City Plaza Atene: l’hotel dei rifugiati che sfida l’Europa7 min read

20 Marzo 2017 Europa Migrazioni -

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Educatore

City Plaza Atene: l’hotel dei rifugiati che sfida l’Europa7 min read

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city plaza atene
L’ingresso del City Plaza

A un passo dal centro di Atene, l’hotel City Plaza vanta 120 camere, tra cui sei suite. Svetta su via Acharnon con i suoi sette piani e offre, tra i molti servizi, un ristorante, una sala congressi e un’area casinò.

Da qualche anno però in Grecia non è aria di vacanze. Non per i greci, almeno, che dal 2009 pagano a caro prezzo la crisi economica e le misure di austerity imposte loro per rimanere nell’Unione Europea.

Il City Plaza è uno degli emblemi di questa traiettoria rovinosa. Allestito per le Olimpiadi del 2004 grazie a prestiti statali, è presto andato in bancarotta ed è rimasto in stato di abbandono per oltre sei anni. D’altra parte, a cosa serve un hotel di lusso in una situazione simile?

Nessuno ha pensato che potesse ancora essere utile, almeno fino a quando 54 mila migranti non sono rimasti bloccati nel paese in seguito alla chiusura della cosiddetta rotta balcanica e agli accordi del marzo 2016 tra Unione Europea e Turchia.

È allora che un gruppo di attivisti, il 22 aprile del 2016, ha occupato la struttura e l’ha messa a disposizione di circa 400 migranti, di cui quasi la metà sono bambini.

Cris è uno di questi attivisti. È dalle sue parole che ci facciamo guidare per capire meglio il valore e le difficoltà di un’esperienza come quella del City Plaza di Atene.

Come si vive al City Plaza Atene?

Al City Plaza di Atene tutto si basa sul lavoro volontario. Attivisti e migranti collaborano per mandare avanti le attività quotidiane, dalla cucina alle pulizie. Ci sono attività ricreative per i bambini, corsi di inglese e consulenza legale in materia di richiesta di asilo, ricongiungimento familiare e altre questioni burocratiche.

E c’è la convivenza di tutti i giorni, in quello che è diventato un vero crogiolo di culture. Attivisti e volontari provengono da tutto il mondo e vivono a stretto contatto con i migranti, partiti principalmente dalla Siria e dall’Afghanistan, ma anche da Iraq, Iran e Pakistan.

Ogni giorno incontro gente straordinaria.

Racconta Cris. “Lasciare la famiglia, la casa, gli amici e andarsene verso un futuro incerto è sempre triste e ammirabile. La famiglia che ammiro di più viene dall’Afghanistan. Hanno tre figli e hanno camminato miglia e miglia per arrivare in Grecia, senza soldi. Una famiglia umile e rispettosa”.

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Cris mentre cucina per i rifugiati

Anche Cris ha lasciato il suo paese, il Cile, quando aveva cinque anni e con sua madre si è trasferito in Grecia. Da adulto ha iniziato a viaggiare e ha vissuto nei luoghi più disparati del globo, compresa la Palestina, dove ha assaggiato i proiettili di gomma dell’esercito israeliano.

Quando la rotta balcanica è stata chiusa si trovava in Slovenia e ha deciso di tornare nella “sua” Grecia per dare una mano, facendo ciò che sa fare meglio: cucinare per la gente.

“Non ho pazienza per lottare in modo intellettuale e politico. Lo lascio fare a chi è capace. Io sono una persona pratica, so come lavorare e costruire. Sono molto più utile lontano da conversazioni, politica e assemblee. Al Plaza sono cuoco e coordinatore della cucina, ma in generale aiuto nella gestione dell’albergo, per cercare di mantenere un equilibrio tra i gruppi etnici e sociali e il funzionamento dell’hotel”.

Il City Plaza Atene non è un castello incantato dove tutti vanno d’amore e d’accordo. Al suo interno vivono persone con esigenze ed abitudini diverse. Persone che stanno attraversando un momento di particolare incertezza e che non sempre riescono a capire fino in fondo ciò che gli accade intorno. Di chi fidarsi e di chi no.

“In generale,” racconta Cris, “c’è un clima di solidarietà tra i volontari internazionali e stiamo cercando di fare in modo che anche i rifugiati siano parte di questa solidarietà. Non è facile. Non è facile spiegare a gente che proviene da paesi in cui manca la libertà che un gruppo di persone ha occupato un intero hotel per ospitare 400 rifugiati completamente gratis. Molti credono che il governo ci paga”.

