Cosa dicono i dati sulla cittadinanza in Italia22 min read

26 Aprile 2021 Cittadinanza Politiche migratorie -

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Sociologo

Cosa dicono i dati sulla cittadinanza in Italia22 min read

Reading Time: 17 minutes

L’Italia è il paese europeo con il maggior numero di acquisizioni di cittadinanza da parte di cittadini stranieri negli ultimi cinque anni. Oltre un milione di persone ha acquisito la cittadinanza italiana nell’ultimo decennio, di cui quasi 800 mila negli ultimi cinque anni.

Eppure da qualche anno si discute della necessità di riformare la legge sulla cittadinanza, riforma che è stata a un passo dall’essere approvata durante la precedente legislatura, ma che non è nel programma dell’attuale governo.

Puntualmente la questione della cittadinanza torna d’attualità di solito in seguito a episodi di cronaca o a uscite di politici, l’ultima quella del segretario del Partito Democratico Enrico Letta, a cui però poi non seguono fatti.

Un po’ di dati, e di interpretazioni, ci aiuteranno a comprendere meglio la questione, capire come mai così tante persone stanno diventando italiane proprio adesso, cosa sta cambiando nel tempo e che senso avrebbe, nonostante questo, una riforma della legge attuale.

Acquisizioni di cittadinanza in Italia e in Europa: dati a confronto

cittadinanza europa 2019

La crescita delle acquisizioni di cittadinanza in Italia tra il 2010 e il 2016 è evidente, a fronte di un andamento altalenante ma più continuo di paesi come Regno Unito, Francia e Germania. La Spagna fa un po’ storia a sé con l’impennata di acquisizioni tra il 2013 e il 2014.

Nel 2019 i nuovi cittadini in Italia sono 127 mila, contro i 159 mila del Regno Unito, i 132 mila della Germania, i 110 mila della Francia, i 99 mila della Spagna.

Di questi 127 mila nuovi cittadini, ci dice Istat, 45 mila sono minori, il 35%, e 61 mila sono gli under 40: una componente di popolazione quindi molto giovane. La ripartizione di genere favorisce le femmine, al 53%.

Le cittadinanze di origine più rappresentate sono quella albanese (26 mila acquisizioni, 20,5% del totale), marocchina (12,5%), brasiliana (8,4%) e rumena (8%). Crescono nell’ultimo anno i nuovi cittadini italiani con cittadinanza precedente albanese, rumena, macedone. Stabili i nuovi italiani da Marocco, Brasile e Senegal.

Dati sulla cittadinanza in prospettiva storica

cittadinanza italia 2019

Se guardiamo a una prospettiva storica, notiamo una crescita costante di acquisizioni di cittadinanza in Italia dal 2000 al 2016, anno del picco di oltre 200 mila acquisizioni, per poi calare nei due anni successivi e riprendere un trend in crescita nel 2019.

Ciò che cambia nel tempo è il motivo di rilascio della cittadinanza: se infatti ancora nel 2012 la tipologia più numerosa erano le cittadinanze concesse per residenza (37%), seguite da quella per matrimonio (32%) e trasmissione/elezione (31%), nel 2019 la prima tipologia è quella per trasmissione/elezione che sale al 45% delle cittadinanze concesse, poi per residenza (42%) e infine per matrimonio (al 13%), in netto calo.

Questa mutata configurazione ha a che fare con il fatto che sempre più minori acquisiscono la cittadinanza per trasmissione dai genitori o per elezione quando raggiungono il 18esimo anno di età.

A livello europeo (incluso il Regno Unito) 8,5 milioni di persone sono diventate cittadine di un paese dell’UE nell’ultimo decennio. Il Regno Unito comanda la classifica, ma ciò che è in atto è un processo di riequilibrio, e in particolare Italia e Germania sono in crescita e hanno superato il conteggio della Francia.

Stato 2010 – 2019
Regno Unito 1.606.222
Spagna 1.285.656
Italia 1.183.828
Germania 1.138.338
Francia 1.123.639

L’Italia in particolare ha uno dei tassi di crescita di acquisizioni di cittadinanza più elevato d’Europa nell’ultimo decennio (+93%), preceduta solo da Repubblica Ceca (+170%), Slovacchia (+145%), Finlandia (+123%), Malta e Svezia.

