Giovani NEET: chi e quanti sono in Italia e in Europa?27 min read

22 Agosto 2022 Giovani -

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Sociologo

Giovani NEET: chi e quanti sono in Italia e in Europa?27 min read

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Quanti sono i giovani NEET in Italia ed Europa? Dati 2020

neet in europa

Già, siamo il paese europeo con la più alta percentuale di giovani NEET. Quasi un italiano/a su quattro tra i 15 e i 29 anni non lavora, né studia, né si sta formando. Questo potrebbe in linea di massima anche significare che un sacco di giovani italiani sono in giro per il mondo a godersi la vita. Oppure che sono depressi e chiusi in casa senza neanche più la spinta a studiare o cercare lavoro. O ancora che stanno lottando per trovare una via d’uscita dall’universo NEET senza trovarla. È il limite dei numeri, quello di non raccontarci le storie.

Nel resto d’Europa il fenomeno è molto più contenuto. Anche nei paesi mediterranei, che di solito se la giocano con l’Italia, i giovani NEET sono molto meno che nel nostro paese: il 18,7% in Grecia, il 17,3% in Spagna, l’11% in Portogallo.

Gli altri paesi con percentuali più alte sono i paesi dell’est (Romania, Bulgaria, Slovacchia, Ungheria, Croazia, Polonia). I paesi del centro-nord hanno invece tutti percentuali inferiori al 10%, con le eccezioni di Irlanda e Francia (14%), Belgio (12%) e, a sorpresa, Finlandia e Danimarca (poco sopra il 10%).

Come è evoluto invece il fenomeno nel tempo? Beh, qui entra il gioco la pandemia. Fino al 2019, in tutti i paesi europei il trend era decrescente, nel 2020 però tutti i paesi hanno fatto segnare una crescita della percentuale di giovani NEET, con la sola eccezione della Romania (-0,2). La crescita più forte si è avuta in Irlanda (+2,8 punti in un solo anno), Spagna (+2,4) e Lituania (+2,1). In Italia la quota di giovani NEET è cresciuta di 1,1 punti.

Se prendiamo gli ultimi 10 anni (2011-2020) il trend è più variegato. Nonostante l’impatto della pandemia, molti paesi hanno comunque visto drasticamente diminuire la loro percentuale di giovani NEET, come Irlanda (8,2 punti in meno), Lettonia (-7,2 punti), Bulgaria (-6,6), Croazia (-4,5) e Grecia (-4,3). La maggior parte dei paesi ha avuto cali contenuti, mentre sono 5 i paesi che ngli ultimi 10 anni hanno visto salite la quota di giovani NEET: Danimarca (+1,8 punti), Lussemburgo (+1,1), Austria (+1), Italia (+0,8) e Cipro (+0,5).

Giovani NEET in Italia: numeri e caratteristiche

In termini assoluti, come anticipato, i giovani NEET in Italia sono 2.100.000, in aumento di 100 mila unità rispetto al 2019. Il picco è stato toccato nel 2014 (2,4 milioni di NEET), la buona notizia è quindi che nei cinque anni pre pandemia il valore assoluto era diminuito di oltre 400 mila unità.

Vi è una leggera prevalenza femminile (52,3%), ma guardando il trend notiamo che rispetto a 10 anni fa il numero di giovani NEET femmine è rimasto invariato, mentre i maschi in condizione di NEET sono aumentati del 5%. È in corso quindi un deciso riequilibrio di genere.

Vi è poi nella popolazione NEET una sovrarappresentazione dei giovani con cittadinanza non italiana: sono 318 mila i NEET stranieri, il 15,1% del totale dei NEET (dato in crescita), mentre la popolazione straniera totale rappresenta l’8,5% della popolazione.

neet in italia 2020

Quanto alla distribuzione territoriale dei giovani NEET in Italia, sono le regioni del sud a presentare i dati più alti. Sicilia, Calabria e Campania superano abbondantemente la quota del 30% di NEET, seguite da Puglia, Molise, Basilicata, Sardegna, Lazio e Abruzzo con una quota tra il 20 e il 30%.

Le regioni con le percentuali più basse sono quelle del nord est, che hanno dati in linea o solo leggermente superiori alla media europea, seguite dalle altre regioni del centro-nord con percentuali tra il 15 e il 20%.

Mentre prima della pandemia i dati erano in calo ovunque, nel 2020 la quota di giovani NEET è in aumento in molte regioni, ad eccezione dell’Abruzzo, che ha fatto segnare un calo di 2 punti, e di regioni dove è rimasto stabile come Friuli Venezia Giulia, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia.L’impatto della pandemia sulla quota di giovani NEET si è fatto sentire soprattutto nelle regioni del nord e del centro, dove le percentuali sono aumentate di 3 punti.

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Sociologo, lavora come progettista e project manager per Sineglossa. Per Le Nius è responsabile editoriale, autore e formatore. Crede nell'amore e ha una vera passione per i treni. fabio@lenius.it
7 Commenti
  1. Daniele

    In effetti io tra i 15 e 19 anni ero al liceo, ma dai 19 ai 24 non ho fatto sostanzialmente una mazza (nominalmente ero uno studente universitario, ma essendo iscritto a Lettere...)

    • Fabio Colombo

      in questo caso non rientravi tra le statistiche NEET, essendo iscritto all'Università

  2. dav1de

    Articolo interessantissimo. Personalmente sono stato NEET in America Latina, ed era un gran bel stare :)Domanda: la differenza tra disoccupato e NEET è data solo dall'età?

    • Fabio Colombo

      No. Ponendo come stabile una fascia di età (es. 16-24 anni) rientri fra i NEET se, oltre a essere disoccupato, non sei iscritto né a scuola né all'Università e nemmeno a percorsi formativi professionalizzanti. Infatti il dato sulla disoccupazione giovanile per quella fascia è più alto (40%). Il vero problema è che questo dato non distingue chi è disoccupato perché va a scuola e chi lo è perché non trova/non cerca lavoro. In questo senso il dato sui NEET è più significativo per leggere fenomeni che riguardano i giovani.

      • Lia

        Quello che scrive non è corretto, chi studia non viene considerato tra i disoccupati ma tra gli inattivi. Per ISTAT il disoccupato non è solo chi non lavora, ma chi sta cercando attivamente un'occupazione. Tutti i dati che lei ha citato sono di fonte ISTAT o EUROSTAT e i criteri di rilevazione sono gli stessi.

  3. Libero Labour

    Concordo con Fabio, infatti sul tema della disoccupazione giovanile i dati non sono "pacifici".https://www.lenius.it/disoccupazione-giovanile-italia/

  4. Barbara

    Leggendo questo articolo e rapportandomi con il mondo esterno devo dire che comprendo la dinamica giovanile. L'opportunità di crescita lavorativa in Italia è satura, anzi, più una persona è specializzata e intraprendente più viene declassata dalle società di selezione del personale. Sembra che questo stato, questa cultura "moderna" dia molta più sostanza e lavoro a una persona che non si pone poi così molte domande nella vita, che qualcuno che sia disposto a voler crescere e cambiare il mondo in cui siamo. Non è una questione di fare i preziosi, ma chi andrebbe mai a lavorare a nero o accettare stage a 300 euro al mese se ha passato gran parte della sua vita sui libri? se lo ritengono un insulto, non posso che dargli ragione. Il mercato del lavoro è cambiato è inutile negarlo e più ci avviciniamo a questo stereotipo di lavoro "macchina" più le persone risulteranno insoddisfatte e depresse nelle loro vite, motivo? perché stiamo andando contro natura.

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