’appoggio dei poteri economici dentro il paese. Per fare un esempio Philipp Schiemer, capo di Mercedes Benz in Brasile, ha dichiarato in questi giorni senza molti giri di parole

Dobbiamo decidere se vogliamo un Brasile come il Venezuela o un Brasile inserito nel mondo

Un paese spaccato. Il paese è diviso a metà, tra coloro che vedono Dilma come il male e coloro che la considerano la paladina dei poveri, tra chi la vede come l’arrogante e corrotta ex presidente amica del Venezuela e chi la considera l’unica resistenza al ritorno di un’oligarchia dittatoriale. Certamente il suo impeachment è sospetto, dato che Dilma è tra i pochi politici in Brasile a non essere stata mai accusata di aver sottratto fondi allo stato per arricchimento personale. I fatti dicono che il cosiddetto golpe espone il paese ad una instabilità politica molto seria. L’ex presidenta ha dichiarato:

Quello che è successo è molto grave, i futuri presidenti dovranno fare i conti con tutto questo

riferendosi al pericolo di un ritorno al passato golpista e dittatoriale. Dilma Rousseff sa bene di cosa parla, visto che fu torturata dalla dittatura negli anni ’70, dopo esser stata arrestata in quanto membro di un movimento rivoluzionario.

Le conseguenze in America Latina. Quello che è successo in Brasile non riguarda solo i brasiliani ma tutto il continente latinoamericano, di cui il Brasile è la potenza economica. I tempi sono cambiati, e dopo la caduta del partito di Cristina Kirchner in Argentina a favore del neoliberista Mauricio Macri e la crisi profonda del Venezuela il movimento socialista sembra in crisi. Se si eccettuano Ecuador e Bolivia, in tutto il continente sta tornando – a volte democraticamente, a volte meno – la generazione di governanti che guardano agli Stati Uniti e al neoliberismo come modello. Un ritorno al passato.

29 maggio 2016

Golpe in Brasile 2016
@pressenza

(a cura di Matteo Margheri)

Le intercettazioni di Jucá. La scorsa settimana il quotidiano brasiliano Folha ha pubblicato alcune registrazioni, risalenti a marzo scorso, nelle quali il neo-nominato ministro della Pianificazione Romero Jucá, parlando con l’ex-dirigente di Petrobas Sergio Machado, afferma la necessità di deporre Dilma Rousseff dall’incarico di Presidente per evitare l'”emorragia” provocata dall’inchiesta Lava Jato. Nell’ambito della stessa telefonata, Jucá ammette:

Sto parlando con i generali, i comandanti militari. A loro va bene, dicono che garantiranno.

Il golpe. Oltre ai generali Jucá dice di aver ricevuto parere favorevole per l’impeachment anche dai Giudici della Corte suprema, incaricati per legge di vagliare le accuse per la messa in stato di accusa. Secondo l’analisi effettuata dai giornalisti della rivista internazionale Intercept, Glenn Greenwald, Andrew Fishman e David Miranda il punto cruciale di questo complotto è quello che Jucá chiama un ‘patto nazionale’ – che coinvolge tutte le più potenti istituzioni brasiliane – per lasciare Michel Temer nel ruolo di Presidente (malgrado i suoi molteplici scandali sulla corruzione) e sopprimere l’indagine sulla corruzione una volta rimossa Dilma. Secondo quando detto su Folha, Jucá ha chiarito che l’incriminazione ‘porrà fine alla pressione dei media e di altri settori al fine di proseguire l’indagine Car Wash’.

Le dimissioni di Jucá. Jucá non ha negato il contenuto delle intercettazioni pubblicate, ma respinge con forza l’interpretazione delle sue parole fornita dal giornale brasiliano: i riferimenti fatti dai giornalisti a Lava Jato sono a suo dire fuorvianti in quanto le sue parole non tirerebbero in causa lo scandalo delle tangenti, ma si riferirebbero semplicemente alla terribile recessione del Paese, come confermato anche dal suo avvocato Almeida Castro. Per fuorviare ogni dubbio lasciando lavorare la magistratura e non coinvolgere il Governo appena insediato, l’ormai ex-ministro della Pianificazione ha presentato le sue dimissioni a poco più di dieci giorni dalla sua nomina.

