Tre o quattro cose che mi restano di Roma–Torino2 min read

10 Novembre 2014 Uncategorized -

Tre o quattro cose che mi restano di Roma–Torino2 min read

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Io a Torino ci ho vissuto, nel 2008, per sette mesi.

Chiaramente mi sono subito dichiarato simpatizzante granata e sono pure andato un paio di volte sul Superga a rendere omaggio al grande Toro e tramite un giro di conoscenze ero riuscito ad avere un autografo del grande Claudio Sala che più o meno recita così: A Coso, cuore giallorosso con affetto un poeta granata, Claudio Sala.

Ecco, tutto questo per dire che il Torino a me sta simpatico e quando la Roma gioca con squadre simpatiche tutto sommato mi prende sempre bene. Poi se vinciamo, chiaramente, meglio.

Questa partita, perfetta per una sacco di motivi che non sto qui a dirvi sennò sembrerei decisamente troppo serio, mi ha lasciato diversi fotogrammi su cui penso che rifletterò parecchio.

Ashley Cole. Ma non sembra pure a voi, con quella barba e con quei capelli, un ballerino del Bagaglino spedito all’isola dei famosi? A me lui piace molto e al contrario di molti credo che ci tornerà utile nel corso della stagione. Però non faccio altro che ridere ogni volta che lo vedo. Mi aspetto che da un momento all’altro inizi a litigare con Malgioglio per una noce di cocco o altre simili amenità.

Seydou Keita. Essere Seydou Keita. Se un giorno dovessi scrivere un libro, a prescindere dalla tematica trattata si chiamerà così. Pure se dovesse essere un libro di ricette. O erotico. O un romanzo di formazione. Segna. Corre. Bacia la maglia. Bacia lo stemma, la Lupa. E tu lo ami. Perché se non lo ami non c’hai capito proprio niente. Poi segna Ljajic che prova a fare un gesto tipo “stateve zitti” verso la tribuna e arriva LUI e lo fa stare buono. Corre, assiste, segna, bacia ed educa. Fate voi. Io intanto gli faccio una statua.

Francesco Totti. Che c’ha 38 anni. Ha segnato più gol lui di quanto potranno le prossime quattro generazioni di attaccanti romanisti, ma non gli va ancora di smettere. E vederlo, ribadiamolo, a 38 anni incazzarsi per una sostituzione a me, me piace un sacco.

Kevin Strootman. S’era fatto male in una serata balorda in una Napoli balorda otto mesi fa. Che io lo confesso quando l’avevo visto per la prima volta scendere in campo con la maglia numero 6 un po’ c’ero rimasto male. Che quando l’avevo visto tirare i rigori quando in campo non c’era il Capitano, un po’ c’ero rimasto male. Poi è bastato poco e ha conquistato la mia fiducia, ma poi della mia fiducia il popolo romanista se ne frega pure, in fondo. Ha conquistato quella dei suoi compagni. Oggi è tornato un punto fermo nel centrocampo della Roma e mentre io mi impegno a mantenere un profilo basso e a fingere che quest’anno lottiamo per il terzo posto insieme a Inter, Napoli e Lazio sapere che abbiamo rimesso la lavatrice al centro dello spogliatoio mi esalta. Decisamente.
Daje Kevin!

Immagine| it.ibtimes.com

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Anche noto come Coso. Classe 1981, attualmente in vita. Nasce brutto e povero e non potendosi permettere di cambiare vita chirurgicamente è costretto a vendere il suo corpo al giornalismo, ma nessuno se lo compra. Casca, si rialza, non se rompe. È tipo il pongo. Scrive cose, fa lavatrici.
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