I paesi dove le acquisizioni di cittadinanza calano negli ultimi 10 anni sono Danimarca (-56%), Lettonia (-55%), Ungheria (-47%), Lituania (-35%), Estonia (-34%), Francia (-23%), Spagna (-20%), Regno Unito (-18%), Bulgaria (-17%).

Il rapporto nuovi cittadini / stranieri residenti

Un ulteriore dato molto interessante è il rapporto tra nuovi cittadini e popolazione straniera residente, che può essere un indicatore di diverse cose: di quanto interessi agli stranieri diventare cittadini del paese dove risiedono, di quanto sia facile arrivare alla cittadinanza, persino di integrazione se si considera l’acquisizione della cittadinanza un passaggio di integrazione.

cittadinanza stranieri 2019

L’Italia ha avuto nel 2019 un rapporto di 2,5, ossia il 2,5% degli stranieri residenti in Italia ha acquisito la cittadinanza, un rapporto in crescita rispetto al 2018, quando era al 2,2. In questa classifica svettano Svezia (6,9%) e Romania (4,1%), seguiti a distanza da Finlandia, Portogallo e Paesi Bassi.

Cosa significano questi dati?

I dati appena presentati hanno spiegazioni variegate ma in ultima istanza molto logiche. Ci sono le politiche degli stati, che determinano modi e tempi dell’acquisizione della cittadinanza, e le strategie delle persone, i comportamenti cioè delle persone straniere di fronte a politiche e percorsi di vita.

I dati sono legati ai contesti e alle politiche

La prima questione, molto pragmatica, è che la cittadinanza ha i tempi lunghi. I dati presentati sopra sono l’effetto di flussi di almeno 5-15 anni prima, il tempo che ci vuole, in base alle diverse leggi in vigore, per “trasformare” un immigrato in un cittadino.

L’Italia è un paese con una storia particolare in fatto di flussi migratori, che può essere paragonata solo a quella della Spagna. A differenza di altri paesi europei, che a partire dagli anni settanta hanno cominciato ad avere flussi di immigrazione abbastanza regolari, Spagna e Italia hanno per lungo tempo registrato flussi molto bassi, fino al periodo a cavallo tra fine anni novanta e inizio anni duemila, quando si è registrato un autentico boom.

La risposta politica è stata da una parte un inasprimento delle politiche migratorie del paese (la famosa legge Bossi-Fini del 2002), dall’altra una sanatoria senza precedenti che ha portato alla regolarizzazione di circa 700 mila persone presenti nel paese.

Il boom di richieste di cittadinanza di questi anni è figlio proprio di quel boom di ingressi e regolarizzazioni. Pensateci: il requisito attuale per poter chiedere la cittadinanza italiana è essere residenti stabilmente nel nostro paese da almeno 10 anni. Le persone entrate in Italia a fine anni novanta hanno quindi potuto iniziare a fare domanda di cittadinanza intorno al 2007-2008. Se considerate due o tre anni di procedure burocratiche e lenti e farraginosi processi di valutazione, ecco che la curva delle acquisizioni di cittadinanza inizia ad impennarsi nel 2010. Continua poi a crescere in modo esponenziale negli anni successivi, quando cominciano a chiedere la cittadinanza quei 700 mila regolarizzati tra il 2002 e il 2004.

Che magari avevano dei figli piccoli, o che nel frattempo li hanno fatti, figli che, purché minori al momento dell’acquisizione della cittadinanza del padre o della madre, hanno potuto diventare cittadini italiani anche loro.

Certo, non è un automatismo. Si può ottenere la cittadinanza per matrimonio, oppure per trasmissione. Si può naturalmente fare domanda anche dopo 15, 20, 30 anni di residenza in Italia. Però il numero di ingressi e regolarizzazioni dà un’indicazione credibile del trend delle nuove cittadinanze, che nelle stime resterà simile per i prossimi anni.

