Danilo Gallinari, the chosen eight10 min read

11 Marzo 2016 Uncategorized -

Danilo Gallinari, the chosen eight10 min read

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danilo gallinari
Danilo Gallinari | @sportnonstop.it

Il rapporto tra Palermo e il Basket è sempre stato difficile.
I giocatori professionisti prodotti nella Conca d’Oro negli ultimi anni si possono contare sulle dita di una mano, così come il numero di squadre partecipanti a campionati LNP. È raro poter assistere, per un appassionato panormita, a della pallacanestro d’alto livello.

Nel 2004 la FIP (Federazione Italiana Pallacanestro) decise di assegnare proprio a Palermo una delle Finali Nazionali Giovanili, quella Cadetti. Tra le squadre favorite c’era l’Assigeco Casalpusterlengo, guidata da quel Pietro Aradori che abbiamo imparato a conoscere molto bene negli ultimi anni, tra Serie A, Eurolega e, soprattutto, Nazionale.

Nonostante l’infortunio patito dallo stesso durante la fase eliminatoria, la squadra lodigiana arriva alla finale del PalaOreto, da disputare contro la Campus Varese, detentrice del trofeo.
Casalpusterlengo parte benissimo, trascinata da un giovanissimo lungo che gioca come un esterno. Ero particolarmente colpito dalla sua data di nascita, letta nella guida ufficiale del torneo: 8 agosto 1988.

Avendolo visto giocare nelle partite precedenti, ed essendo nato anche io l’8 di agosto, feci carte false per poter fare il “pulisci campo” durante la finale. Quel ragazzino era molto bravo, segnò 22 punti nei primi tre quarti trascinando, insieme all’amico Mitchell Poletti, la sua Assigeco fino al +9 a inizio ultimo periodo. Varese fu però in grado di stringere le maglie in difesa, limitando il bravino dell’Assigeco a 0 punti negli ultimi 10 minuti e, affidatasi alla vena realizzativa di uno strepitoso Davide Rosignoli (33 punti), riuscì a confermare il titolo nazionale Cadetti.

Finita la partita, volsi il mio sguardo sulla panchina di Casalpusterlengo: quel ragazzo, che sarebbe stato di lì a poco nominato MVP del torneo, era seduto, con le mani in faccia, a piangere. Inconsolabile.

Pur sicuro di un rifiuto sdegnato, appoggiai lo spazzolone alla base del canestro e mi avvicinai a lui con in mano una penna e l’unico pezzo di carta che ero riuscito a trovare in tasca, strappato da un quaderno di scuola giorni e giorni prima. Avrei voluto dirgli “anche io sono nato l’8 agosto”, ma fui in grado soltanto di dire il mio nome: non riuscii neanche a chiedergli l’autografo con le parole, lo feci a gesti.
Lui, gentilmente, firmò subito:

Con simpatia a Ennio, Danilo Gallinari.

danilo gallinari

La scalata italiana di Danilo Gallinari

Quella sera del PalaOreto per il figlio di Vittorio segnò la fine della sua carriera “giovanile”: dopo l’estate Danilo avrebbe giocato in B1, con la stessa Assigeco, per poi debuttare in Legadue con Pavia (e vincere il premio di MVP del campionato, a neanche 18 anni compiuti) e in Eurolega con Milano nella stagione 2005-06.
Bastava guardare giocare il Gallinari di 10 anni fa per capire di essere in presenza di quello che negli Stati Uniti viene chiamato Chosen One, Prescelto, Predestinato.

https://www.youtube.com/watch?v=LtZL78LiAAo

Non aveva 20 anni. Venti

L’impatto di Gallinari sul campionato italiano è devastante. Se nella prima stagione viene nominato miglior giocatore Under 22 della Serie A, l’anno dopo ne diventa addirittura l’MVP, al termine di una stagione da oltre 17 punti di media.

Viaggiando indietro nel tempo, ci si rende conto di essere in presenza di un predestinato anche solo guardando alle sue parole dell’epoca: nel dicembre 2007, nel pieno della stagione che lo consacrerà come Rising Star dell’Eurolega, miglior giocatore Under-22, emerge un ritratto di un Danilo insaziabile, sempre alla ricerca di qualcosa di più: “Quale qualità di mio padre vorrei? Tutti i suoi trofei.” oppure “Cosa pensi dell’Eurolega? Mi aspettavo un livello più difficile”, quasi a presagire una mentalità sempre e costantemente rivolta alla NBA.

L’NBA a vent’anni

danilo gallinari draft
@nba.com

Propio l’NBA, dopo alcuni anni di osservazione (scout americani cominciarono a seguire il Gallo già nel 2005), diventa la casa del nativo di Graffignana il 26 giugno del 2008, a neanche 20 anni.

