Consiglio dell’Unione Europea: cos’è e come funziona6 min read

4 Dicembre 2015 Europa -

Consiglio dell’Unione Europea: cos’è e come funziona6 min read

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Consiglio dell'Unione Europea: cos'è e come funziona
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Proseguiamo una serie di brevi approfondimenti sull’Unione Europea, al fine di dare un volto e capire le funzioni di ciò che in modo approssimativo e spesso scorretto viene definito Europa.

Cos’è il Consiglio dell’Unione Europea

Dopo aver esaminato la Commissione Europea, cioè l’esecutivo dell’Unione, organo che rappresenta l’Ue stessa, spostiamoci ora al potere legislativo, trattando del Consiglio dell’UE. Questa istituzione complessa condivide il potere legislativo, cioè il potere di emanare (o bocciare) le proposte di Direttive o Regolamenti presentate dalla Commissione, con il Parlamento europeo. Per questa ragione, Consiglio dell’Unione Europea e Parlamento europeo sono chiamati Co-Legislatori.

Questa dizione non deve spaventare. Così come in uno Stato nazionale esiste un esecutivo (il Governo) e un organo legislativo (il Parlamento, spesso composto da due camere: Camera bassa e Senato), allo stesso modo funziona nell’Unione Europea: la Commissione è l’esecutivo, Consiglio e Parlamento, proprio come due camere dello stesso organo, rappresentano il potere legislativo. Nessuna norma può diventare legge se queste due istituzioni non la approvano con identica formulazione.

Com’è composto il Consiglio dell’Unione Europea?

A differenza della Commissione, che rappresenta gli interessi dell’Unione, e del Parlamento, che rappresenta gli interessi dei cittadini europei, il Consiglio rappresenta gli interessi degli Stati dell’Unione. Se nel leggere questo qualche sopracciglio si alza, è comprensibile e giustificabile: sì, l’affare è confuso. Su questo punto torneremo nel finale. Per il momento vediamo chi sta nel Consiglio.

Il Consiglio ha una composizione fissa e variabile allo stesso tempo. Fissa, poiché si riunisce sempre mediante rappresentanti dei governi nazionali degli Stati membri. Variabile, perché la composizione delle riunioni cambia in base alla materia: il Consiglio dell’UE in composizione affari economici (ECOFIN) vede la presenza dei ministri dell’economia e delle finanze, quello in composizione trasporti vede partecipi tutti i ministri dei trasporti dei vari Paesi, e via dicendo. Anche per questo, l’altro nome del Consiglio dell’Unione Europea è Consiglio dei Ministri. Quando il Consiglio dell’Unione Europea si riunisce nelle persone dei capi di Stato o di Governo degli Stati membri (cioè quando i capi di stato vanno a Bruxelles per i vertici), si chiama Consiglio in composizione Affari Generali.

Cosa fa il Consiglio dell’Ue?

Il Consiglio dell’Unione, dicevamo, è organo legislativo, o meglio, è Co-Legislatore insieme al Parlamento Europeo. Questo significa che non può esistere alcuna legge europea (Direttive o Regolamenti) che non sia stata promulgata da Consiglio e Parlamento di comune accordo.

Per facilità, proseguiamo il raffronto con i sistemi costituzionali nazionali. In Italia (almeno attualmente, cioè in presenza di sistema bicamerale perfetto pre-riforma), il Governo presenta un disegno di legge a Camera e Senato. Le due Camere del Parlamento ne discutono ciascuna al proprio interno, presentando emendamenti, finché non trovano accordo e lo stesso testo viene da entrambe le camere votato e approvato. A quel punto può essere promulgato dal Presidente della Repubblica.

Allo stesso modo avviene in Europa. La Commissione presenta una proposta legislativa alle due camere dell’organo legislativo (in questo caso, Consiglio dell’UE e Parlamento dell’UE). Queste due istituzioni, ognuna al proprio interno, lavorano sul testo e presentano emendamenti. Alla fine, però, devono accordarsi su un identico testo e votarlo. Solo una volta che Consiglio e Parlamento approvano identico testo, lo stesso può essere promulgato ed entrare in vigore mediante i vari passaggi formali (pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, etc.).

Al fine di svolgere la propria funzione di Co-Legislatore nell’ambito dei forsennati ritmi di produzione normativa di Bruxelles, il Consiglio dell’Unione Europea non può certo attendere le singole riunioni dei ministri che giungono dai vari Stati membri. Il lavoro sulle norme proposte dalla Commissione e il negoziato per trovare un accordo su un testo finale con il Parlamento è infatti quotidiano.

