5 cose da fare in Norvegia9 min read

22 Novembre 2016 Viaggi -

5 cose da fare in Norvegia9 min read

Reading Time: 7 minutes

1. Cose da fare in Norvegia: invidiare i bambini nei Giardini Reali di Oslo

cose da fare in norvegia
@leonardo piccione

– Mamma, come fa l’aereo a volare?
– Guarda, Lilli, per prima cosa accelera tantissimo. vedrai, tra poco correremo come non hai mai visto correre nessuno.
– Più veloce di Bolt?
– Molto, molto più veloce di Bolt, Lilli.

I bambini, specie se neofiti dell’aeromobile, non sono la categoria di vicini di volo che tendo ad accogliere con maggior giubilo. Chiassosi, sempre troppo entusiasti, smodatamente prodighi di domande. Credo che la mia insofferenza dipenda fondamentalmente dal fatto che io sia invidioso di loro: avrei voluto anch’io avere accanto a me la mamma, quando ho preso l’aereo per la prima volta nella mia vita.

– Visto, Lilli? Ora stiamo volando, come Mary Poppins.
– Ma Mary Poppins abita su una nuvola?

A me, che dopo quel primo appuntamento con un Boeing ho affinato il mio autocontrollo al punto che il volo non mi appare più moto forzato bensì bisogno fisiologico, la Norvegia appariva da qualche tempo destinazione necessaria. Per una questione quasi ontologica, verrebbe da dire: Roald Amundsen, l’esploratore più mirabile di sempre, era norvegese. Nel 1910 salpò a bordo della Fram per diventare il primo a raggiungere il Polo Nord; strada facendo gli dissero che Robert Peary l’aveva battuto sul tempo, e lui sapete che fece? Girò la nave e fece rotta verso sud, diventando il primo uomo a raggiungere l’Antartide. Sublime. Il povero Roald morì qualche anno dopo (in un incidente aereo…) nel tentativo di portare soccorso all’equipaggio del Dirigibile Italia, precipitato nel mare di Barents. La sua Fram è diventata oggetto di esposizione in uno dei musei più vibranti di Oslo.

Bello sarebbe diventare come Amundsen, viaggiatore in sé. Oppure – perché no – come Thor Heyerdahl, che alla nave preferì una zattera: nel 1947 attraversò il Pacifico dal Perù alla Polinesia sul Kon-Tiki, nove tronchi di balsa accostati tra loro, al solo scopo di dimostrare che la colonizzazione dell’arcipelago oceanico poteva essere avvenuta ad opera di popolazioni sudamericane. Tenace.

E che bello sarebbe anche ereditare un pezzetto dell’ironia suprema di Henrik Ibsen, lui che esalò l’ultimo respiro rivolgendosi all’infermiera che gli aveva appena detto di aver notato un miglioramento nella sua salute: rispose con un serafico “Al contrario”. Ci sarebbe da imparare pure dall’autostima di re Cristiano IV: nel 1624 cambiò nome alla futura capitale norvegese, ribattezzandola Christiania in un moto di umiltà. Amundsen, Heyerdahl, Ibsen, Munch: tutti sudditi di un sovrano che anche stamattina sta consentendo a decine di bambini di giocare a nascondino a dieci metri dal suo uscio, nel verde impeccabile dei giardini reali. Tra loro mi sembra di avere appena scorto anche Lilli, la mia vicina di volo preferita, con la sua mamma e quel faccino amabilmente insopportabile.

CONDIVIDI

Nato nella Murgia barese 29 anni fa, da allora vaga in cerca di un ramo dove sedersi a riflettere sull'esistenza. Le sue principali fonti di ispirazione sono i cinema di venerdì, le biciclette in salita, le bussole che puntano ad Ovest, i pub di Oxford e l’Islanda, dove un giorno è finito dentro un vulcano. Ogni tanto prova a raccontare storie di sport e varia umanità in giro per l'internet.
Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

TORNA
SU