Come reagiscono i cittadini di Atene?

“Come sempre”, racconta Cris, “la gente ha opinioni diverse. Molti ci aiutano, ma ci sono molti altri che credono che dovremmo lasciarli morire. La Grecia in questo momento sta molto male economicamente. Moltissima gente senza lavoro, senza futuro. Ogni tappa come quella che sta passando la Grecia genera paura, e la paura genera odio. E l’odio, la maggior parte delle volte, è rivolto verso chi allo stesso modo è senza lavoro e senza futuro. In tempo di povertà le percentuali dei partiti fascisti salgono sempre”.

In questo la Grecia non sembra diversa dal resto d’Europa, dove i movimenti populisti e di estrema destra stanno guadagnando terreno in molti stati, in un intruglio di sentimenti antieuropei, lotta a un terrorismo che offre un valido pretesto per discriminare i musulmani e difesa delle frontiere contro la presunta invasione da parte dei migranti. La situazione globale, con l’elezione di Trump alla Casa Bianca, sembra convergere nella stessa direzione.

“La strada verso la solidarietà mondiale è molto difficile e probabilmente è un’utopia”, dice Cris. “Il problema inizia in famiglia e a scuola, dove non ci insegnano a pensare e a filtrare le informazioni che riceviamo. I mezzi di comunicazione di massa proteggono gli interessi delle banche. Hanno convertito i rifugiati in mostri e i fascisti in patrioti. Molta gente si sente minacciata a livello sociale, etnico e religioso”.

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Assemblea al City Plaza

Come reagiscono le autorità greche?

Un’occupazione è pur sempre un’azione illegale, e a quanto pare la proprietaria della struttura non ha tardato a sporgere denuncia. Ma questa è una situazione ambigua, in cui l’illegalità si manifesta in un esempio positivo di accoglienza e, soprattutto, in un servizio che lo Stato non è in grado di dare.

“La polizia esegue gli ordini,” racconta Cris, “ma per il momento ci lascia tranquilli perché lo Stato sa quale sarebbe il prezzo politico da pagare se decidesse di cacciare in strada 400 rifugiati. I campi sono pieni e le condizioni di vita al loro interno sono pessime. Non credo che passi loro per la mente che stiamo facendo qualcosa di positivo, né che gli importi della condizione dei rifugiati. Se mai lo Stato deciderà di cacciarci, la polizia sarà contenta di farlo. Molti di loro sono ‘patrioti’ e sostengono Alba dorata (partito greco di estrema destra, ndr)”.

Cris è molto categorico anche verso le organizzazioni non governative: “Con quello che stiamo facendo al City Plaza ci prendiamo gioco dello Stato e delle ONG. Loro ricevono milioni di euro per risolvere la situazione, ma usano quei soldi per perpetuare il problema anziché risolverlo. Se il problema finisce, finiscono anche i soldi. E questo non va bene per gli affari. Noi siamo una minaccia per loro, perché un gruppo di 30 persone con pochissime risorse ha saputo aiutare più di 1000 rifugiati in 10 mesi. Senza togliere loro la dignità”.

Gli attivisti hanno intenzione di andare avanti con il loro lavoro, e finché la situazione non cambia il City Plaza resterà aperto. Ci sarà forse bisogno di un nuovo cuoco, visto che Cris è in partenza verso una nuova destinazione: “Tra pochi giorni andrò in Macedonia e in Serbia ad allestire cucine alle frontiere e a cucinare per i rifugiati che versano in condizioni di molto peggiori rispetto a quelli che vivono nei campi. Gente che sta morendo di fame e di freddo”.

Come sostenere il City Plaza Atene?

C’è un sito internet, The best hotel in Europe, dove potrete “prenotare” una stanza singola, doppia o familiare. Se proprio non potete andare ad Atene di persona, anche questo è un modo per dare una mano a sostenere quei mille pasti al giorno e tutti gli altri particolari che rendono il nuovo City Plaza degno del suo slogan: “Niente piscina, niente minibar, niente servizio in camera ma comunque il miglior hotel d’Europa”.

Immagini | Pagina Facebook City Plaza

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Educatore professionale e formatore, ha lavorato in diversi ambiti del terzo settore. Nel suo lavoro mescola linguaggi e strumenti per creare occasioni di crescita personale attraverso esperienze condivise. Per Le Nius scrive di temi sociali e non profit.
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