Dire no alla guerra, anche con i tuoi soldi | Intervista a Ugo Biggeri8 min read

11 Aprile 2022 Economia -

Dire no alla guerra, anche con i tuoi soldi | Intervista a Ugo Biggeri8 min read

Reading Time: 6 minutes

Buongiorno a tutti. Sono Paolo Dell’Oca di Le Nius. Siamo qua oggi con Ugo Biggeri, presidente di Etica Sgr ma anche fisico con un dottorato in ingegneria elettronica, per dirne una. Grazie di essere qua e benvenuto.

Ascolta “Dire no alla guerra, anche con i tuoi soldi | Intervista a Ugo Biggeri” su Spreaker.

Cosa significa per il Gruppo Banca Etica e per Etica Sgr essere contro la guerra?

Il rifiuto della guerra è un punto cardine nella storia della finanza etica moderna e lo è anche per Banca Etica e per Etica Sgr, che fa parte del Gruppo Banca Etica. Nel nostro caso il no alla guerra si traduce nel non finanziare gli armamenti, la loro produzione e commercio, e in generale cercando di ridurre tutte quelle potenzialità di conflitto che poi generano le guerre. Pensiamo alle disuguaglianze Nord-Sud che portano alle migrazioni e agli spostamenti, alle questioni energetiche, che sono molto spesso dietro alle guerre. Pensiamo ai cambiamenti climatici: in futuro avremo guerre causate dal climate change. Se vogliamo evitare le ‘guerre del futuro’, dobbiamo muoverci oggi per i cambiamenti climatici. Essere contro la guerra non è una scelta che si fa quando scoppia una guerra, ma prima. La finanza etica lavora in un’ottica di medio e lungo periodo. Nella storia della finanza etica, nel mondo, il primo fondo moderno con attenzione a ciò che oggi chiameremmo Responsabilità d’impresa fu il Pax World Fund dei Quaccheri negli Stati Uniti, negli anni ’30. Dopo sono arrivate le guerre nel Vietnam e il movimento pacifista che ha deciso di disinvestire dalle imprese che facevano affari con la guerra. In Italia il tema del pacifismo e di un approccio nonviolento alla risoluzione dei conflitti è sempre stato centrale, e fu determinante anche nella fondazione del Gruppo Banca Etica.

Ugo Biggeri, fondatore di Etica Sgr

È possibile essere contro la guerra anche attraverso le proprie scelte finanziarie?

Si può essere contro la guerra facendo in modo che i propri soldi non finanzino le bombe cluster piuttosto che gli armamenti che servono alle armi nucleari. Si può essere pacifisti non finanziando nessun tipo di arma offensiva. Etica Sgr lo fa da sempre, abbiamo tolleranza zero sul finanziamento delle armi da guerra. Non finanziamo la produzione e il commercio di armi, né quelle realtà che possiedono anche percentuali piccole di fabbriche di armi e neanche chi ha parti di fatturato che dipendono dalla collaborazione con la produzione di armamenti. È una scelta molto forte. È possibile essere contro la guerra attraverso le proprie scelte finanziarie dunque, non tanto per il piccolo o il poco che possiamo fare spostando singolarmente i nostri soldi, ma perché spostandoli in tanti si fa la differenza. Nell’agire comune si crea quella base culturale che poi renderà possibili cambiamenti politici. La scelta del piccolo consumatore è magari minimale rispetto ai grandi volumi mondiali ma è fondamentale per innescare il cambiamento culturale. Tutti i grandi cambiamenti sono partiti da pochi attivisti che sono diventati poi sempre di più fino ad essere maggioranza. Basti pensare al voto alle donne. La finanza etica è contro la guerra anche operando per evitare che nel mondo ci siano quelle cause di disuguaglianza che poi possono portare a crisi belliche. Mi riferisco, ad esempio, alle attenzioni sui cambiamenti climatici piuttosto che alla giustizia e all’equa distribuzione delle risorse nel mondo.

Si sente spesso che “sono molti coloro che si arricchiscono con la guerra”: che ne pensi?