La reazione di Dilma e le difficoltà di Temer. Dura ed immediata la reazione della Rousseff, ancora in attesa di subire il processo al Senato sul suo stato di impeachment. La Presidenta sospesa ha dichiarato:

Se qualcuno aveva ancora dubbi sul fatto che ci sia un colpo di stato in corso, sulla base di poteri deviati e frodi, le dichiarazioni fortemente compromettenti del ministro per la Pianificazione di recente dimessosi Romero Juca sui veri obiettivi dell’impeachment, su chi c’è dietro di lui, tolgono ogni dubbio.

Brutte notizie per Temer. Il Presidente ad interim Michel Temer perde con le dimissioni di Jucá un collaboratore importante ed un uomo fidato. L’ex-ministro della Pianificazione era infatti il braccio destro del leader di destra e su sua iniziativa sarebbero presto state presentate una serie di misure urgenti, alcune molto discusse, che avrebbero dovuto dare una spinta al Paese fuori dalla recessione. Un’altra brutta notizia per il neo-Presidente era arrivata giusto la settimana prima: la Corte Suprema brasiliana ha dichiarato ammissibile la richiesta di impeachment verso Temer presentata dall’avvocato Mariel Marley Marra. L’avvocato afferma di non essere legato ad alcun partito e di pensare solo al bene del Brasile. Ha infatti dichiarato:

Sono convinto che Dilma e Temer debbano essere processati insieme, visto che hanno firmato gli stessi decreti contrari alla legge di bilancio federale. Questo è un reato.

Il governo Temer trema. Temer non ha perso tempo e si è difeso dalle accuse sostenendo di non essere responsabile dei decreti che ha firmato in quanto non ha partecipato alla stesura degli stessi né alla formulazione della politica economica intrapresa dal Governo Rousseff. Adesso dovrà essere la Corte suprema a decidere se effettivamente avviare una nuova messa in stato di accusa sottoponendo Temer allo stesso procedimento che è toccato a Dilma. Tuttavia, se il nuovo Governo dovesse essere colpito da nuovi scandali come quello di Jucá è probabile che non ci sarà bisogno di aspettare il voto del Parlamento per ottenere le dimissioni di Temer.

I manifestanti in strada. A seguito delle dimissioni di Jucá, centinaia di persone sono scese nelle strade di San Paolo per protestare contro il nuovo Governo. Anche a Rio de Janeiro e Buenos Aires si sono verificate diverse proteste contro il Capo di Stato. Forti concentrazioni di manifestanti si sono registrate anche fuori dall’Aula del Senato, con cori contro il governo golpista, e fuori dalla residenza privata di Temer. Proprio in questa sede i media brasiliani hanno riportato un curioso siparietto: la suocera di Temer si sarebbe affacciata al balcone per chiedere ai manifestanti di placare le proteste per non svegliare il piccolo Michel, nipote del Presidente di soli sette anni. I manifestanti non hanno però sentito ragioni ed hanno continuato imperterriti i loro cori contro l’illustre genero.

16 maggio

(a cura di Matteo Margheri)

Il 12 Maggio il Senato brasiliano ha approvato l’impeachment per la Presidentessa Dilma Rousseff, sospendendola dalla sua carica. Il nuovo Presidente ad interim Michel Temer, ex-vice presidente e leader politico dell’opposizione, ha già presentato la sua nuova lista di ministri molti dei quali indagati nell’inchiesta Lava-Jato. Ma come si è arrivati a quello che gli analisti più attenti definiscono come “golpe bianco”?

Golpe in Brasile: messa in stato di accusa

La presidenta impopolare. Dilma Rousseff è stata la prima presidente donna del Brasile, in carica dal 2011 e poi rieletta nel 2014 con il sostegno del Partito dei Lavoratori. Durante il suo mandato ha dovuto affrontare una delle crisi economiche più dure del Paese: nel 2015 il PIL del Brasile ha registrato il peggior risultato degli ultimi 25 anni contraendosi del 3,8%. Particolarmente pesante il crollo dell’ultimo trimestre quando il PIL ha segnato un -5,9% rispetto allo stesso periodo del 2014. In molti ritengono che la Presidenta non abbia agito in maniera efficace per arginare la crisi e che abbia tradito molte delle promesse elettorali. Questa sua impopolarità l’ha portata col tempo ad essere il capo di stato meno popolare della storia democratica brasiliana.

