Europa, cos’è il Meccanismo unico di risoluzione delle crisi bancarie (SRM)6 min read
Reading Time: 5 minutesIl 2013 si è chiuso con una settimana prenatalizia di fuoco: in pochi giorni, infatti, la UE ha chiuso numerosi dossier legislativi aperti dopo lo scoppio della crisi finanziaria, con l’annuncio storico della creazione dell’Unione Bancaria.
Vediamo ora come inizia il 2014, perché tutto ciò che poche settimane fa è stato annunciato deve trovare traduzione fattiva in norme approvate dal Parlamento Europeo e dal Consiglio dell’Unione Europea (secondo l’iter procedurale descritto nel nostro ultimo articolo) entro il termine della legislatura UE: maggio 2014. Mancano infatti 137 giorni alle elezioni per il Parlamento europeo. A queste seguiranno mesi di negoziati per definire l’assetto istituzionale della nuova UE, compresa la nuova Commissione.
Questo periodo di interregno oscurerà in parte il semestre di presidenza italiana del Consiglio dell’Unione (l’organo che rappresenta i Governi UE, a presidenza semestrale, Co-Legislatore delle normative europee insieme al Parlamento), che inizia il 1° luglio 2014.
L’Italia sarà il primo paese a guidare la nuova legislatura UE, con un nuovo Parlamento Europeo e una nuova Commissione. Tuttavia, seppur nel pieno del momento riorganizzativo istituzionale delle poltrone UE, nel semestre di presidenza l’Italia potrebbe trovarsi a fare qualcosa di enorme rilievo politico: tenere in piedi l’Unione Bancaria. Come sappiamo, essa fu varata nel Consiglio europeo del giugno 2012 e confermata, con vari aggiustamenti, nei successivi vertici fino all’ultimo storico summit del 19 dicembre 2013.
Le scelte attuali influenzeranno per decenni la vita della UE, e la difficoltà del trovare la quadra in queste scelte deve ricordare a tutti che l’Unione Europea resta l’esperimento politico più avanzato e civile al mondo. Come è noto, l’Unione Bancaria mira a spezzare il circuito perverso per cui i timori sul debito di uno Stato mettono in dubbio la solvibilità delle sue banche e viceversa. Elementi fondamentali sono la vigilanza passata dai regolatori nazionali alla Bce, l’assicurazione sui depositi fino a centomila euro e un Meccanismo unico di risoluzione (SRM, Single Resolution Mechanism).
La vigilanza unica è approvata e avviata: da novembre 2014 la Bce sorveglierà direttamente le principali 130 banche della zona Euro e indirettamente tutte le altre. La protezione dei depositi troverà approvazione formale entro aprile e entrerà in vigore nel gennaio 2015. Si è però indietro sul nodo del Meccanismo Unico di Risoluzione delle banche in crisi. I dubbi andavano sciolti dal Consiglio europeo del 19 dicembre: è un risultato deludente o un grande passo in avanti? Risposta: entrambe le cose.
Per il momento, la fortuna deve aiutare. Bisogna che per dieci anni il fato sia propizio. Il fondo unico europeo a sostegno del SRM, infatti, troverà piena operatività nel 2025. Fino a quella data sarà solo un’insieme di fondi nazionali di risoluzione che gradualmente si andranno a fondere in un’unica struttura. Il SRM, infatti, dovrà risolvere le crisi bancarie, scegliendo la soluzione più adatta al caso concreto. Decidere se una banca va chiusa, fusa con altre o ricapitalizzata, imponendo perdite agli investitori e ove necessario agli Stati. Si tratta di esercizio complesso, per nulla solo tecnico, anzi esposto a grandi condizionamenti politici. La Germania, per esempio, non ha nessuna intenzione di destinare risorse delle proprie banche al salvataggio o alla ristrutturazione di quelle di altri paesi.
E infatti ha messo paletti nel negoziato (di cui abbiamo parlato nell’articolo del 20 dicembre) per fare in modo che le decisioni dell’autorità che manovrerà SRM possano comunque vedere un’ultima parola, un potere di veto, in capo agli Stati membri. Cosa ha dunque deciso il vertice di fine anno?
