Dalla primavera araba alla prima premier donna | Cosa succede in Tunisia?9 min read

22 Novembre 2021 Mondo -

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Geografo

Dalla primavera araba alla prima premier donna | Cosa succede in Tunisia?9 min read

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A 10 anni dalle primavere arabe, l’unico paese ad aver completato la cosiddetta transizione democratica è la Tunisia, dopo l’uscita di scena del dittatore Ben Ali nel 2011. Ma il tenore di vita dei suoi abitanti in questi dieci anni non può dirsi migliorato, anzi: una “crisi multidimensionale” è oggi in corso nel paese. Il Parlamento è sospeso, e così appare il futuro del paese. Ma cosa è successo in questi 10 anni? Cosa succede in Tunisia?

Ricapitoliamo la situazione attuale: le manifestazioni per il decennale della Rivoluzione a inizio 2021 e quelle tenutesi il 25 luglio 2021 per la festa della Repubblica, che chiedevano le dimissioni del primo ministro, sono state molto violente e hanno portato a centinaia di arresti. A seguito delle proteste, il Presidente Kais Saïed ha istituito lo stato di emergenza, invocando l’articolo 80 della Costituzione. Non solo, Saïed ha anche licenziato il primo ministro Hichem Mechichi e sospeso i lavori parlamentari fino a data da destinarsi, andando ben oltre le disposizioni dell’articolo 80.

Come interpretare tale reazione del Presidente alla dilagante crisi economica, sociale e politica, e la successiva nomina – il 29 settembre 2021, oltre trenta giorni dopo il termine stabilito nella Costituzione – di Najla Bouden a capo del governo? È la fine dell’esperienza democratica tunisina, inedita nel panorama arabo? Oppure la Tunisia è nuovamente il paese precursore della regione, avendo nominato per la prima volta una donna, Najila Bouden, a capo del governo? Cosa succede in Tunisia?

Lo abbiamo chiesto a Leila Belhadj Mohamed, attivista e freelance italiana e tunisina, che ci ha aiutato a capire la situazione della Tunisia nei dieci anni successivi alla Rivoluzione, dove molte ricerche si fermano.

Cosa succede in Tunisia a 10 anni dalla primavera araba

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Foto: Amine Ghrabi

Leila, come è cambiata la vita dei tunisini dopo il 2011?

Da un punto di vista pragmatico è peggiorata: la classe dirigente eletta dopo il 2011 non è stata in grado di gestire le risorse economiche né di attuare le riforme. In questi dieci anni, molti deputati di Ennahda – il partito islamista che aveva la maggioranza parlamentare – sono stati indagati per corruzione. Sono arrivati anche molti prestiti dall’estero (dai paesi europei ma anche dal Giappone): ma dove sono finiti questi soldi, che dobbiamo ciclicamente chiedere al Fondo Monetario? Secondo me, questo è un risultato diretto delle politiche di Ben Ali, che da un lato ha ostacolato l’islamismo e dall’altro non ha permesso che si sviluppasse una classe di intellettuali, che potesse prendere in mano le redini del paese dopo la sua partenza.

Dal punto di vista della libertà di parola, invece, la vita è migliorata, anche se in questi ultimi mesi sta andando ad assottigliarsi anche questa conquista. Recentemente, sono stati arrestati dei blogger, con l’accusa assurda di vilipendio al Presidente della Repubblica. Inoltre, la Tunisia ha adottato nel 2014 una nuova Costituzione all’avanguardia, che prende molte cose positive da quelle degli stati occidentali, ma alcune riforme non sono mai state implementate, una su tutte l’istituzione della Corte Costituzionale.

E, infatti, l’insofferenza e la disillusione dei tunisini nei confronti dei politici post-Ben Ali è enorme e si nota dall’elezione presidenziale del 2019, che ha visto prevalere nettamente Kais Saïed, docente di diritto pubblico dell’Università di Tunisi, indipendente, dopo una tornata con scarsa affluenza. Negli ultimi due anni, poi, senza avere la maggioranza parlamentare è stato difficilissimo creare un governo solido, ne cadeva uno dietro l’altro.