In altri paesi invece l’immigrazione è un processo più diluito nel tempo, che ha portato a dei bassi negli ultimi anni, ma che probabilmente riporterà degli alti nei prossimi. Pensiamo ad esempio al milione e passa di richiedenti asilo, di cui una buona parte divenuti rifugiati, accolti dalla Germania tra il 2015 e il 2016. Trascorsi gli anni necessari per la richiesta di cittadinanza (attualmente otto, anche se dipende dai casi), è facile prevedere che ci sarà un boom di richieste di cittadinanza tedesca.

dati cittadinanza italia
@Indrek Torilo

I dati sono legati alle scelte delle persone

Ma c’è di più. Perché non sono solo le politiche a determinare gli esiti in termini di numeri e comportamenti migratori, ma sono le strategie di vita dei migranti stessi ad anticipare o contraddire le politiche e risultare in dati, più o meno attesi. Cosa stiamo dicendo?

Che l’incremento delle acquisizioni di cittadinanza è dovuto anche a un mutato comportamento degli immigrati stessi, che tendono a chiederla sempre di più rispetto al passato e lo fanno, paradossalmente, proprio per lasciare l’Italia.

Sembra assurdo, e probabilmente lo è. Sono circa 37 mila i cittadini italiani di origine straniera che hanno lasciato l’Italia nel 2019 (il 30% degli emigrati italiani totali), di cui il 40% è rientrata al paese di origine e il 60% si è spostata in altri paesi Ue o extra Ue; è il caso dei molti italiani di origini africane emigrati in Francia, o di quelli nati in Asia emigrati nel Regno Unito.

Persone che non necessariamente si sentono di aderire alla comunità degli italiani, ma che vedono nella cittadinanza il mezzo più semplice per raggiungere i propri obiettivi migratori.

In Spagna, invece, le strategie dei migranti sono state diverse, nonostante una storia migratoria simile al nostro paese, come detto sopra. A determinare la differenza nel trend sulle acquisizioni di cittadinanza dopo il 2010 sono state proprio le diverse decisioni degli immigrati. La crisi economica ha colpito molto più duro in Spagna che in Italia, soprattutto i migranti che si sono trovati letteralmente senza casa, senza lavoro e senza alcuna prospettiva di riottenerli. Così tra il 2007 e il 2012 molti hanno preferito andarsene senza arrivare a chiedere la cittadinanza.

Che senso avrebbe una riforma della legge sulla cittadinanza?

I dati ci dicono quindi che prendere la cittadinanza italiana è possibile, visto che così tante persone la stanno prendendo. Ci dicono anche che i minori riescono a prendere la cittadinanza se nascono dopo che il genitore è diventato italiano. Perché allora ciclicamente si torna a discutere di una nuova legge sulla cittadinanza?

Chi sostiene la necessità di una riforma ritiene che essa debba essere pensata per un preciso gruppo di persone. Non per quel gruppo che, tra molte peripezie, può ottenere la cittadinanza dopo 10 anni, che diventano spesso 15, di residenza stabile sul territorio italiano.

Una riforma è necessaria per chi è nato e cresciuto in Italia ma non è nelle condizioni di poter diventare italiano. Si tratta di un gruppo che una ricerca di Fondazione Leone Moressa ha stimato in 800 mila persone, soprattutto minori i cui genitori non hanno i requisiti per la cittadinanza e che, quando li avranno, sarà troppo tardi, perché nel frattempo i minori saranno diventati maggiorenni e non potranno più “ereditare” la cittadinanza dai genitori.

Per questo gruppo di persone andrebbero introdotti i principi dello ius culturae e dello ius soli temperato, che consentirebbero rispettivamente a chi è entrato in Italia entro il dodicesimo anno di età e ha frequentato per almeno cinque anni la scuola italiana e a chi è nato in Italia da genitori stranieri di cui almeno uno con permesso di soggiorno di lungo periodo, di essere riconosciuto finalmente come cittadino italiano, con pieni diritti e pieni doveri.

Qui i nostri commenti alla legge sulla cittadinanza

Qui le storie di italiani senza cittadinanza

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Sociologo, lavora come progettista e project manager per Sineglossa. Per Le Nius è responsabile editoriale, autore e formatore. Crede nell'amore e ha una vera passione per i treni. fabio@lenius.it
24 Commenti
  1. sara

    non credo quella italiana sia la più restrittiva, in repubblica ceca ci vogliono 20 anni per ottenere la cittadinanza

    • Fabio Colombo

      Grazie del commento Sara, ma mi risulta che la richiesta di cittadinanza in Repubblica Ceca si possa fare dopo 10 anni di residenza legale. Non risultano paesi europei dove questo requisito sia maggiore di 10 anni.