Corruzione e criminalità. Inoltre, in molti la accusano di essere implicata in maniera diretta nell’inchiesta Lava-Jato (Autolavaggio), definita come la “Mani Pulite” del Brasile: gli inquirenti hanno portato alla luce un sistema criminale che truccava le gare di appalto favorendo determinate imprese che giravano ai politici coinvolti parte degli investimenti pubblici fatturati in avanzo. Lo snodo centrale in questo meccanismo di ridistribuzione di tangenti sarebbe stato individuato nella ditta Petrobas, il colosso petrolifico brasiliano.

Pedalata fiscale. Ad affiancare le accuse legate all’inchiesta Lava-Jato, per la quale la Dilma non risulta neanche nel registro degli indagati, ci sono anche le segnalazioni alla Corte dei Conti federale brasiliana presentate dall’opposizione relative alla così detta “pedalata fiscale”: la Rousseff avrebbe usato denaro delle Banche Nazionali per finanziare programmi sociali e garantire la copertura di alcuni programmi di welfare superando i limiti di spesa pubblica previsti dalla legge di bilancio dell’anno precedente. Questa pratica è apparentemente diffusa fra i governatori federali, i sindaci e lo era anche nei passati Governi nazionali, ma per la prima volta la Corte dei Conti ha accolto le rimostranze dell’opposizione e non ha dato il via libera per il Bilancio dello Stato per l’anno 2015 presentato dal Governo Dilma. Il sospetto più grosso che pesa sulla Presidenta è quello di aver truccato i conti proprio in vista delle elezioni del 2014 per assicurarsi la rielezione.

Il caso Lula e l’impeachment. Ad inizio del marzo di quest’anno la posizione della Rousseff si è aggravata in maniera irreversibile. Il 4 Marzo l’ex-presidente Lula viene coattivamente accompagnato dal giudice Moro, capo del pool di magistrati che segue l’inchiesta Lava-Jato, apparentemente per spingerlo con la forza a confermare le sue presunte relazioni con alcuni imprenditori arrestati a seguito delle indagini. Il 17 Marzo la Presidentessa Dilma nomina Lula ministro della Casa Civile per garantirgli l’immunità e bloccare le indagini che lo riguardano. Il giorno successivo la Corte Suprema brasiliana sospende la nomina e alla Camera viene approvata l’istituzione di una Commissione di 65 membri per valutare la richiesta di Impeachment per la Presidenta. Meno di un mese dopo, valutate le accuse di manipolazione dei conti pubblici mosse dall’opposizione, la Commissione approva la messa in stato di accusa con 39 voti a favore e 27 contro. Il 17 Aprile la parola passa alla Camera che ratifica le valutazioni della Commissione con 367 voti a favore, 137 contro, 7 astensioni e 2 assenti. Dopo diversi tentativi falliti della presidenza presso la Corte Suprema di bloccare la votazione in Senato, lo scorso 12 Maggio la Camera Alta brasiliana riconosce in maniera definitiva l’impeachment con 55 voti a favore e 22 contrari, dopo una maratona di interventi durata ben 22 ore. Dilma Rousseff viene sospesa dalla sua carica per 180 giorni, durante i quali verrà sottoposta alla procedura di messa in stato di accusa in un processo che inizierà proprio in Senato. Se verrà assolta, potrà tornare a ricoprire la propria carica al termine della procedura, altrimenti sarà invece destituita in modo definitivo e l’attuale Presidente ad-interim Temer porterà avanti il suo mandato sino al primo gennaio 2019, inchieste permettendo.

Il Governo di Temer e Lava-Jato

Neoliberismo in salsa americana. Appena nominato nuovo Presidente, Michel Temer ha presentato la sua lista di ministri in cui spiccano molte figure di rilievo dell’opposizione di destra. Temer ha subito parlato di un esecutivo di “salvezza nazionale” caratterizzato da un approccio neo-liberista:

Lo Stato si curerà delle sole questioni di salute e istruzione il resto passerà in mano ai privati.

Shock economy. Sono state inoltre annunciate una serie di riforme per degli incentivi al mondo dell’industria, una riforma del lavoro e una sulle pensioni. L’approccio economico adottato dal nuovo Governo rappresenta un cambio di rotta drastico rispetto a quello che ha seguito il Paese negli ultimi venti anni: si è passati da una serie di governi di sinistra attenti al welfare e alla tutela della minoranze ad un Governo di destra conservatore che punta alla privatizzazione di molti servizi pubblici, il tutto senza passare da elezioni.