La guerra crea disuguaglianze. Non possiamo dire che con le guerre si guadagna, le guerre in generale fanno perdere tantissimo. Però in finanza, dove si possono spostare capitali velocemente, quindi dove non hai il problema di avere una produzione, dove sposti le risorse da una attività ad un’altra, volendo, con la guerra si guadagna moltissimo perché basta investire in tutte le imprese che dalla guerra guadagnano – dalle industrie in armamenti alla difesa in generale. Nella guerra che stiamo vedendo, ad esempio, investire nell’estrazione di fossili, per quanto negativo, potrebbe portare guadagni nel futuro, perché potrebbero schizzare alle stelle anche i prezzi alla fonte. Si può fare soldi con la guerra e il mestiere della finanza non è fare i soldi laddove si fa meno male ma farli dove si fanno, che sia estraendo carbone o producendo armamenti. O noi gli diamo un indirizzo diverso oppure i soldi vanno dove si guadagna di più. Anche i nostri soldi, se non ce ne preoccupiamo.

Come si può combattere la guerra e difendere le parti più fragili di un conflitto con uno stile nonviolento?

È certamente molto difficile, abbiamo visto – devo dire anche una certa sorpresa- un Paese (l’Italia) improvvisamente diventato ‘guerrafondaio’, che ha dato importanza ad una risposta militare molto forte. Parliamo di aumentare le spese della difesa italiana, che non si capisce cosa c’entri con con questo conflitto, come possa aiutare a non avere guerre. Da questo punto di vista siamo tornati indietro rispetto agli anni ’70 e ’80, dove la consapevolezza del rischio di una guerra nucleare aveva fatto fare passi da gigante e aveva portato allo smantellamento anche di alcuni sistemi di armi. Nel ’95 c’è stata la messa al bando delle mine anti-uomo, un passaggio importante, invece ora sembra che che l’unica risposta sia quella bellica. Come dicevo prima, le risposte non si preparano nel momento in cui c’è la crisi bellica. Inviterei tutti a riflettere che non è che dando più armi a una delle parti si ridurranno la guerra, le sofferenze e i morti, perché è inevitabile che si abbia una escalation del conflitto. Sappiamo in questo caso che da una parte si può arrivare fino all’utilizzo di armi nucleari, quindi c’è da stare molto attenti a dare più armi per poter far finire una guerra. Non è mai successo che dando più armi le guerre finiscano. Questo non vuol dire che non sia ragionevole aiutare chi si difende, che si facciano le sanzioni economiche, che si intervenga alle Nazioni Unite. La parte di aiuto vero alle popolazioni è una parte importante di un percorso di risoluzione non violenta. È chiaro che se si mescola il fatto che contemporaneamente arrivano sia aiuti umanitari sia armi poi diventa più difficile  – anche mediaticamente – distinguere i piani. Non ci si improvvisa su questo, abbiamo una legge ‘morta’ in parlamento sui Corpi di pace, da 10 anni dovremmo avere formato gruppi di civili capaci nei conflitti di fare forza di interposizione non violenta. Ci sono anche i soldi, 9 milioni di euro, e non sono stati spesi: osservatori che impediscano violazioni dei diritti umani in una guerra non li prepari dall’oggi al domani.

Ha scritto 15 giorni fa Mao Valpiana, Presidente nazionale del movimento nonviolento, sul quotidiano il Manifesto che “La sintesi tra i due pacifismi, quello “profetico” e quello “concreto”, sta nella nonviolenza che si pone due imperativi: l’etica e l’efficacia”. Come può la finanza etica essere efficace contro la guerra?

In primis, come abbiamo detto prima, possiamo scegliere ‘cosa fanno i nostri soldi, cosa fanno la notte’, cosa fanno rispetto a un mondo in cui oltre a conflitti violenti ci sono fortissime disuguaglianze, paesi ricchissimi in cui la popolazione è poverissima. Dobbiamo lavorare per un ordine economico diverso a livello internazionale, è importante porsi queste domande quando si decide di investire: sto contribuendo a una situazione di ingiustizia oppure no? Farsi questa domanda è già qualcosa di efficace per costruire la pace. In questi momenti poi l’insegnamento che viene della nonviolenza ma anche dalla finanza etica – in Italia sono fortemente legate- è che si deve sempre cercare di non chiudere i ponti con la parte “avversa”. Paolo, tu ricordavi prima il conflitto balcanico: il conflitto ucraino ha una situazione che si legge più facilmente rispetto a quello che succedeva nei Balcani, c’è un aggressore. La nonviolenza ti insegna a cercare di capire le ragioni anche dell’aggressore, questo sforzo non viene fatto. Pur condannando senza se e senza ma e con forza l’intervento della Russia, è importante capire perché hanno sbagliato e hanno fatto una guerra. Questo sforzo di discernimento è tipicamente nonviolento e può aiutare a risolvere i conflitti. Trovo più pragmatico il presidente ucraino Zelensky, che fa il suo mestiere, attacca la Russia ma non chiude mai la porta, mentre sembra quasi che l’Unione Europea e gli Stati Uniti abbiano già chiuso la porta non soltanto ora ma anche in futuro, con sanzioni che rimarranno per sempre. Questo non aiuterà a risolvere il conflitto. Ecco, trattare è un imperativo della nonviolenza, cercare di capire le ragioni di tutti, anche di chi sbaglia, per dargli una via d’uscita. Se l’unica via d’uscita a cui pensiamo è che Putin cada e la Russia si arrenda, la guerra continuerà per molti anni e potrà peggiorare ulteriormente. Non possiamo fingere di non sapere che abbiamo di fronte uno Stato ben armato da un punto di vista nucleare. Tutto questo ha forse più a che fare con la nonviolenza che con la finanza, ma anche la finanza può fare molto oggi, puntando ad esempio maggiormente verso le energie rinnovabili (e non sui rigassificatori, che diventano in guerra dei potenziali bersagli).

