Duilio Loi, quando San Siro era il tempio dei guantoni2 min read

13 Aprile 2014 Uncategorized -

Duilio Loi, quando San Siro era il tempio dei guantoni2 min read

Reading Time: 2 minutes

Duilio LoiSessantacinquemila spettatori, oggi, allo stadio di San Siro si vedono di rado anche per un match di calcio. Il 1 settembre 1960 la folla oceanica riempì il Meazza grazie al pugilato. Sul ring, il triestino Duilio Loi e il portoricano Carlos Ortiz per il titolo mondiale dei welter. La nobile arte nel tempio del pallone. Un binomio che nel 2014 non si potrebbe ricomporre nemmeno se Pacquiao e Mayweather trovassero finalmente un accordo per sfidarsi e decidessero per assurdo di farlo a Milano, tanto è calato l’interesse per la disciplina in Italia.
Quella sera d’estate di un nuovo decennio, invece, a Loi fu concesso l’onore di battersi nella “Scala” dello sport milanese. Un premio meritato, che gli organizzatori sapevano avrebbe fruttato. Per Duilio Loi, Milano è stata la seconda, se non la prima casa. Alla sua morte, il 20 gennaio 2008, il Comune ha deciso che il Famedio avrebbe ospitato le sue spoglie, assieme a quelle di Meazza, Ascari, Maspes e altre leggende dello sport italiano.

Impossibile dimenticare le sue gesta, di cui lo stesso Loi non aveva memoria negli ultimi anni di vita perché colpito dal morbo di Alzheimer. Se Carnera e Benvenuti sono passati alla storia per la potenza del pugno, il triestino non ebbe mai dalla sua il colpo in grado di cambiare in un istante il corso del match. La varietà era il suo forte, per questo piaceva agli spettatori. La sua boxe era uno spettacolo, il contrario del pugile “scolastico” che punta tutto sui chili.

@frattaglia
@frattaglia

Se ne accorse, nel settembre ’60, proprio Carlos Ortiz. Due mesi e mezzo prima il portoricano aveva vinto la prima sfida a San Francisco, ma quella di San Siro fu un’altra storia. Loi chiuse la carriera con un primato invidiabile, cui Ortiz non poteva fare eccezione: superò sempre almeno una volta tutti gli sfidanti affrontati dal ’48, anno del passaggio al professionismo, al ’62. Il suo record è 115-8-3 su 126 incontri, ma quel terzetto di sconfitte è sempre arrivato contro avversari battuti nella rivincita. E’ successo contro il danese Johanssen tra il ’52 e il ’54, contro lo stesso Ortiz e nel finale di carriera contro Eddie Perkins.
Lo statunitense è stato l’ultimo avversario affrontato da Loi, il 15 dicembre del ’62. Con l’intelligenza che lo ha sempre contraddistinto sul ring, il pugile triestino scelse la via del ritiro a 33 anni, indossando la cintura di campione attorno alla vita. L’aveva persa tre mesi prima a Milano e all’ombra della Madonnina se la riprese, per poi appendere i guantoni al chiodo. La Hall of Fame ne ha recentemente sottolineato le doti aggiungendolo alla ristretta èlite dei più forti di sempre. Immagine: boxing.com

CONDIVIDI

Realizzatore di sogni parzialmente mancato, giornalista sportivo riuscito. Segno che qualcosa è andato per il verso giusto, dai venti in poi. Sostenitore convinto della necessità di pensare e divulgare, meglio se in un pub, peggio se in discoteca. Scrittore per diletto, con la fortuna di vivere del mio lavoro.
Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

TORNA
SU