Cosa succede in Tunisia invece nell’ultimo periodo, dalla pandemia in avanti?

La gestione della pandemia è stata terrificante. Ogni giorno c’era un coprifuoco a un orario diverso e i tamponi sono arrivati a costare 400 dinari, quando un lavoratore tunisino prende spesso solo 250 dinari al mese. Il governo non è stato in grado di gestire gli ordini dei vaccini, che sono arrivati con mesi di ritardo. Questo ha fatto sì che oggi la Tunisia stia vivendo un’altra ondata, di variante Delta, quindi ancora più contagiosa.

Globalmente, il costo della vita è aumentato tantissimo. La crisi economica è evidente: la gente non arriva alla fine del mese, manca il lavoro, e c’è il solito sfruttamento di manodopera da parte delle multinazionali occidentali, soprattutto nel settore tessile. Cosa che ha contribuito alla propagazione del Covid, nel 2020. Mentre in Italia eravamo tutti chiusi, in Tunisia si continuava a lavorare per 80 euro al mese per consegnare i vestiti ai grandi marchi per tempo.

Inoltre, c’è un altissimo tasso di disoccupazione giovanile di laureati, poiché l’università è gratuita e molto frequentata, ma dopo i laureati non trovano un impiego. In più, assistiamo a un boom dei minori non accompagnati. Un sacco di ragazzi anche dodicenni vengono mandati in Italia poiché si sa che, essendo minori, hanno maggiore tutela da parte dei paesi di accoglienza: la cosa incredibile è che questi ragazzi non percepiscono neanche la pericolosità del viaggio perché, a differenza dei sub-sahariani o degli asiatici, sono a pochi chilometri di barca dalla Sicilia, dunque si trovano di sera, e se riescono a raccogliere i soldi e il mare è piatto, partono.

Ecco spiegata la quantità di sbarchi fantasma a Lampedusa o a Linosa, che avvengono perché ormai in patria, per loro, non vi è speranza.

Per quanto riguarda gli ultimi sviluppi, ci racconti cosa è successo il 25 luglio 2021?

Bisogna partire dal 14 gennaio 2021 – decennale della rivoluzione – giorno in cui ci sono state violente manifestazioni, che hanno portato ad arresti indiscriminati di ragazzi, anche minorenni, che venivano poi spediti nelle carceri per adulti. Allora il Presidente Saïed era intervenuto per dare la grazia ai ragazzi arrestati.

Il 25 luglio, festa della Repubblica tunisina, il popolo era nuovamente sceso in piazza in molte città per chiedere le dimissioni del primo ministro Hichem Mechichi e inveire contro il suo partito, Ennahda che da anni, oltre a mal governare, chiede allo Stato indennizzi per oltre tre miliardi di dinari – legati ai presunti torti subiti sotto Ben Ali.

A seguito della violenta manifestazione, il Presidente Kais Saïed ha invocato l’articolo 80 della Costituzione e ha deciso di destituire il primo ministro, avocare a sé i poteri e sciogliere le Camere, senza però dare un termine entro cui terminare la crisi di governo.

Cosa prevede l’articolo 80 e come è stato interpretato da Saïed?

L’articolo 80 prevede che il Presidente della Repubblica, in una situazione di estremo pericolo per il paese possa avocare a sé i pieni poteri per 30 giorni, con l’avallo della Corte Costituzionale. Il Parlamento deve restare aperto in seduta continua. Il problema è che la Corte Costituzionale non esiste in Tunisia; il progetto per la sua creazione è sempre stato bloccato sul nascere, soprattutto dal partito Ennahda. Inoltre, sempre invocando l’articolo 80, il presidente Saïed ha bloccato i lavori parlamentari.

Ora, vi è un problema interpretativo per capire se Saïed abbia bloccato legittimamente o meno i lavori del Parlamento: secondo alcuni il primo comma – cioè la possibilità per il Presidente di prendere tutti i provvedimenti che ritiene necessari – è più forte del secondo, cioè la necessità di tenere aperto il Parlamento. Quindi il comportamento di Saïed potrebbe non essere anticostituzionale.

