Cosa vuol dire gentrification? Cause ed effetti di un fenomeno contemporaneo10 min read

20 Gennaio 2015 Città -

Cosa vuol dire gentrification? Cause ed effetti di un fenomeno contemporaneo10 min read

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cosa vuol dire gentrification

Dopo esserci occupati di città duale e diritto alla città, cerchiamo di capire cosa vuol dire gentrification, una parola che descrive un fenomeno tipicamente urbano della società contemporanea.

Ogni società produce una propria tipologia di spazio. È questo, in estrema sintesi, il punto di vista attraverso il quale il sociologo francese Henry Lefebvre cercava di comprendere il più importante sistema di organizzazione che l’umanità è stata in grado di darsi: la città.

In questa prospettiva è possibile guardare all’evoluzione di ogni città come il susseguirsi e lo stratificarsi di spazi prodotti da vari tipi di società che l’hanno abitata. Gli spazi fisici che attraversiamo quotidianamente sono quindi molto più del semplice addossarsi di strade, piazze ed edifici; sono il risultato di una produzione sociale.

Qui si inserisce il nostro ragionamento su cosa vuol dire gentrification. A partire dagli anni sessanta e settanta l’urbanizzazione ha intrapreso, in vario modo a seconda dei contesti nazionali e regionali, nuovi percorsi di sviluppo. Alle dinamiche tipiche del periodo industriale, come la realizzazione di quartieri operai, si sono sommati nuovi fenomeni, come la riqualificazione dei quartieri centrali e l’espansione incontrollata delle periferie. Uno dei fenomeni che ha generato i maggiori cambiamenti su scala urbana è sicuramente la gentrification dei quartieri centrali.

Cosa vuol dire gentrification: definizioni

Uno ad uno, molti dei quartieri operai di Londra sono stati invasi dalla classe media. Le case modeste e consunte – due stanze sopra e due sotto – sono state sostituite da dimore eleganti e costose. […] Una volta che questo processo di ‘gentrification’ comincia si diffonde rapidamente, fino a quando tutti o quasi tutti gli abitanti operai originari vengono dislocati e tutto il carattere sociale del quatiere è trasformato*

La sociologa inglese Ruth Glass, nel 1964, descriveva così il progressivo imborghesimento che alcuni quartieri di Londra cominciavano a subire in quegli anni.

Cosa vuol dire gentrification quindi? Un processo di ricambio della popolazione residente e di modificazione del patrimonio costruito in una certa porzione della città. Il risultato di questo processo è una graduale sostituzione dei vecchi abitanti di un quartiere, ad opera di gruppi sociali dalle maggiori disponibilità economiche.

Il cambiamento della popolazione si accompagna, solitamente, a processi di miglioramento estetico e funzionale dell’area, producendo una valorizzazione del patrimonio immobiliare, un conseguente adattamento dei caratteri del quartiere alle preferenze dei suoi nuovi abitanti.

Affitti e prezzi delle case si impennano. Negozi di grandi catene e ristoranti ricercati cominciano ad affollare l’area, sostituendosi progressivamente ai negozi popolari di vicinato. Ne consegue un aumento del costo della vita generalizzato che rende molto difficoltoso per i vecchi abitanti del quartiere continuare a risiedervi.

Quando ci chiediamo cosa vuol dire gentrification dobbiamo quindi anche considerare un altro aspetto fondamentale: quello del displacement, ovvero del dislocamento dei residenti meno abbienti del quartiere, solitamente verso le periferie urbano-rurali.

Al loro posto i cosidetti gentrifiers tendono a produrre uno spazio a misura dei loro gusti e bisogni. Ai vecchi pub londinesi di Canning Town si sostituiscono i ristoranti italiani, il Pigneto si affolla di locali e club notturni, mentre sushi bar e grandi marchi di distribuzione si diffondono a macchia d’olio.

Cosa vuol dire gentrification: cause

Per comprendere le cause della gentrification è necessario adottare una prospettiva ampia, che tenga in considerazione i processi macroeconomici. Tim Butler, uno dei maggiori studiosi del settore, si riferisce alla gentrification come una teoria di medio raggio, ossia in grado di riportare a scala locale le trasformazioni che avvengono a livello globale.

