Alla scoperta dell’ozploitation6 min read
Reading Time: 5 minutesWake in Fright di Ted Kotcheff (1971)
Australia, outback. Nell’immaginaria cittadina di Tiboonda, una sorta di Alice Springs immaginifica, un insegnante e i suoi studenti, grondanti di sudore e infastiditi dalle mosche, attendono il suono della campanella che segnerà l’inizio delle vacanze natalizie. Al drin, gli studenti si dileguano in un attimo e il nostro sogna di dirigersi a Sydney dalla fidanzata surfista. Le cose però non andranno proprio così e, convinto dai locali a scommettere per far passare il tempo, il protagonista perderà tutti i suoi soldi (tranne un dollaro) e sarà costretto a rimanere lì, prigioniero del deserto, la terrà della libertà per eccellenza.
Prendi un intellettuale colto, educato e intelligente e mettilo in un nucleo sociale basato sul potere del più forte, dove per dimostrare di essere veri uomini bisogna bere birra a fiumi, anzi, a torrenti, approfittare delle proprie donne, fare a pugni e sgozzare canguri a mani nude. Questo è ciò che è accaduto al protagonista del film che, complice il caldo, la noia e la birra, si è lasciato andare ai più primitivi degli istinti.
Wake in Fright afferra i bassifondi dell’animo umano e li sbatte con forza sotto il sole cocente d’Australia. È la desolazione del cuore e della mente, un viaggio psichedelico senza luogo e senza tempo, segnato solo dal numero dei boccali di birra, dal ritmo dei colpi di fucile e dalla fortuna roteante di una moneta, testa o croce. Si vince o si perde, in ogni caso, si beve. Oltre che dei suoi vestiti, dei suoi libri, dei suoi soldi e dei suoi occhiali, l’insegnante si spoglia così anche della sua dignità.
Un thriller psicologico con il mostro più spaventoso di tutti: noi stessi. Quando uscì, Wake in fright mise gli australiani di fronte a uno specchio, riflesso di una società inaccettabile. Il film, nonostante una proiezione al Festival di Cannes, venne ben presto ripudiato in patria e non se ne seppe più nulla per trentotto anni. Poi venne ritrovato su un camion diretto al macero, restaurato da Martin Scorsese e onorato nella collana Masters of Cinema dall’inglese Eureka!
Una storia che vale da sola un altro film.
RARITÀ.