Il cuore è un muscolo che non si strappa, Capita’3 min read

29 Settembre 2015 Uncategorized -

Il cuore è un muscolo che non si strappa, Capita’3 min read

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francesco totti capitanoQuattro momenti e una vita intera.
Per me almeno.

Per me che baso i miei ricordi sulle stagioni della Roma.
Che facevo nel 1998? Dunque: secondo anno di Zeman, facevo il quarto liceo e mi piaceva una ragazza che si chiamava Eleonora. Le scrissi una lettera senza avere mai una risposta.

Se fossi Miss Italia e mi chiedessero in quale periodo storico vorrei vivere risponderei questo. Esattamente questo. Sostanzialmente per poter dire di averti visto giocare, Capita’. Dalla prima partita fino all’ultima, quando sarà.
E pure se con qualche giorno di ritardo, buon trentanovesimo. Che è numero dispari e multiplo di tre. Non so tu se hai delle idee sulla questione, ma a me i numeri dispari e multipli di tre portano fortuna. Io per farti gli auguri ho ritirato fuori quattro cose che me legano a te. Pure se non lo saprai mai.

1. Il gol al Milan. Il Milan quello forte. Il Milan irraggiungibile. Il Milan che chissà noi quando lo vinceremo pure solo un decimo di quello che hanno vinto loro. Contrasto con Sebastiano Rossi. Lo vinci. La palla rotola verso il fondo, ma tu ci credi. Esterno destro. La palla gira, in senso orario credo. Non lo so. Ma gira e si insacca. E poi la corsa. E io che mi abbraccio coi miei amici. È il 1996, è una domenica sera di un caldo ottobre, tu hai il numero 16 e forse ti vogliono dare in prestito alla Sampdoria e io non ci penso in quel momento che domani ho il compito in classe di latino.

2. Un modem della US Robotics. 56K e tanta forza di volontà. Un sito internet bello, il tuo, ma oggi sarebbe osceno. Forse ci stava pure un midi in sottofondo, dio santo! Scrivimi sulla lavagna, mi pare ci fosse scritto. Era il primo anno di Capello. E ti scrissi questo: Nei tuoi sogni, i nostri sogni.

3. 26 giugno 2006. Italia Australia. Esco prima dal lavoro, il mio primo lavoro. Ma il primo tempo comunque me lo perdo. Tu non stai giocando. Poi entri. La cavalcata di grosso. Il rigore. Dubbio, ma in fondo chi farà polemica? Tu prendi la palla e io mi sento male. Lo vuoi tu quel rigore, come noi volevamo te a quel mondiale. Posi la palla. Un regista molto furbo t’inquadra gli occhi. Taglio da film western. Quell’immagine farà la storia. Rincorsa, battezzi un angolo, la potenza, il destro, la rabbia di chi ha svariati pezzi di ferro nel piede finisce dentro una rete e la consapevolezza che tutta Roma  lo stava calciando insieme a te quel rigore. Ti prendi quello che ti spetta, quella sera. Ti prenderai il mondiale, poi.

4. Roma – Perugia. È il 2001 e la scalata allo scudetto è faticosa. Diavolo se lo è. Che fatica quell’anno. Che sofferenza. Siamo in difficoltà. La sud, capricciosa, contesta Antonioli colpevole di una papera. Tu li guardi, li sfidi, in pochi avrebbero tanto coraggio. Alzi il dito. Fai uno. Siamo primi intendi. Aiutateci, spingeteci, vincetelo con noi sembri dire. Sappiamo com’è finita e l’abbiamo vinto lì, secondo me. In quel brutto pareggio di un sabato pomeriggio in cui qualcosa andò storto per il resto del mondo, ma non nel tuo spogliatoio.

Il cuore è un muscolo strano, Capita’. Due atri e due ventricoli. Quattro pezzi. Quattro ricordi che mi legano a te e che non si strappano via come un muscolo qualsiasi.

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Anche noto come Coso. Classe 1981, attualmente in vita. Nasce brutto e povero e non potendosi permettere di cambiare vita chirurgicamente è costretto a vendere il suo corpo al giornalismo, ma nessuno se lo compra. Casca, si rialza, non se rompe. È tipo il pongo. Scrive cose, fa lavatrici.
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