In questa prospettiva egli colloca il fenomeno dell’imborghesimento di molti quartieri su scala globale all’interno del passaggio dal fordismo al postfordismo. Infatti, i cambiamenti introdotti dalla globalizzazione nel mercato del lavoro, nell’economia e nello spazio urbano si sono materializzati nella creazione di spazi abitativi destinati a determinati gruppi sociali.

Ogni città tende ad attrarre o ad espellere quelle classi sociali che risultano più o meno funzionali alla propria economia: se durante il fordismo le grandi masse di operai venivano allocate attraverso la costruzione di nuovi spazi abitativi, nella fase postfordista le nuove figure professionali si sostituiscono ad esse.

Si tratta di un universo molto eterogeneo di gruppi sociali, nei quali esistono figure precarie e scarsamente retribuite e lavoratori appartenenti alla classe globale iperprofessionalizzata.

Questi nuovi gruppi sociali acquisiscono una centralità residenziale che spesso è commisurata alla propria disponibilità reddituale. Se ci chiediamo cosa vuol dire gentrification infatti non possiamo prescindere dal riconoscere il ruolo di primo piano giocato dalle dinamiche del mercato immobiliare e delle opportunità economiche che ne derivano per molti attori privati.

In un contesto in cui la politica sembra preoccuparsi più degli interessi economici che delle necessità sociali, le scelte degli attori pubblici tendono a favorire l’avvio di processi di gentrification, attraverso politiche come le alienazioni di patrimonio residenziale, i tagli al welfare locale e i programmi di investimento pubblico in operazioni edilizie speculative e strutturali (le nuove stazioni della Tav e molti piani di lottizzazione ne sono un esempio).

Il ricambio sociale della popolazione, tra le altre cose, permette l’insediamento di gruppi sociali dai redditi più alti che spesso acquistano l’abitazione e forniscono alla municipalità un allargamento della base di tassazione. Al tempo stesso, gli interventi edilizi di attori pubblici e privati aiutano a migliorare l’estetica e, quindi, l’immagine dei luoghi; un aspetto di centrale importanza per il marketing territoriale e lo sviluppo turistico delle città.

Cosa vuol dire gentrification: effetti

La gentrification è un processo di trasformazione socio-spaziale progressivo che può impiegare diversi anni a produrre una nuova immagine del luogo sul quale insiste. Inoltre, i suoi effetti sul tessuto urbano e sulla popolazione residente possono variare molto a seconda dei contesti e del tipo di gentrifiers coinvolti.

A volte sono studenti universitari e artisti a modificare il quartiere, altre volte sono lavoratori altamente qualificati; in alcuni casi si tratta di piccoli nuclei familiari appartenenti alla classe media ed in altri di single o coppie altolocate.

Gli effetti del fenomeno dipendono quindi dai caratteri dei nuovi abitanti, dalle connotazioni del quartiere e dalle relazioni che tra questi due elementi si stabiliscono. Tuttavia, rimane un effetto comune di ogni fenomeno di gentrification: il miglioramento estetico e funzionale dell’area interessata. Siamo quindi in presenza di una riqualificazione del quartiere, che si può attuare attraverso l’azione di privati, tramite appositi progetti pubblici o per mezzo del congiunto agire di entrambi.

Parole come rigenerazione, rinnovamento e riqualificazione, oggi sembrano affollare il discorso pubblico riguardante ogni città. La lotta al “degrado”, il miglioramento architettonico, l’orientamento verso un maggior “decoro urbano” sono argomenti che si sviluppano in molti contesti politici e che generano una serie di risposte istituzionali. Sta di fatto che rigenerare le aree centrali o semicentrali delle nostre città oggi appare un’esigenza così marcata da essere addirittura introdotta in diversi testi di legge (come l’ultimo Piano Casa del governo Renzi).

Lo è soprattutto, come abbiamo visto, a causa di una commistione di processi economici globali, interessi privati e politiche pubbliche.

Tuttavia è indubbio che, a parte il presunto miglioramento delle aree, la risposta alla domanda cosa vuol dire gentrification rimarrebbe incompleta senza considerare i costi sociali di questi processi, spesso altissimi.

Come abbiamo visto infatti l’aumento del costo della vita e degli immobili nelle aree sottoposte a gentrification costringe molte persone a lasciare il quartiere, andando ad appesantire ulteriormente aree periferiche spesso già sovrapopolate.