Infine, il 29 settembre 2021, dopo oltre 60 giorni dal licenziamento di Mechichi – quindi ben oltre i 30 giorni previsti dalla Costituzione – Kais Saïed ha dato mandato a Najla Bouden, prima premier donna di un paese arabo, di formare un esecutivo.

Secondo la politologa Khadija Mohsen-Finan, tra i massimi esperti di Tunisia, quello di Saïed è un colpo di stato. Cosa ne pensi?

Io non ho una risposta certa e sono molto scettica riguardo al comportamento di Saïed. Ma mi chiedo: assomiglia più ad un colpo di stato una situazione in cui il primo ministro non ascolta la popolazione che vorrebbe le sue dimissioni, oppure una situazione nella quale il Presidente della Repubblica, ascoltando il proprio popolo, destituisce il Primo Ministro e avoca a sé i poteri? La risposta è complicata.

Il Presidente Kais Saïed | Foto: Houcemmzoughi

Cosa pensi invece della nomina di Najla Bouden a Primo Ministro?

Essendo in vigore il decreto 117 del 22 settembre 2021, che accentra di fatto i poteri nelle mani del Presidente, la prima ministra non ha molti margini di manovra. Mi aveva stupito la scelta di Bouden, poiché non è un’economista e non ha alle spalle una carriera partitica molto lunga. Al tempo stesso, la scelta dei ministri è stata di qualità, con importanti economisti, che dovrebbero favorire il percorso verso le necessarie riforme del paese, che al momento è alla fame – la carne, ad esempio, è diventata un bene di lusso.

Kais Saïed rimane un conservatore e anche se è stata scelta una donna, ciò non significa che sia improvvisamente diventato a favore della parità dei diritti. La prima dichiarazione della neo-premier è stata a riguardo della corruzione, problema cardine del paese, anche dopo Ben Ali. Dal giuramento in poi, il governo si è concentrato sulla persecuzione delle persone accusate di corruzione, capiremo più avanti a cosa porterà questo progetto politico. Io personalmente sono sul chi va là, sempre per la questione dell’accentramento del potere nelle mani del Presidente: non resta che attendere e vedere.

Detto cosa succede in Tunisia, cosa ti auguri invece per il futuro del paese?

Spero che si esca il prima possibile dalla pandemia, perché la mancanza di turismo degli ultimi mesi è un altro elemento che sta mettendo in ginocchio il paese. Confido nel popolo tunisino, che quando c’è qualcosa che non va scende in piazza. Per cui, penso che Saïed non aumenterà il suo potere in maniera autoritaria come ha fatto Al Sisi in Egitto, perché la Tunisia è pronta a ritornare a manifestare subito. Spero inoltre che si continui con l’apertura verso la comunità LGBT e il dialogo con le minoranze per la salvaguardia dei loro diritti.

Confido che la Tunisia torni ad avere un ruolo guida nella regione: è troppo presto per capire gli esiti a lungo termine delle Rivoluzioni arabe, ma sembra l’unico esperimento democratico che, con molte difficoltà, stava funzionando.

Inoltre, auspico che l’altra mia patria (l’Italia, ndr) e l’Unione Europea smettano di portare avanti questa visione securitaria e neocoloniale nei confronti di quest’area del mondo, poiché se si cooperasse davvero a livello economico, senza cercare di prevaricare gli altri, non ci sarebbe l’emergenza economica e securitaria che c’è in quei paesi.

La disperazione delle persone, infatti, le porta a volte ad affidarsi ad organizzazioni terroristiche, che pagano bene; per cui, finisci per entrare in queste reti che non hanno nulla di religioso in realtà. La stessa disperazione, in alternativa, porta a prendere la via del mare. Penso sia fondamentale un’apertura dei visti da parte di Schengen, che in questo momento non ne sta rilasciando, neanche a chi è laureato e vuole proseguire i suoi studi in Europa.

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Geografo, si interessa di Mediterraneo e paesi arabi, che sono l’oggetto dei suoi studi e dei suoi articoli. È appassionato di storia delle relazioni internazionali, letteratura e sport. Nei suoi scritti presta particolare attenzione alle disuguaglianze sociali ed economiche.
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