 

Questo contenuto nasce in collaborazione con Etica Sgr, dal 2000 l’unica società di gestione del risparmio italiana che propone esclusivamente soluzioni SRI (dall’inglese Sustainable and Responsible Investment). Le soluzioni di investimento sostenibile e responsabile di Etica Sgr, si pongono l’obiettivo di creare opportunità di rendimento in un’ottica di medio-lungo periodo, puntando all’economia reale e premiando imprese e Stati che mettono in pratica azioni virtuose in materia ambientale, sociale e di governance (ESG).

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Milanese milanista, per Le Nius redattore e formatore. Comunica per Fondazione Arché, blogga per Vita.it. Persegue la semplicità e, nel cammino, interroga il suo tempo. Ha sempre da imparare. paolo@lenius.it
6 Commenti
  1. flavio attolini

    Vorrei tanto che essere contro la guerra fosse sufficiente, ma non lo è. Vorrei che tutti e tutte fossero favorevoli all'abolizione delle forze armate come ha scelto di fare nel 1948 la Repubblica di Costa Rica, inserendo tale scelta nella Costituzione emanata in quell'anno, destinando le risorse così risparmiate alla sanità ed alla scuola pubbliche, con particolare attenzione per l'educazione alla pace.

    • giorgio pietrobon

      il punto é che raccontarsi le favole non è ammissibile se in buona fede per fare la pace bisogna essere in due (o più..) e non aver altre armi che la propria convinzione equivale ad essere pronti a subire ef a far subite al proprio popolo ogni prevaricazione. in realtà se tu sei ben armato difficilmente ti aggrediscono e puoi cercare di far diminuire gli armamenti ma ogni passo unilaterale è pura follia ignavia o velleitarismo. ricordo che i massimi dispensatori di pace sono stati vittime dei propri convincimenti. la pace si costruisce non si invoca tantomeno pietisce. Buona serata a tutti e pace e bene

  2. Antonio

    Sono dell'avviso che se si costruiscono l Gli armamenti, Prima o poi spareranno, perciò sostegno che l'obbiettivo da porsi è il blocco e la crisi irreversibile dell'industria bellica mondiale. Grande utilità sia per privare i guerrafondai degli strumenti necessari,sia per eliminare la massima parte dell'inquinamento atmosferico.

  3. Anna

    Sono più che d'accordo. Ma per fare questo discorso, nessuno deve disporre di armi. Nessuno in qualunque parte del mondo. Non ci di può difendere porgendo l'altra guancia. Purtroppo le guerre sono atti di forza e il più forte vince sempre. Solo ad armi pari ci si può sedere intorno a un tavolo. Signori cari tutti, avete dimenticato che il lupo mangia sempre l'agnello.

    • Andrea

      La pecora vive la sua vita con la paura del lupo… ma a mangiarla sarà il pastore

  4. Giorgio Aldebrandi

    Sono d'accordo con chi ha detto che la Russia e l'Ucraina siccome sono due Stati indipendenti, se si sono messi a litigare è affare loro è i loro panni sporchi se li devono lavare loro. Anche perché le ripercussioni possono essere estreme e terribili. E chi non ha colpe devono rimane neutrali. Concludo con quello che disse uno dei più grandi uomini che siano mai esistiti per sottolineare la stoltezza dì Zelensky. "Se hai un esercito di 10.000 uomini e ti viene contro uno che ne ha 20.000. Dovresti inviare degli ambasciatori a chiedere la pace. Perché la sconfitta sarebbe inevitabile". Selensky stà portano la sua nazione e il suo popolo alla rovina più completa. Nessuno può competere con la Russia.

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