In un Draft a posteriori ricco di talento e nomi interessanti (in top 5 abbiamo Derrick Rose, Russell Westbrook e Kevin Love), Gallinari viene scelto alla 6 dai New York Knicks di Donnie Walsh e, soprattutto, Mike D’Antoni, che del Gallo Sr. fu celebre compagno di squadra.

Danilo Gallinari è il primo tra gli internationals e l’unico giocatore non americano tra le prime 19 pick; nonostante la sua chiamata non venga accolta con entusiasmo da parte dei tifosi Knicks, c’è molta curiosità tra gli addetti ai lavori nel vedere all’opera questo giocatore così speciale, dall’enorme potenziale.

Il debutto di Danilo in NBA avviene a Las Vegas, per la tradizionale Summer League di Luglio. Quell’esordio, contro i Cleveland Cavaliers, segnerà una tappa importante della carriera del Gallo, che si infortuna alla schiena durante un contrasto di gioco con Robert “Tractor“ Traylor, protagonista di una delle storie più sfortunate dell’NBA degli ultimi anni. Danilo finirà la partita, giocando anche un buon secondo tempo, ma a causa di quello scontro salterà il resto della Summer League e tutta la Preseason con i Knicks, riuscendo a ritagliarsi un ruolo in rotazione solo a metà gennaio, faticando ad inserirsi. La stagione da rookie del Gallo finisce a marzo, con solo 412 minuti giocati in 28 partite.

La successiva operazione e la riabilitazione consegneranno ai Knicks un giocatore finalmente pronto a dire la sua anche in NBA, con D’Antoni che ritaglia attorno al suo numero 8 un ruolo da tiratore scelto. La mossa funziona, specialmente dal punto di vista fisico: Gallinari gioca 81 partite su 82 della sua stagione da sophomore a 34 minuti di media (il terzo giocatore più utilizzato dei Knicks dopo David Lee e Wilson Chandler), in cui registra 15 punti a partita, con un rispettabilissimo 38,1% da tre punti.

Il Gallo è il secondo miglior giocatore della stagione per tiri da 3 segnati con 186 dietro il solo Aaron Brooks a 209, e ancora oggi è tra i primi 5 sophomore di sempre (quarto, dietro solo a Korver, Lillard e Klay Thompson) per triple segnate in stagione. La sua mira gli consente di partecipare alla gara del tiro da 3 punti all’All Star Weekend di Dallas, prima storica volta per un italiano.

Dopo l’estate di The Decision, i Knicks si presentano ai nastri di partenza della stagione 2010-11 con ambizioni rinnovate, decisi a riconquistare quella partecipazione ai Playoff che mancava ormai da quel 2004 in cui il Gallo incantava il giugno palermitano. New York finirà la stagione col primo record positivo dal 2001, risultato considerato come l’obiettivo quasi minimo a inizio stagione: la squadra formata attorno ad Amar’e Stoudemire, pezzo pregiato della Free Agency, convince. Ma durante l’inverno NBA continuano ad echeggiare, sempre più insistenti, le voci di un Carmelo Anthony scontento a Denver e desideroso di ritornare a casa, nella sua New York o, al limite, nel vicino New Jersey.

La nuova sfida del Gallo: Denver

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I Knicks vincono la battaglia con i Nets, anche se con uno scambio che oggi, 5 anni dopo, viene considerato meno conveniente di allora: a New York arrivano Carmelo Anthony, un Chauncey Billups in ampia parabola discendente, Anthony Carter, Renaldo Balkman e Shelden Williams; a Denver arrivano Danilo Gallinari, Raymond Felton, Wilson Chandler e Timofey Mozgov, oltre alla scelta 2014 (poi finita a Philadelphia dopo la maxitrade per Dwight Howard) e al diritto di scambiare la scelta con gli stessi Knicks nel prossimo draft a fine giugno.

Se New York, con Melo, non andrà oltre la semifinale di Conference 2013 (vincendo 1 partita di Playoff su otto tra 2011 e 2012), trovandosi costretta a ricostruire di nuovo per ritornare ad essere una contender al titolo NBA (anche a causa del degenero fisico di Stoudemire), Denver non peggiora la sua situazione senza il suo giocatore franchigia, con George Karl che riesce a costruire una squadra dallo spiccato talento offensivo, valorizzando Danilo Gallinari anche al di là di un “semplice” da tiratore, ruolo che già stava cominciando a venire meno nella prima parte della terza stagione ai Knicks.

È il 2013, e per Danilo tutto sembra andare per il filo giusto. I Nuggets volano, e lui sta onorando la prima stagione dell’estensione contrattuale da 42 milioni di dollari in 4 anni con una stagione da oltre 16 punti di media, che ne fanno il secondo miglior realizzatore in una squadra che finirà la stagione con 57 vittorie.