  2. nia

    di tutti gli articoli che ho letto in questi mesi di vera lotta per ottenere un diritto che ci spetta senza se e senza ma, questo è sicuramente il più puntuale. Grazie per questa analisi, Nia

  3. Francesco

    Io sapevo che per ottenere la cittadinanza svizzera servivano 12 anni continuativi di residenza, e bisogna poter dimostrare di: saper parlare fluentemente una delle lingue ufficiali, conoscere gli usi e costumi locali ed essersi integrati nella vita svizzera. Non credo che in Italia sia richiesto di dimostrare qualcosa del genere giusto? Perciò penso sia lecito affermare che tale norma sia più restrittiva della nostra. Potrei sbagliarmi comunque.

    • Fabio Colombo

      Buongiorno Francesco, grazie del commento. Quando parliamo di Europa ci riferiamo in prima istanza all'Unione Europea, di cui la Svizzera non fa parte. È probabile che da qualche parte nel mondo ci siano leggi anche più restrittive. Comunque, sulla Svizzera risulta anche a ma quello che scrivi. C'è anche da dire però che gli anni tra i 10 e i 20 "valgono doppio", quindi per i giovani potrebbero bastare 6 anni. Proprio il principio che sta alla base della proposta di riforma italiana: facilitare l'accesso alla cittadinanza ai giovani.

      • Stefano

        È' facile lavarsi la bocca con paesi confinanti, con regole più restrittive, ma però NON appartenenti alla Comunità Europea ! Ma basta vedere i più permissivi paesi, che hanno dato fiducia a persone nord africane e dell'est, e hanno solo portato a casa il 90 per cento dei casi, PERSONE NON ASSOCIATE E GHETTIZATE E TANTISSIMA GENTE CHE A DELINQUERE, VIVE A SPESE DEL POPOLO. CHE NE HA I C...... PIENI. E poi spiegate a tutti i privilegi che questi, acquisiscono, che forse più di qualcuno vi manda al loro paese. Stefano

        • Fabio Colombo

          Buongiorno Stefano, non voglio sottovalutare le problematiche di integrazione e ghettizzazione che si verificano in molti contesti, ma sinceramente rimango sorpreso dal tuo dato: a quale realtà ti riferisci quando parli di "persone non associate e ghettizzate, a delinquere, che vive a spese del popolo" che secondo te sarebbero il 90% (ma di che cosa poi? degli stranieri? dei nuovi cittadini? delle persone "nord africane e dell'est")?

  4. daniele

    Nell'articolo non è considerato l'insussitenza di un termine obbligatorio per rispondere alla domanda di cittadinanza. In passato molti immigrati con il requisito dei 10 anni facevano domanda ma attendevano anche 6/7 anni per ottenere tale riconoscimento. Tale ritardo era una precisa scelta del Viminale, discrezione esercitata tramite le Prefetture con la giustificazione di svolgere approfonditi accertamenti. La situazione si è sbloccata dal 2010-2012 ed anche per questo motivo siamo in un ciclo ove il numero delle cittadinaze riconosciuto è schizzato alle stelle.

  5. Paola Ippolitti

    ok saremo piu' restrittivi...ma non mi importa...a casa nostra le regole le fissiamo noi..senza tenere conto degli altri... Qui lo IUS soli serve solo agli altri...gli italiani da piu' generazioni non lo richiedono affatto ...Si afferma che lo ius soli serve a sanare la situazione dei figli degli stranieri nati qui...ebbene sarebbe come dire che siccome ci sono gli spacciatori di droga tanto vale liberalizzarne il cosumo...se lo straniero sa che qui le regole sono severe el a cittadinanza e' impossibile da ottenere...automaticamente scegliera ' di non immigrare in ITALIA..quindi a noi conviene non riconoscere lo ius soli in questo modo,attraverso i respingimenti,avremo meno grane

  6. vittorio

    sono completamente d'accordo con la Sig.ra \ Sig.na Paola. Pensate che gli Italiani all'estero sono assogettati alle leggi e regole vigenti nelle Nazioni ospitanti. Poi non credo sia una buona cosa che chi viene ospitato e mantenuto possa dettare regole allo Stato Italiano quando gli Italiani ne sono assogettati. Per cio' che riguarda le nascite : se ci fossero veri servizi e aiuti per le mamme lavoratrici anche da noi ci sarebbe sicuramente un incremento demografico significativo. Un saluto Vittorio

