Creste e perizomi: quando la subcultura diventa mainstream4 min read

20 Marzo 2014 Società -

Creste e perizomi: quando la subcultura diventa mainstream4 min read

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@Marilyn Roxie

Ciclicamente il tema della prostituzione va ad occupare le prime pagine dei giornali e ad infiammare le piazze di dibattiti, virtuali e non. Nel recente caso delle baby prostitute, le indagini hanno rivelato una rete di prostituzione e spaccio di cocaina allargata a macchia d’olio nelle principali città italiane.

Anche in Parlamento, più o meno timidamente, questo tema ogni tanto si ripropone in chiave di possibile legalizzazione della prostituzione. I bordelli italiani sono stati regolamentati fino al 1958, poi con la legge Merlin, tipico esempio di legge bizantina, sono diventati illegali, nonostante la prostituzione non sia mai stata considerata illegale in sé. L’illecito riguarda infatti lo sfruttamento e l’adescamento, il che in ogni caso non permette nessuna forma di regolamentazione del fenomeno. Il reportage pubblicato su Le Nius è un ottimo approfondimento, anche se io proverò ad utilizzare un’altra chiave di lettura.

Alcuni studiosi dei fenomeni sociali hanno affrontato il tema della prostituzione da un punto di vista che, a mio avviso, ci permette di fare delle considerazioni interessanti sul mutamento culturale che negli ultimi vent’anni ha progressivamente investito l’Italia. Il propulsore di tale mutamento è stato il “modello prostitutivo” avallato dalla “cattiva maestra” televisione commerciale, che per la maggioranza degli italiani è stata ed è la principale fonte di informazione. Un mutamento che secondo Nanni Moretti è passato addirittura attraverso “la creazione di un sistema di disvalori”.

Insomma, niente di nuovo sotto il sole. Ma la chiave di lettura che considero interessante parte da questa considerazione: la cultura dominante, a sua volta dominata dal mercato delle merci, padrone anche della televisione commerciale per mezzo della pubblicità, fagocita gli elementi più ghiotti delle sottoculture o delle controculture di alcune minoranze marginali e le trasforma in elementi della cultura di massa, quindi in articoli alla moda.

Faccio subito un esempio. Qualche giorno fa passando davanti ad un salone di parrucchiere ho notato un avviso che diceva:

“Tendenze capelli autunno-inverno 2013-2014: creste punk e look grunge. Lo stile punk è una delle tendenze dominanti”.

Questa è quasi da manuale: la subcultura punk che fin dalla sua nascita negli anni settanta si è imposta con i suoi caratteri sovversivi, con il rifiuto per qualsiasi forma di controllo, tra cui il controllo sociale esercitato dai mass-media, oggi offre il suo stile a calciatori, giovani signore alla moda e tronisti. La regia di questo processo, naturalmente, è del sistema economico attuale, che per comodità possiamo continuare a definire capitalistico.

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@skyenicolas

Anche la sottocultura della prostituzione trova continui e importanti collegamenti e forme di integrazione con la cultura dominante. Del resto, come già si è scritto su queste pagine, è una questione di cultura.

Come sottolineato dal sociologo Charlie Barnao in alcuni sui lavori, dal mondo della prostituzione si sono aperti canali attraverso i quali passano oggetti e modelli comportamentali che giungono al mondo della moda. Esempi ce ne sono molti.

Oggetti: pensiamo al perizoma, che oggi è un indumento intimo molto diffuso, ma che nasce alla fine degli anni trenta nei bordelli newyorkesi, quando un’ordinanza del sindaco Fiorello La Guardia impose alle prostitute, che erano spesso completamente nude, di “vestirsi un po’ di più”. Le prostitute si inventarono dunque un mini slip, il perizoma appunto, per poter continuare a lavorare.