Governo di ricchi e corrotti. Il Presidente ha già fatto sapere che non ha intenzioni di mettere mano alle riforme legate all’assistenza e al sostegno delle classi più disagiate, ma alcuni dei suoi ministri hanno già evidenziato come sia stata la spesa previdenziale a gravare sul bilancio dello Stato portando il Brasile alla situazione odierna. Il Governo Temer rappresenta un taglio netto col passato anche nella sua composizione: soli uomini bianchi, nessuna donna o rappresentante delle minoranze indiane, tutti ricchi e coinvolti in differenti scandali legati alla corruzione. È stato inoltre soppresso il ministero per le Donne, Pari opportunità e Diritti umani, accorpandone le competenze al ministero di Giustizia e cittadinanza.

Corrotti tutti. Malgrado il nuovo esecutivo si sia appena insediato, non è detto che rimanga in carica ancora a lungo: buona parte dei suoi ministri ed il Presidente Temer stesso sono indagati dell’inchiesta Lava-Jato e questo può aprire le porte per una nuova richiesta di Impeachment. A rendere ancora più instabile la situazione è il fatto che tutte le più alte cariche dello Stato, a cui potrebbe spettare una nuova presidenza ad interim, risultano indagate in casi di corruzione. Eduardo Cunha è stato sospeso la settimana scorsa dalla sua carica di Presidente della Camera in quanto coinvolto nello scandalo legato a Petrobras ed accusato di evasione fiscale. A succedergli nella carica dovrebbe essere Waldir Maranhão, anche lui indagato per i legami col colosso petrolifero e in odore di dimissioni. Infine, anche il Presidente del Senato Renan Calheiros risulta iscritto nel registro degli indagati per varie accuse negli stessi ambiti.

Il golpe bianco

All’indomani della sua messa in stato di accusa, la Presidentessa Rousseff non ha esitato di definire la manovra politica che l’ha colpita come un vero e proprio “golpe”. Sulla sua pagina Facebook ha scritto:

È un golpe senza riuscire a identificare il reato commesso, il Senato federale ha deciso di allontanare la presidente Dilma e proseguire l’impeachment. […] Dico ai brasiliani che si oppongono al golpe: mantenetevi mobilitati, uniti e in pace, perché la lotta per la democrazia è permanente, non ha data per terminare. Più una parola si avvicina alla realtà che si vuole nascondere, più è grande il disagio che il suo uso comporta

Stranezze legislative. Le responsabilità della Presidente uscente sono evidenti, ma secondo molto osservatori il modo in cui è stata destituita non è coerente con il sistema presidenziale su cui si basano le istituzioni brasiliane: di fatto, il voto di impeachment è stato usato come un voto di sfiducia verso il governo in carica ed ha innescato un meccanismo istituzionale che ha snaturato la natura democratica del Paese.

La tempesta giudiziaria. Il cambio di rotta drastico sulla politica economica del Brasile data da Temer è la dimostrazione lampante di come si sia rotto qualcosa all’interno nella macchina istituzionale brasiliana. Ventiquattro senatori su ottantuno sono attualmente coinvolti in indagini legate a casi di corruzione e nel nuovo governo sono quasi più i ministri indagati di quelli puliti. La classe politica corrotta bipartisan colpita duramente dalle indagini di Lava-Jato sta cercando in tutti i modi di rimanere a galla mantenendo il controllo delle più alte cariche dello Stato e sotto gli occhi impotenti della cittadinanza.

Brasiliani divisi. I cittadini brasiliani appaiono oggi più che mai divisi. Dopo la messa in stato di accusa della Rousseff, si sono registrate manifestazioni in tutto il Paese sia a favore che contro il nuovo Governo Temer. Migliaia di persone sono scese in piazza schierandosi in maniera netta per l’uno o l’altro leader e in più occasioni ci sono stati scontri con la polizia. Ad aumentare la tensione e far salire il livello di guardia c’è anche l’imminente inizio delle Olimpiadi: per la costruzione degli stadi e l’organizzazione della manifestazione sportiva più importante al mondo sono stati spesi milioni ma molte strutture non sono ancora pronte ed al momento la partecipazione del pubblico sia nazionale che internazionale è molto inferiore rispetto alle aspettative.

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Pro veritate adversa diligere.
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