Click #5 – Di pirati, agenti segreti e viaggi nel tempo4 min read

6 Gennaio 2014 Giochi -

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Click #5 – Di pirati, agenti segreti e viaggi nel tempo4 min read

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agent_usa

Schiacci il pulsante, si crea un collegamento.

Un collegamento casuale, non cercato né voluto, ma dettato dall’entropica connessione globale, per cui la realtà è un aggrovigliato insieme di cavi elettrici, lungo i quali gli impulsi viaggiano secondo percorsi imprevedibili. Il quinto pulsante avvia Agent USA in un Commodore 64.

Di recente mi è capitato di incappare nell’ennesimo articolo che indagava l’industria dei videogame, notando come tra alti e bassi quello videoludico sia uno dei mercati culturali di maggior successo degli ultimi anni. Niente di nuovo, se mi ricordassi dove l’ho letto citerei anche l’articolo, ma quel che conta è che quando ho finito – click – mi sono reso conto di quanto il settore fosse meno strutturato quando ero ragazzino, a cavallo tra gli anni ’80 e ’90.

Certo, i videogiochi erano già una realtà più che rilevante, anche se non di massa come oggi, ma c’era molta meno consapevolezza sui titoli in uscita, se non tra gli esperti in materia. Ricordo ad esempio che dalle mie parti c’era un negozio che vendeva videogiochi e accessori vari, che veniva chiamato Il Pirata. Non mi ricordo quale fosse il vero nome, perché ero piccolino e ci andava per lo più mio fratello. In ogni caso si era guadagnato il soprannome per un motivo molto semplice: vendeva per lo più giochi piratati.

La cosa peculiare era che lo faceva praticamente alla luce del sole. Non ne sono sicuro, ma mi spingo a supporre che questo avesse in qualche modo a che fare proprio con il carattere meno sistematizzato che aveva allora il settore. In ogni caso, quando mio fratello andava dal Pirata, tornava a casa con floppy – dopo un periodo Colecovision, a casa nostra si sono manifestati un Commodore 128 e un’Amiga 500 – zeppi di giochi copiati. E questi giochi erano un mistero.

Intendiamoci, c’erano quelli più famosi su cui non c’erano tanti dubbi: li conoscevamo già per fama o comunque per sentito dire. Ce ne erano poi altri che erano così semplici da risultare del tutto chiari, nel loro funzionamento. Ma tra le decine di titoli, molti erano a dir poco enigmatici. Partiamo dal presupposto che i giochi in questione non erano accompagnati da libretti di istruzione che spiegassero le modalità o lo scopo del gioco. Peraltro, non era nemmeno possibile cercare informazioni su internet, perché – ebbene sì, bambini che state leggendo questo articolo, reggetevi forte! – allora l’internet mica esisteva.

Quindi c’era poco da fare: l’unico approccio possibile era quello pratico. Imparare giocando. Capire cosa fare morendo a più riprese, oppure rimanendo bloccati per ore nello stesso punto. Dalla nostra, avevamo un fattore importante: il tempo libero. Da bambini, di quella risorsa che solo pochi anni più tardi ti sembra preziosa come il petrolio, ne hai a secchiate. Quasi non sai cosa farci. E allora (invece di studiare, imparare a suonare uno strumento, allenarti per diventare uno sportivo) la utilizzi giocando ai videogiochi.

O almeno così si faceva all’epoca. Ora non lo so, magari a sei anni stai già a passare la giornata su Chatroulette. Tutto sommato non lo voglio sapere. Quel che conta è che tutte quelle ore a disposizione ci hanno permesso di scoprire come funzionavano alcuni di quei videogame. Tipo Agent USA, in cui eri un coso rosa con un cappello bianco che doveva girare gli Stati Uniti studiandosi gli orari dei treni (giuro!), per fermare un’epidemia provocata da un enorme mostro-televisore, coltivando diamanti davanti alle stazioni. Credo che all’epoca gli sviluppatori di videogiochi venissero pucciati nell’LSD, prima di essere assunti…

Ma c’erano altri casi in cui pur rovistando fra le riviste di settore e giocando a più riprese, non riuscivamo a capire cosa diavolo si dovesse fare. Ce n’era uno, ad esempio, in cui controllavi una sorta di Babbo Natale (o almeno ci assomigliava, all’epoca oltre che con l’LSD gli sviluppatori avevano a che fare con i pixel) che doveva viaggiare nel tempo attraverso diverse stanze, ma non si sa se per recuperare degli oggetti, pigiare dei bottoni o cosa. Del resto non c’erano nemici, che mi ricordi, né veniva mai spiegato perché il tizio dovesse andare avanti e indietro nella Storia. Mi ricordo solo che c’era la possibilità di finire nel 9999, ovvero uno schermo del tutto nero.

In seguito, quando l’umanità è uscita dal Medioevo e Tim Berners-Lee ha regalato il WWW al mondo, ho compiuto delle ricerche su quei videogiochi. Ma di alcuni non ho mai trovato traccia, vuoi perché non mi ricordavo il titolo, vuoi perché non ho mai conosciuto quello originale. E a oggi rimangono per me un mistero. Uno di quelli che sono convinto che mi assilleranno anche in punto di morte. Altro che la vita, l’universo e tutto quanto (vi do io la soluzione: 42). Magari voi siete in grado di aiutarmi: nel caso vi invito a scrivermi nei commenti di questo articolo… ho bisogno di voi!

Click, il sesto pulsante accende

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Ciao a tutti, mi chiamo Agu e ho un problema con l’alce. E pure con i correttori automatici. Sono giornalista freelance. Pubblico racconti e disegnetti sul mio blog, Come un dinosauro in un bicchier d’acqua. Se ne avete voglia, dateci un occhio. Prima o poi ve lo restituiremo.
Commento
  1. Frank-da-tank

    Umano, vengo dal futuro e la mia missione è quella di farti ritrovare il titolo di quel gioco in cui avevi la possibilità di finire nel 9999.Console e altri dettagli? anche apparentemente trascurabili.Comunque, articolo commovente. Ancora sogno il "cubo gelatinoso"... Mancano solo i Libro Game.F.

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