Modelli comportamentali: il divertimento serale nei locali mostra che si adottano sempre di più comportamenti che sembrano mutuati dal mondo dei night club e degli strip club. L’interazione tra uomo e donna nei bar segue il rituale di seduzione che prevede comportamenti ben precisi nel bere insieme. L’uomo, generalmente, si propone di offrire da bere alla donna che ha conosciuto nel locale e mentre bevono insieme i due interagiscono e si mettono d’accordo sull’eventuale prosecuzione dell’interazione con un altro drink offerto. Il gesto di offrire da bere, simbolicamente, conferma l’interesse dell’uomo verso la donna, la quale, a sua volta, mette in atto determinate strategie per continuare a farsi offrire ulteriori bevande. Questo rituale è molto simile a quello che si osserva nei nightclub fra clienti e spogliarelliste, le quali guadagnano di più se riescono a farsi offrire di più, perché lavorano a percentuale. Così come la spogliarellista, anche le donne che si fanno offrire da bere guadagno qualcosa, ma si tratta del loro valore sociale all’interno del circuito dei locali, che è maggiore in base alla capacità di farsi offrire da bere.

Quindi mi chiedo, cosa succede quando questo processo culturale, spinto dal sistema economico attuale, investe sempre di più un fenomeno come la prostituzione, una prestazione sessuale a scopo di lucro che già di per sé si configura come una transazione commerciale? Semplicemente diventiamo tutti un po’ più troie?

Il tema è molto complesso e la discussione è aperta. Non so esattamente perché, ma mi viene in mente la battuta di Charles Bukowski:

“Il capitalismo è sopravvissuto al comunismo. Bene, ora si divora da solo”.

Forse perché la trasformazione del corpo in merce, in una suo forma estrema, non può che richiamare il cannibalismo.

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Sociologo, è co-fondatore di ProfessionalDreamers, casa editrice che promuove ricerca sulle relazioni tra spazio e società. Lavora nel non profit e collabora con la casa di produzione indipendente Jump Cut. Non si capacita che Rimbaud abbia smesso di scrivere a diciannove anni.
3 Commenti
  1. pier

    Molto acuto questo post Avevo notato anch'io lo sdoganamento da un paio d'anni della cresta punk in quei ''maitre-a-designer'' che sono i calciatori (Hamsik forse il primo, poi ElSharaawy, ora anche Vidal ecc.); e sulla subcultura della prostituzione che si allarga ad altri, inconsueti spazi sociali, beh, basta guardare all'overdose di intimo femminile, alla moda dell'addio al celibato in un certo modo, alle escort nel web...tutto tende a confondersi. Da un lato, quella che era autentica, violenta trasgressione (il punk) viene cooptata nel mondo ''normale'' (?) della moda e del costume, e la trasgressione è così depotenziata, svuotata dall'interno. Dall'altro, come dici bene in finale, c'è la tendenza del mercato a far mercato di tutto, senza fine, senza limiti e, soprattutto, senza umanità.

    • Andreas

      Ciao Piergiorgio, sono contento che trovi il mio post interessante. Penso che in qualche modo si integri con il tuo ottimo reportage, infatti ho pensato di citarti. Non ci avevo pensato alla questione dell'addio al celibato, gli esempi che fai prendono in pieno quello che volevo dire.

    • Indaco

      ....infatti proprio per quella insidiosa modalità del pink washing che ormai fagocita tutte le subculture, i superstiti della cultura punk (non si è punk solo perchè si porta una cresta colorata) ormai non sono più riconoscibili dal taglio dei capelli o dal tipo di abbigliamento. Le subculture oggi sono riconoscibili spesso solo dal modo divivere e dalla loro filosofia...tutto quello che un tempo era una modalità di trasgressione e di ribellione al capitalismo ovvero al consumismo oggi è diventato "clonabile" dal consumismo stesso per essere adoperato come suo strumento per invogliare proprio quel consumo che si volevo originariamente contestare. L'unico strumento nelle mani di chi si vuole ribellare al consumo è quello di non consumare o di consumare meno possibile e quindi di non farsi adescare dal consumismo.

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