    • Fabio Colombo

      Grazie del commento Vittorio. Non so però da dove trai l'informazione che i potenziali nuovi cittadini sono "ospitati e mantenuti": si tratta di persone, giovani soprattutto, che frequentano scuole e università italiane, che lavorano, che danno un contributo significativo alla crescita del nostro paese. Per il resto certo, auspichiamo come te che ci siano politiche che consentano alle famiglie di conciliare meglio attività lavorative e attività domestiche e di cura dei figli.

      • Michael NN

        Se legge meglio non ha scritto: "i potenziali nuovi cittadini". Questo interpretazione l'ha fatta lei; ha scritto: "chi viene ospitato e mantenuto". Basta leggere poi i bilanci dello Stato, quanto spende e quanto incassa nel complesso per TUTTI gli stranieri (oltre 10 mld solo in 3 anni per i migranti) e conoscere l'italiano.

  7. Antonio Passaro

    MI RIVOLGO A FABIO COLOMBO. MA DOVE VIVI ? OVUNQUE GUARDI CI SONO DIECINE CENTINAIA E DIREI MIGLIAIA DI NORD AFRICANI ED ALTRI CHE CHIEDONO L'ELEMOSINA O BIGHELLONANO IN TUTTA ITALIA A SPESE NOSTRE . GIRA PARTENDO DA ROMA E IN TUTTI I PAESI D'ITALIA, LO SPETTACOLO NON CAMBIA ANTONIO

    • Fabio Colombo

      Buongiorno Antonio, l'articolo riporta i dati sulle acquisizioni di cittadinanza, che riguardano cittadini stranieri che sono in Italia da almeno 10 anni in maniera stabile e regolare. Nel tuo commento forse ti riferisci alle persone arrivate in Italia di recente o presenti in maniera irregolare, per le quali il ragionamento è molto diverso. Il senso di scrivere articoli di analisi e approfondimento è ad ogni modo proprio quello di andare oltre quello che si vede in superficie, per individuare le dimensioni e le motivazioni politiche, sociali, economiche dei fenomeni.

    • Lettore_342223

      Lasci perdere. Lei ha facoltà e diritto, nei limiti consentiti dalla Legge e della buona educazione a manifestare le sue idee e le sue esperienze, lo stesso vale per il sig. Colombo e tutti gli altri a lui solidali. Solo che essendo il sig. Colombo contemporaneante voce in causa e mediatore del forum è come intentare una causa a qualcuno che è anche giudice della stessa causa. Ho letto molti articoli e alla faziosità di molte risposte viene prima o poi negata la replica con motivazioni di comodo. Quindi questo forum non è aperto ad un dibattito con voci, sempre nel rispetto della comunicazione, discordanti ma a della propaganda in cui se le argomentazioni soffocano questa propaganda queste vengono censurate nel nome della mancanza di costruttività argomentativa. Sugli stranieri ciascuno la pensi come vuole ma non cada nell'errore di generalizzare sia da una parte che nell'altra.

      • Redazione Le Nius

        Salve Lettore_342223 non ci troviamo in un forum dove c'è chi posta e chi modera, ci troviamo nella sezione Commenti di un articolo in cui l'autore interagisce con i lettori dell'articolo. Le regole di questa interazione sono legittimamente stabilite dalla Redazione che edita il blog.

  8. Mirza

    Sono arrivato da piccolo in Italia, avevo 5 anni. Mi ci sono voluti 17 anni per prendere la cittadinanza e l'impegno dei miei genitori nel seguire le regole e sa che c'è?? c'è che va benissimo così. Anzi è ancora una legge troppo permissiva che permette anche a chi non si sente italiano e non sa dire una parola di italiano di prendere la cittadinanza. Se è complicato il processo per prendere la cittadinanza a 18 dopo essere nati e cresciuti in Italia (e non mi sembra) semplifichiamolo, se i soggetti che ne potrebbero usufruire non sono ben informati, facciamo informazione. E se cmq non riescono a centrare la finestra tra i 18 e i 19 anni, il successivo scaglione di 3 anni non pone troppe problematiche. I visti dipendono dalla prontezza con la quale ti muovi, mai me ne hanno rifiutato uno e sempre ho viaggiato con i miei amici. In Erasmus ci sono andato da extracomunitario. Lo ius soli è una presa in giro che non fa che alzare ulteriormente il livello di conflitto sociale in un momento nel quale è gia ai massimi livelli e i confini nazionali tutt'altro che protetti.