Proprio per questo, ogni Stato membro UE ha presso Bruxelles una propria ambasciata, chiamata Rappresentanza Permanente presso l’Unione Europea. Sono i funzionari di questi organismi, inviati dai singoli Paesi in forma stabile a Bruxelles, a condurre per conto dei propri ministeri di appartenenza (Salute, Trasporti, Economia, etc.) tutto il lavoro di discussione delle norme, naturalmente sotto l’indirizzo politico dei rispettivi Ministri dalle rispettiva capitali. Quando, poi, i Ministri volano a Bruxelles e si ritrovano, appongono la firma al frutto di lunghi negoziati.

È fondamentale sottolineare un punto, di valenza anche politica oltre che procedurale: il Consiglio approva le proprie decisioni a maggioranza qualificata, mediante un sistema di ponderazione dei voti che consente di bilanciare il numero di voti (uno per Stato membro) con la dimensione della popolazione di ogni Stato. In due parole: se Lituania, Lettonia e Lussemburgo rappresentano 3 voti, non possono per tale ragione mettere in scacco il voto di un Paese popoloso come l’Italia. Quindi, quando sentiamo dire da qualche politicante frasi come “ce lo impone l’Europa”, ricordiamoci che qualunque decisione europea vede una condivisione, molto pesante, del nostro Paese.

Funzione politica del Consiglio dell’Unione Europea

Che senso ha prevedere un’istituzione che rappresenta i cittadini europei (il Parlamento) e una che rappresenta i Governi europei (il Consiglio)? Le due cose non sono sovrapposte? I cittadini, in fondo, sono sempre gli stessi. E, inoltre, se i Trattati sono stati sottoscritti dagli Stati, e la Commissione agisce per farli rispettare e darne attuazione, perché deve esistere un organo che assicura gli interessi degli Stati? Effettivamente, il punto è delicato.

Il Consiglio, cioè la rappresentanza degli interessi degli Stati all’interno dell’UE, è frutto – come tutte le altre istituzioni europee – di un processo di sviluppo dell’Unione che è stato incoerente, a volte incerto, a volte a strappi. È come se, nel cedere parte della propria sovranità all’Europa, gli Stati non ne fossero del tutto convinti, e quindi volessero comunque costruire un’architettura nella quale, alla fine, sono loro ad avere l’ultima parola. Non a caso, fino al Trattato di Lisbona del 2009, il concetto era semplice: la Commissione (cioè l’Europa) propone, il Consiglio (cioè gli Stati membri) dispone. Peraltro, il Parlamento non contava nulla o quasi. In sintesi: la Commissione tesseva la tela, avanzava proposte dell’interesse dell’Europa unita, gli Stati le potevano smontare grazie ai poteri nel Consiglio. In un certo senso, però, la presenza dei governi nazionali nel processo decisionale europeo garantiva la presenza di organismi democraticamente eletti, almeno in patria, altrimenti assenti.

Tuttavia, molto è cambiato quando, con il Trattato di Lisbona, il Parlamento europeo ha ricevuto pieno potere legislativo, al pari del Consiglio (infatti, dicevamo, sono Co-Legislatori). A questo punto, dunque, in presenza di un organo democratico europeo eletto direttamente dai cittadini (il Parlamento), il ruolo di un altro organismo che è sempre espressione degli stessi cittadini però eletto su base nazionale diventa di più difficile comprensione. Se da un lato rimane vero che in un’Unione variegata e molto ampia la presenza di un’istituzione in cui i singoli Stati possano dire la loro mantiene una logica, è altrettanto vero – e forse più importante – che quest’organo non diventi il luogo in cui gli Stati membri, tirando ognuno la coperta dalla propria parte, sfilaccino le proposte unitarie ed europee che arrivano dalla Commissione e che il Parlamento garantisce come vaglio democratico. Allo stato attuale, pertanto, potrebbe essere utile ipotizzare una riforma costituzionale dell’Unione europea che la trasformi in uno Stato quasi federale, o in ogni caso con un bilanciamento dei poteri che sottragga alle pressioni politiche di alcuni Stati molto potenti – senza fare nomi – il destino delle decisioni per l’intera Europa.

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Milano, Dublino, Londra e Bruxelles. Specializzato in diritto bancario, dei mercati finanziari e dell'Unione europea, collaboro con le facoltà di Economia e Diritto di alcune università europee.
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