Gioco d’azzardo in Italia: chi ci guadagna?7 min read

16 Dicembre 2014 Dipendenze Politica -

Gioco d’azzardo in Italia: chi ci guadagna?7 min read

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Gioco d'azzardo in Italia: chi ci guadagna?

Nelle settimane passate partecipo a un incontro sul gioco d’azzardo in Italia, all’interno del Terzo festival dei beni confiscati alle mafie.

Tavola rotonda di esperti a cui segue la proiezione di “Rifiutati dalla sorte e dagli uomini” (Brini e Policante), che alterna interventi di esperti sulla dipendenza a momenti di testimonianze di ex giocatori d’azzardo.

Affisso sul portone d’ingresso mi accoglie un manifesto con una nota frase “La Mafia non esiste”.

La dipendenza da gioco d’azzardo è un tema che negli ultimi anni è stato spesso iper-inflazionato, ampiamente dibattuto e ciclicamente sorgono ondate di sdegno per la fioritura di nuove sale gioco e giri di malavita connessi.

Il fatto che se ne parli molto, paradossalmente, non vuol dire che sia un fenomeno conosciuto anzi, non di rado il gioco d’azzardo viene percepito come qualcosa che è lontano dai luoghi in cui viviamo: la disinformazione su ciò che viene considerato gioco lecito, e ciò che invece è a tutti gli effetti una truffa legalizzata.

Qualche numero: con un totale di circa 86 miliardi di euro, (di cui 10 miliardi derivanti dal gioco illegale), “azzardopoli” come definita da Don Ciotti e Libera all’interno del Dossier presentato a gennaio 2014, insieme al magistrato Diana De Martino della direzione nazionale antimafia, arriva ad essere la terza impresa del paese con circa 1.260 euro di spesa pro capite e una struttura fondata su 400mila slot machine che invadono le città, una ogni 150 abitanti.

Il fatturato legale, oltre a costituire il 4% del Pil nazionale, pone l’Italia al primo posto in Europa per quantità di giocate e al terzo nel mondo. Per quanto riguarda invece la criminalità organizzata che si nutre del mercato del gioco, sono 41 i clan che, secondo le indagini degli inquirenti si spartiscono la torta del mercato illegale del gioco d’azzardo mentre, si calcola che sono circa 800mila le persone dipendenti da gioco d’azzardo e quasi 2 milioni i giocatori a rischio.

La Lombardia è la Regione dove si spende di più, rivela ancora il dossier di Libera, è tre volte la settimana la media di gioco per i cosiddetti ‘giocatori patologici’, ovvero che passano più di tre ore alla settimana in queste attività per una spesa media mensile che parte dai 600 euro. Sono numeri che fanno girare la testa e che dimostrano come l’industria del gioco d’azzardo non risenta affatto della crisi. È una delle poche industrie che è anticiclica, e beneficia della crisi, a scapito della povera gente.

Gioco d’azzardo in Italia: come si è evoluto il gioco delle slot nel nostro paese

Un tempo la tipica macchinetta da gioco del bar era senza dubbio il video poker, il cui gioco implicava almeno una minima dimestichezza da parte del fruitore, e quindi la conoscenza del poker si può dire che in qualche modo costituisse la barriera all’entrata da parte del giocatore stesso.

Da qualche anno non è più così, il video poker ha lasciato il posto alle slot machine che si basano su combinazioni casuali di figure, che sono automatizzate, decisamente semplici nell’utilizzo, tanto che come ricordava Marco Dotti, redattore di Vita.it ed esperto sul tema, pure i malati di Alzheimer, le cui funzioni cerebrali sono compromesse e degenerative, riescono senza alcun tipo di problema a giocare.

Un’altra considerazione importante riguarda la diffusione capillare e la pervasività delle slot. Se in precedenza le macchinette erano situate prevalentemente in qualche bar, e tendenzialmente in bar localizzati in aree decentrate delle città, oggi la copertura è su tutto il territorio, senza escludere nemmeno il centro, e con una maggior penetrazione nelle sale gioco, ricevitorie, tabacchi e bar.

Il fenomeno è così allarmante che la legge regionale della Lombardia del 15 ottobre 2013 ha vietato di aprire nuove sale giochi, o installare slot machine in locali con altra ragione sociale, a una distanza inferiore a 500 metri da luoghi sensibili come scuole, chiese, impianti sportivi, ospedali e case di riposo, centri giovanili e oratori.

Ciò che colpisce riguardo a questo non è solamente la enorme diffusione delle slot, ma qualcosa di più sottile che richiama il nostro immaginario relativamente al gioco d’azzardo. Progressivamente l’immaginario collettivo negativo dell’azzardo, come qualcosa di proibito, losco e lontano dalla realtà delle persone comuni, si è trasformato in qualcosa di facilmente raggiungibile, di prossimo, basta entrare al bar sotto casa per vedere come le slot hanno invaso gli spazi della quotidianità, della normalità, tanto da non essere più percepite come azzardo e come qualcosa al limite del legale. Chiunque (tranne i minori di 18 anni, ma non c’è un effettivo controllo) in qualsiasi momento della giornata può accedervi.
Di recente, il DDL del 13709/2012 n. 158 (art.5), ha inserito la ludopatia o G.A.P. (gioco d’azzardo patologico), nei livelli essenziali di assistenza (Lea), con riferimento alle prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione rivolte alle persone affette da questa patologia.

