Fabio Aru, il sardo rivelazione del Giro d’Italia3 min read

27 Maggio 2014 Uncategorized -

Fabio Aru, il sardo rivelazione del Giro d’Italia3 min read

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Fabio Aru, il sardo rivelazione del Giro d'ItaliaVincere, in solitaria, su un arrivo in salita del Giro d’Italia, è il modo migliore per farsi voler bene, se sei un ciclista. È successo domenica, quando Fabio Aru ha staccato tutti sulla salita di Montecampione. La salita di Pantani, se esistono salite che non sono state di Pantani.

Fabio Aru è un giovane ciclista sardo. Ha ventitre anni, età anagrafica che nel ciclismo appartiene ancora all’infanzia. Lo aspettavo in questo Giro, come da anni aspetto sempre quel giovane scalatore di cui si parla tanto bene. A volte, rimane un’illusione. Altre volte nascono campioni.

Fabio Aru, il sardo rivelazione del Giro d’Italia

La Sardegna, storicamente, non è terra di ciclismo. Quello di Aru è il primo successo di un sardo al Giro d’Italia, in quasi 100 edizioni di corsa rosa. È anche il primo per il giovane campidanese. Fabio, cresciuto nell’entroterra più puro della Sardegna, lontano dal clamore turistico della costa, usava la bici giusto per spostarsi. Giocava a calcio e a tennis finché a quindici anni non ha capito che si spostava troppo in fretta, su quella bici. Diplomato al Liceo Classico, tra una settimana e l’altra volava a Bologna per le gare di ciclocross, fino al trasferimento a Bergamo, per passare al ciclismo su strada.

Lo scorso anno è stata gregario di Nibali, di cui sembra l’erede designato. Due isolani al vertice del ciclismo italiano, quasi un segnale a quel Giro che sceglie di partire dall’Irlanda e troppo spesso snobba le grandi isole.

Non è il più classico degli scalatori, Aru, è longilineo ma magrissimo. 1,81 in altezza per 60 chili, e dicono che possa ancora dimagrire. Da far invidia a qualsiasi dieta. È un ciclista moderno, bastasse il fatto che va forte in salita ma non è fermo a cronometro, dove sa difendersi alla grande. Sull’ascesa di Montecampione è scattato tre volte, seguendo alla lettera le raccomandazioni dall’ammiraglia di Beppe Martinelli. All’inizio la maglia rosa Uran ha provato a tenergli la ruota, a stento. Poi l’azione decisiva, per dar vita a quanto di più emozionante possa regalare una gara di ciclismo: l’attacco in solitaria su un arrivo in salita. In quel paio di chilometri in cui è stato da solo, Aru ha guadagnato poco più di una ventina di secondi, non certo un distacco siderale, ma è stata la prima azione veramente importante di questo giro, la prima volta in cui qualcuno è riuscito a dimostrare di averne più di tutti gli altri.

Il successo del sardo si aggiunge alla doppia vittoria di Diego Ulissi, al bellissimo successo di Battaglin sul traguardo di Oropa, ai tanti piazzamenti in volata di Giacomo Nizzolo: sono tutti ragazzi che hanno meno di 25 anni. Forse, abbiamo finalmente una nuova generazione di ciclisti di talento.

Ma adesso l’attenzione sarà tutta su Fabio da Villacidro, e tutti vorranno rivederlo di nuovo, in testa, sulle rampe più dure dell’ultima settimana. I due minuti e mezzo che lo separano dalla maglia rosa possono essere tanti, o quasi niente, viste tutte le salite che ci sono ancora da affrontare. Aru avrà con sé due grandi vecchi del ciclismo italiano, Scarponi e Tiralongo, che gli faranno da chioccia e da gregari. Ecco, magari Aru non sarà davvero maglia rosa a Trieste, ma sicuramente darà filo da torcere ai due forti colombiani, Uran e Quintana. O magari avrà ragione proprio Paolo Tiralongo, che quando gli chiedono di Aru risponde senza giri di parole:

Col bimbo vinciamo il Giro

Noi facciamo il tifo per Fabio.

Immagine| cdn.velonews.competitor.com

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Statistico atipico, ha curato la sezione Sport e amministrato i profili social di Le Nius. Formatore nei corsi di scrittura per il web e comunicazione social, ha fondato e conduce il podcast sul calcio Vox2Box e fa SEO a Storeis. Una volta ha intervistato Ruud Gullit, ma forse lui non si ricorda.
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