Il Single Resolution Mechanism sarà retto da un Board (Autorità), con sede a Bruxelles, che agirà in piena autonomia. Tuttavia, le grandi decisioni coinvolgeranno gli esponenti dei Paesi membri. La BCE, quale supervisor unico, segnalerà al Board di SRM i casi di banche in crisi tali da minacciare il superiore interesse pubblico della stabilità finanziaria. Il Board potrà a quel punto proporre la risoluzione della banca in crisi. Per risoluzione si intende un concetto del tutto nuovo che rivoluziona il diritto fallimentare bancario di tutti gli Stati UE: si tratta di una serie di norme speciali secondo le quali la banca viene accompagnata in un fallimento ordinato, sgravando lo Stato dal “dovere” di salvarla con risorse pubbliche e assicurando che le perdite del fallimento siano pagate in primo luogo da azionisti e creditori della banca, non dai cittadini (niente più too big to fail. Le banche si devono salvare da sole, almeno in parte).
Tuttavia, le decisioni del Board di SRM saranno solo delle proposte. Sarà la Commissione a doverle rapidamente ratificare. Ma quest’ultima potrà anche contestarle e in questo caso passare la palla al Consiglio, cioè agli Stati membri (proprio come voleva la Germania): decisamente troppe voci in capitolo per pensare di poter risolvere un caso critico velocemente, nell’arco di un weekend, come auspicato in origine (nella gestione dei fallimenti bancari, la velocità di azione conta più di ogni altra cosa). Dopo che azionisti e creditori avranno subìto perdite per l’8% del passivo (il bail-in), si potranno usare i fondi di supporto al SRM, finanziati dalle banche, che arriveranno a 60 miliardi nel 2025; solo allora la rete di fondi nazionali sarà divenuta un fondo unico. Se ciò non bastasse, si cercheranno soldi altrove. Draghi l’ha ripetuto spesso: per assumere la vigilanza unica, la Bce deve contare su una credibile rete di sicurezza, per garantire la ricapitalizzazione di chi non potesse ricorrere al mercato.
Non ci siamo ancora, eppure bisogna arrivarci: senza fondi capienti a monte, coperti da una rete pubblica europea, la Bce non potrà svolgere appieno il proprio nuovo compito di controllore sulle banche. Insomma, se il Trilogo (negoziato a tre fra Commissione, Parlamento Europeo e Consiglio) non modificherà in meglio l’accordo di dicembre, per dieci anni bisognerà trattenere il fiato e sperare che non scoppino crisi troppo grandi. Come sempre, dietro i bicchieri mezzi pieni o mezzi vuoti, non c’è l’Europa: ci sono gli Stati e le loro ritrosie. Se, infatti, fare le riforme di stabilità che la Germania invoca spetta ai governi del Sud (e non alla Bce o alla Commissione), è altrettanto vero che non sono solo i governi del Sud a rinviarle per non perdere voti: la più urgente, frenata come sempre da Berlino, è proprio l’Unione Bancaria. Bisogna sperare nel buonsenso e nella capacità di compromesso, ma anche pretendere la lungimiranza della Germania, perché la solidarietà non è un concetto ma un bene materiale tangibile: se le cose sono fatte bene ora reggeranno gli urti futuri e produrranno fiducia nel disegno europeo, così come nella democrazia. Se sono fatte a metà – appositamente – crolleranno e incendieranno gli spiriti scettici.
Ugualmente, bisogna riconoscere che se gli altri non si fidano, è anche colpa nostra. La partita prosegue e questa è di per sé un’ottima notizia. Pur in queste difficoltà l’edificio comune cresce. Ad una credibile Unione Bancaria potrà dare un grande apporto il Parlamento, con cui Consiglio e Commissione devono ora definire l’assetto del SRM, nel citato Trilogo. Alla fine del negoziato, la presidenza italiana dovrà raccogliere il testimone e permettere alla UE di procedere salda nella sua moneta unica nei primi mesi di una legislatura che si annuncia difficile nel sentimento pro Europa.