È curioso come la lingua italiana definisca una patologia a tutti gli effetti la “ludopatia”, che tradotto letteralmente significa “malattia del gioco”, il gioco dovrebbe costituire quanto di più lontano dalla patologia possa esistere. Si dovrebbe forse parlare più correttamente di tossicodipendenza, dove la sostanza di cui non si può fare a meno è la slot, perché la dipendenza patologica da gioco riflette tutti gli stessi sintomi di dipendenza da droga, quali ad esempio, vere e proprie crisi da astinenza, sensazione di non poter vivere senza, bisogno sempre più crescente di giocare.

Inoltre il giocatore patologico non solo erode i suoi risparmi, ma annulla la sua vita, vede compromesse le sue relazioni affettive e lavorative, isolandosi sempre più dal mondo che in precedenza gli apparteneva. Sono sorprendenti quindi le ripercussioni e l’impatto sul tessuto sociale sia delle persone affette da patologia, sia, anche se in maniera differente, delle persone che abitano il quartiere dove il bar dispone di slot machine.

Non è infrequente che attorno a bar dotati di slot si generi un giro di malaffare e di criminalità, che porta a un peggioramento complessivo della zona stessa, per esempio in alcuni particolari casi, può addirittura subire un calo il valore dell’immobile o degli immobili vicini al bar in questione.

Un’altra considerazione riguarda l’impatto sui costi che il sistema sanitario nazionale deve sostenere per prestare assistenza ai malati di gioco d’azzardo, con un paradosso: lo Stato guadagna il 12% da ogni singola giocata effettuata, ed è quindi fortemente complice del sistema, per poi sborsare nuovamente soldi per sostenere i costi di assistenza agli affetti da patologie, che in qualche modo lui stesso ha contribuito a generare.

Per non parlare del conflitto di interesse che vede protagonista la Gtech, prima Lottomatica, la quale è leader del mercato del gioco, ma possiede anche una buona quota di azioni della De Agostini, che realizza libri di testo e di informazione per ragazzi.

Da un lato è complice di un sistema che porta all’impoverimento economico e sociale di persone e famiglie, dall’altra però si preoccupa di fornire strumenti di formazione ai ragazzi, magari figli di persone dipendenti dal gioco d’azzardo.

Sempre dal punto di vista economico, sembra che il gioco d’azzardo abbia un impatto anche sulla recessione economica, infatti le somme che potrebbero alimentare il ciclo dei consumi non vengono spese, ma vengono prosciugate e assorbite dal gioco d’azzardo. Per dare un’idea: una giocata alle slot costa 1 euro e dura 4 secondi, quindi 15 euro in un’ora per giocatore. Qualcuno ha anche avanzato tentativi per scongiurare o ridurre almeno la frequenza del gioco, ovvero di aumentare il costo per giocata a 5 euro, solamente in carta, di più difficile reperimento, o di aumentare la durata di una giocata fino ai 15 minuti. Al momento non sono state accolte, naturalmente.

Un esempio sintomatico di come viene trattato (o non trattato) il problema: nel novembre del 2009, con la complicità di AAMS, l’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, parte un progetto riguardante gli istituti scolastici di dodici regioni italiane.

Sul sito ufficiale di AAMS, si legge: «Con l’iniziativa di prevenzione “Giovani & Gioco”, l’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato ha voluto sensibilizzare i ragazzi non ancora maggiorenni sui rischi del gioco patologico, per generare in ognuno una coscienza del gioco legale e responsabile, facendo sì che ciascuno possa diventare un adulto in grado di comprendere che la “misura” è la migliore soluzione per giocare divertendosi ed evitare pericolose conseguenze».

Il sottotitolo del progetto è: «Campagna di sensibilizzazione alla cultura del gioco legale e responsabile». In sostanza una campagna di sensibilizzazione, il cui messaggio veicolato era più un messaggio di promozione (gioca pure, basta che lo fai responsabilmente), piuttosto che di prevenzione. Parafrasando Crozza: “Gioca responsabilmente è come dire: annega con cautela! Sparati con prudenza! Buttati dalla finestra, ma copriti che fa freddo!”.

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Il mio tratto distintivo è la capigliatura leonina. Leonessa anche per segno zodiacale, ho passato i primi anni della sua vita a lottare contro i ricci ribelli, invano; ora non potrei vivere senza! PhD in management sulla relazione fra le donne e la microfinanza. Mi diletto a scrivere e a bailar el tango, il mio dna è neroazzurro.
Commento
  1. pier

    La posizione dello stato, come nei casi degli alcolici e delle sigarette, è fintamente pragmatica: ''tu cittadino non puoi resistere al tuo 'vizio'? va bene, però ti punisco facendoti pagare una piccola tassa. Poi, al limite, ma solo se mi gira e se ne ho soldi e volontà politica, organizzo iniziative di prevenzione e dissuasione''. Una posizione che si limita a registrare l'esistente cercando di sfruttarla economicamente.

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