Gallinari si approcciava alla stagione 2012-13 con tanta voglia di riscatto, soprattutto dopo una deludente gara 7 persa l’anno prima con i Lakers: i risultati facevano decisamente ben sperare. Tra quella serata del PalaOreto e il 4 aprile 2013 ci sono 3210 giorni. Denver, in lotta per il terzo seed ad Ovest, riceve i Dallas Mavericks, in disperata rimonta per i playoff.

È la 76esima partita stagionale, alla quale Danilo Gallinari si presenta con 70 partite disputate fino a quel momento: il numero più alto dopo la già citata stagione da sophomore. Dallas porta bene al Gallo: nell’ultimo incontro tra le due squadre ha stabilito il suo career high fino a quel momento con 39 punti, superando i 37 segnati nel primo ritorno al Madison Square Garden dopo “quella” trade.
A metà secondo quarto, con 9 punti (e 3/7 dal campo), Gallinari decide di tentare fortuna penetrando dentro l’area. Finisce così.

Dopo aver saltato i Playoff 2013 (in cui i Nuggets si faranno sorprendere dalla prima versione dei Golden State Warriors) e l’intera stagione 2013-14, Danilo Gallinari ritorna a giocare in Regular Season il 29 Ottobre 2014, 573 giorni dopo. A Denver sono cambiate molte cose: è andato via Andre Iguodala, proprio a quei Golden State Warriors, ma soprattutto è andato via, per i suoi problemi di salute, coach George Karl, sostituito dal debuttante Brian Shaw, che esordisce con 36 vinte e 46 perse nell’anno “sabbatico” di Danilo.

Chiuso da Afflalo e Chandler, Gallinari gioca sì tutte le prime 21 partite stagionali di Denver, andando però oltre i 30 minuti in campo soltanto in un’occasione. Dopo aver saltato 14 partite consecutive a cavallo tra Dicembre e Gennaio, Gallo troverà stabilità fisica (nella seconda metà di stagione salterà soltanto 5 partite – tutte perse da Denver – delle 39 “disponibili”), ma faticherà ad esprimersi al meglio sotto la guida di coach Shaw. La musica cambia a inizio marzo, col licenziamento dell’ex assistente di Phil Jackson ai Lakers e la promozione del vice Melvin Hunt, del quale Gallinari bagna l’esordio con un winning effort da 26 punti contro i Bucks.

Il finale di stagione del Gallo è assolutamente positivo: spiccano i 40 punti segnati a Orlando e, soprattutto, i 47 punti segnati contro Dallas, alla prima partita giocata dal Gallo contro i Mavs da quel 4 aprile. Quei 47 punti, oltre a rappresentare la migliore prestazione di sempre di un italiano in NBA, fanno di Danilo Gallinari il settimo giocatore della lega per punti in una partita in stagione.

Dopo un’Europeo da candidato MVP, il 2015-16 incorona Danilo Gallinari come assoluto Franchise Player dei giovani Nuggets, ripartenti con un nuovo coach (Mike Malone) e un nuovo play (il giovane Emmanuel Mudiay).

Se i primi due mesi di Regular Season facevano ben sperare, da Gennaio abbiamo assistito alla definitiva esplosione di Gallinari come attaccante di livello assoluto NBA: mai sotto la doppia cifra (complessivamente solo 3 partite su 53 con meno di 10 punti segnati), la grande capacità di subire falli e guadagnarsi tiri liberi fanno del numero 8 dei Nuggets un giocatore dall’elevata efficienza offensiva, anche a discapito di percentuali al tiro abbastanza altalenanti. Ci è voluto un nuovo, ennesimo, infortunio per mettere un freno alla stagione della rinascita, ma Danilo Gallinari tornerà ancora, e sarà un fattore.

Complice l’abbondanza nella concorrenza e il record negativo di Denver è forse ancora presto per parlare di Danilo come possibile All Star (al di là di campagne campanilistiche), ma certamente la strada è giusta.

Quella che porterà Danilo Gallinari, da Graffignana e dal PalaOreto di Palermo, ad essere conosciuto come il miglior giocatore italiano di tutti i tempi.

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Nato a Palermo nel 1992 e cresciuto in Uruguay a Montevideo, una vita universitaria tra Milano e Londra. Dopo un Master in Media cerco di farmi strada nel mondo dei miei sogni e divido la giornata tra l’NBA, Netflix e il viaggiare con la fantasia. Manu Ginobili è il mio eroe, ed Emma Watson ha cambiato la mia vita. Sogno di fare il giornalista sportivo da quando credevo ancora a Babbo Natale, e a volte mi chiedo se non fosse stato meglio sognare di fare il calciatore.
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