Alcune di queste persone che vedono il proprio diritto all’abitare minacciato si spostano in maniera più o meno volontaria, in altri casi si assiste ad un susseguirsi di procedimenti di sfratto per morosità o di veri e propri atteggiamenti coatti di intimazione all’abbandono della casa, operati da quei proprietari di immobili che intendono speculare sull’innalzamento dei valori di mercato.

Va, quindi, notato che molti processi di gentrification avvengono in quartieri caratterizzati da un’elevata incidenza del settore dell’affitto, spesso in mano a pochi proprietari immobiliari, sia privati che pubblici.

Cosa vuol dire gentrification: opposizioni

Nei casi in cui la gentrification avviene attraverso grandi operazioni immobiliari – come l’abbattimento e la ricostruzione di grandi complessi edilizi – o viene intrapresa in contesti caratterizzati da una forte componente politico-sociale, si assiste spesso a forme di resistenza da parte dei cittadini.

Questa può assumere caratteri molteplici, in base alla tipologia dei nuovi residenti: quando questi sono costituiti da studenti e precari, spesso si instaura una vera e propria alleanza tra i gentrifiers e gli storici residenti del quartiere (è il caso di Belleville a Parigi) nell’opporsi ad ulteriori programmi di valorizzazione. Quando grandi progetti minacciano un’intera comunità locale si assiste, invece, ad una comunione di interessi tra molti abitanti appartenenti a differenti classi sociali.

In ogni caso, i fenomeni di resistenza alle pratiche di gentrification sono sempre più diffusi a livello globale, anche perché ultimamente tali processi stanno subendo un’accelerazione, portando alcuni autori a parlare di supergentrification o hypergentrification.

Le logiche della rendita e della speculazione appaiono sempre più evidenti e, al tempo stesso, si moltiplicano i comitati, i collettivi e gli esponenti politico-istituzionali che si oppongono allo stravolgimento sociale dei quartieri.

Al tempo stesso si diffondono anche lotte per la casa e occupazioni, che intendono dare una risposta concreta e politica all’emergenza abitativa e alla mancanza di strumenti per la salvaguardia del diritto all’abitare.

Ma c’è anche qualcosa in più: la comprensione dei meccanismi speculativi e dei costi sociali determinati dalla gentrification ha portato alla creazione di una coscienza collettiva sempre più diffusa nella moltitudine globale.

I problemi relativi al costo della vita, all’abitazione e la loro relazione con il settore finanziario, si situano alla base di molti movimenti di protesta che avanzano richieste di giustizia sociale sempre più ampie. È il caso di Gezy Park a Instanbul, di Astoria e St. Pauli ad Amburgo o del nuovo movimento per la casa che si sta diffondendo a Londra.

Proteste che scaturiscono da trasformazioni speculative dello spazio urbano e che si tramutano in movimenti di ben più ampia portata. Chiedersi cosa vuol dire gentrification significa dunque anche saper leggere le trasformazioni urbane che modellano un mondo a due – o forse più – velocità, in cui la polarizzazione reddituale nelle città produce spazi destinati a gruppi sociali specifici sempre più lontani tra di loro.

Le risposte a questa situazione trovano sempre meno affidabilità nella political economy delle leggi di mercato e della politica di rappresentanza, ma si situano nelle pratiche e nelle lotte di chi ha compreso che l’ingiustizia sociale è parte fondante del sistema in cui viviamo.

Cosa vuol dire gentrification: riferimenti bibliografici

Butler, T. (2005), Gentrification and globalization: the emergence of a middle range theory?, Cahiers du Pôle Ville, (34).
Butler, T., & Robson, G. (2001), Social capital, gentrification and neighbourhood change in London: a comparison of three south London neighbourhoods, Urban Studies, 38(12), 2145-2162.
Glass, R. L. (1964), London: aspects of change, MacGibbon & Kee.
Harvey, D. (Ed.). (2005), Spaces of neoliberalization: towards a theory of uneven geographical development (Vol. 8), Franz Steiner Verlag.
Lees, L., Slater, T., & Wyly, E. (2013), Gentrification, Routledge.
Lefebvre, H. (1976), La produzione sociale dello spazio, Moizzi.
Smith, N. (1979), Toward a theory of gentrification a back to the city movement by capital, not people, Journal of the American Planning Association, 45(4), 538-548.