  9. Bruno

    Sig. Colombo, la sua disamina mi sembra volutamente un po' una forzata! I conti non tornano! Mi riferisco in particolare al suo "caso pratico"; se un minore è nato in Italia ed ha 10 anni, molto probabilmente, almeno uno dei genitori è in Italia da almeno dieci anni, se non altro per accudire il figlio, e, quindi, potrà chiedere la cittadinanza ed ottenerla nel giro di massimo un paio d'anni ed automaticamente ottenerla anche per il minore (a meno che i genitori abbiano abbandonato il figlio appena nato, oppure dopo la nascita siano tornati nel paese di origine; nel primo caso sarebbe figlio di nn e quindi cittadino italiano, nel secondo caso niente avrebbero da pretendere se non l'inizio dell'iter burocratico). Ma quello che, a mio avviso, chiarisce bene tutti gli aspetti della questione è il Sig. MIRTA; oltretutto di parte essendo stato un extra comunitario!

    • Fabio Colombo

      Salve Bruno, grazie del commento. Il caso presentato poteva forse essere spiegato meglio, e ringrazio per la segnalazione. L'equazione 10 anni in Italia = cittadinanza è tuttavia scorretta. Sono necessari 10 anni di residenza, e non è detto che scattino dal momento in cui una persona arriva su suolo italiano (prima di stabilire una residenza potrebbero passare anni). Bisogna poi calcolare che l'iter di acquisizione è molto lungo, quindi possiamo considerare anche 15 anni tra la prima residenza in Italia e l'ottenimento della cittadinanza. Inoltre i genitori non sono necessariamente interessati ad ottenere la cittadinanza italiana oppure, per scelta o carenza di informazioni, non la chiedono esattamente alla scadenza del decimo anno ma anni dopo. Insomma, i casi sono tanti, il principio è che i figli non debbano essere necessariamente vincolati alle scelte e al destino dei genitori.

  10. gabriella

    Salve Fabio. ho letto con interesse l'articolo, e con una certa perplessità parte dei commenti. non capisco cosa voglia la gente che commenta: non informazione, altrimenti la acquisirebbe e ne farebbe tesoro. non un'interazione costruttiva, altrimenti si esprimerebbe in altro modo. voglia di far polemica a priori, sembrerebbe... ma hanno capito di aver letto un articolo di una persona preparata, che ha sicuramente investito parecchio tempo per elaborare i dati e interpretarli, e consultarsi con un esperto, ecc.? e soprattutto, hanno capito che questa persona si è resa disponibile ad un'interazione tutt'altro che scontata, dal momento che si tratta di un articolo pubblicato su un media online? boh! personalmente la ringrazio. la invito a non demordere, a continuare col suo bel lavoro, dentro e fuori la redazione. e ben vengano gli stop ad esternazioni che nulla hanno a che fare con il lavoro svolto, ma con un senso frustrante di ricerca di capro espiatorio a priori, sempre e comunque, di qualunque argomento si parli e con qualsiasi tesi sostenuta. anche quando non si sostiene una tesi, ma semplicemente si fotografa una realtà. grazie

    • Fabio Colombo

      Grazie a te Gabriella, porseguiamo il lavoro anche grazie a commenti come il tuo :)

  11. fulvio

    rispondendo a stefano: Pensi di avere privilegi ad essere un cittadino italiano? o sono diritti e doveri Pensi che uno straniero che diventa cittadino italiano abbia più "privilegi" di te? Non pensi che l'attuale situazione sia dovuta alla mancanza di riconoscimento, almeno come persone, e alla negazione dei diritti fondamentali degli immigrati. Fascistucolo da operetta guarda che il mondo non funziona così. Oltretutto il vero fascismo era figlio di una cultura ed un'ideologia che in moltissimi casi non ha più ragione di esistere ormai assorbita da altre correnti di pensiero.

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