*“One by one, many of the working class neighbourhoods of London have been invaded by the middle-classes. Shabby, modest mews and cottages—two rooms up and two down – have been taken over, when their leases have expired, and have become elegant, expensive residences […] Once this process of ‘gentrification’ starts in a district it goes on rapidly, until all or most of the original working-class occupiers are displaced and the whole social character of the district is changed.” (trad. nostra)

Immagine | Daniel Lobo

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Classe 1986 si laurea a Bologna in geografia, proprio mentre questo sapere rischia di scomparire dai programmi di insegnamento. Si avvicina quasi per caso alla sociologia ed attualmente frequenta un dottorato presso l'Università di Urbino. Si occupa di trasformazioni urbane e del loro impatto sociale, prediligendo un'idea di osservazione che parta "dal basso" e dalle classi meno abbienti. Vive in una cittadina in corso di deindustrializzazione nelle Marche e ne studia i mutamenti sociali. Appassionato di politica, cucina ed agricoltura, dedica il suo tempo ad un centro sociale in cui tiene un corso di orticoltura, organizza pranzi ed ogni tanto distribuisce volantini. Ama gli animali a tal punto da decidere di non mangiarli, tuttavia non prova lo stesso sentimento per molte espressioni dell'agire umano. Ha dei problemi incredibili nella scelta del vestiario, ma prova comunque a coniugare il suo background punk con delle camicie vagamente eleganti. Tenta di fuggire il più possibile dai meccanismi di mercato prediligendo, ove possibile, il mondo delle autoproduzioni.
4 Commenti
  1. pier

    Quello che non va nella gentrification è (ancora una volta) il pensiero unico, l'unicità delle soluzioni, la cancellazione delle alternative. Prendo un intero quartiere e lo trasformo tutto ad uso/consumo dei grandi investitori finanziar-immobiliari ( e dei potenziali acquirenti, tutti identificabili da una precisa, ed alta, fascia di reddito). Penso ai centri storici italiani soprattutto, che per lo più, a causa delle loro ridotte dimensioni e della complessità delle stratificazioni secolari sono adatti, al contrario, alle contaminazioni, alle differenze, alle commistioni.

  2. Jacopo

    Se la gentrification riproduce su scala locale il cambiamento globale, non ci sarebbe poi tanto da indignarsi, visto che la globalizzazione è stata sempre vista da molti come un bene in quanto ci apriva al nuovo, a diverse culture che avrebbero arricchito il nostro "io". Chiaramente, però, come ogni cosa, anche qui la globalizzazione ha l'altro lato della medaglia. Cosi pure la gentrification che spinge in "disparte" chi non è più "funzionale". Un pò come nelle fabbriche: assumo lo straniero perchè mi costa meno ed ha meno pretese anche se sottopagato...l'italiano invece costa di più, qndi ciao. Di ogni cambiamento bisogna accettare tutto il pacchetto, anche quando inizia a toccarci a livello personale. Ma per fortuna nell'articolo è evidenziato come sia giusto per chi c'era da prima, di voler combattere per mantenere il diritto al proprio posto.

  3. Nico

    Concordo con te pier, nonostante non tutti i processi di gentrification poi si trasformino in un'effettiva e totalizzante successione tra gruppi sociali. In molti casi si assiste, specialmente in Europa, ad una contaminazione tra gruppi sociali differenti. Il problema centrale, per quanto mi riguarda, è il displacement dei meno abbienti. Tuttavia stiamo trattando un tema che, semplificando estremamente, concerne la manifestazione spaziale delle trasformazioni che stanno avvenendo a scala globale. Marginalizzazione di alcuni gruppi sociali, modernizzazione del commercio, disuguaglianze economiche, speculazione immobiliare e via dicendo sono tutti aspetti che riguardano le trasformazioni economiche e sociali degli ultimi decenni. Che la gentrification costituisca la tangibilità di buona parte di questi fenomeni? Uno sguardo intenzionato a modificare l'andamento di questi processi, probabilmente, ha bisogno di distogliersi dal dito del saggio per arrivare ad osservare la luna.

    • pier

      Tipicamente in Italia ci guardiamo preoccupati le dita, e neanche necessariamente quelle del saggio. In effetti, da noi la gentrification è -come dici bene tu - una prova visiva e visibile dell'impatto della globalizzazione nei suoi vari flussi. La tutela dei meno abbienti sarebbe un buon modo per interpretarla col filtro di chi sa quello che vuole, invece che subirla con la condiscendenza di chi nulla vuol sapere se non quanto può guadagnarci, e solo per oggi.

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