Città duale: cos’è, come ci siamo arrivati e come uscirne7 min read

4 Novembre 2014 Città -

Città duale: cos’è, come ci siamo arrivati e come uscirne7 min read

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città duale

Nel corso degli ultimi decenni ci siamo sempre più abituati a considerare la città come uno spazio ricco di differenziazione, nel quale le capacità dell’individuo possono trovare molteplici vie di espressione. Le città sono, infatti, luogo di massima esaltazione delle potenzialità individuali, in cui le interazioni sociali, le possibilità economiche e la fruizione culturale trovano ampi gradi di manifestazione. Ma è ancora così? L’idea di città duale mette in discussione questa visione.

Oltre la metà della popolazione mondiale risiede oggi in contesti tipicamente urbani, che andando ben oltre la città assumono la forma di agglomerati, conurbazioni, metropoli e megalopoli. Perché le città sono arrivate ad assumere questa importanza? I processi di globalizzazione, spiega Saskia Sassen, hanno ridefinito le gerarchie, rispetto ad un passato nel quale la principale entità politica ed economica era individuata nello Stato nazionale. La crescita degli interscambi su scala planetaria acquisisce un ruolo di primo piano nel tratteggiare un nuovo contesto di sviluppo, tanto per le città quanto per la vita che fiorisce al loro interno.

Cosa succede nelle e tra le città?

In questo quadro, gli spazi urbani sono sottoposti a due tipologie di tendenze: da una parte sono proiettati in un contesto di competizione con altre città per attrarre investimenti e flussi economici (ecco la nuova geografia economica globale di cui le città sono le assolute protagoniste), dall’altra si assiste ad una crescente competizione intraurbana, che accentua le differenziazioni economiche e sociali degli individui e dei gruppi sociali all’interno della città stessa.

La prima tendenza (competizione interurbana) restituisce un’immagine del mondo contemporaneo che non si divide più in paesi suddivisi rispetto al loro grado di progresso economico, bensì in una nuova articolazione delle gerarchie economiche che prende come nucleo di riferimento lo spazio urbano e l’ammontare dei suoi flussi di scambio.

La seconda invece (competizione intraurbana) crea effetti diversificati all’interno delle città e si traduce in una riconfigurazione dei rapporti tra i gruppi sociali, che delinea nuovi quadri di risorse e vincoli. Una tale lettura della città, incentrata sulla tesi della competizione, può trovare un elemento chiave nell’idea di città duale.

Su scala globale, infatti, oggi ritroviamo concentrazioni di ricchezza articolate in isole di benessere, che hanno sempre più a che vedere con le specificità locali anziché con gli stati nazionali (in alcune città del sud Italia oggi si è generalmente più poveri che in alcune città del Brasile).

Al centro sta quindi il ruolo occupato dagli spazi urbani nel sistema economico globale. Questa diversificazione può essere riscontrabile sia comparando città di stati differenti sia osservando le città presenti in una stessa nazione. La competizione delinea aree di successo ed aree che, non riuscendo ad inserirsi a dovere nell’attuale sistema economico, sono destinate a rimanere indietro. La nuova geografia dello sviluppo si incentra quindi sui territori, ed in particolare sulle città.

Ricchezza e povertà sembrano sempre meno distanti a livello spaziale. Allo stesso modo benessere e miseria convivono all’interno della stessa città, sono sempre più vicine a livello spaziale, ma sempre più distanti a livello sociale.

Ciò che colpisce, infatti, nell’osservare le città attuali è il tendenziale accrescimento delle disuguaglianze tra vari gruppi sociali che condividono lo stesso spazio di vita. Una dualità che si manifesta quindi sia tra le città che nelle città stesse. La città duale è dunque tale sia al suo interno sia nei confronti di altre città.

Come si è arrivati alla città duale?

Le politiche economiche (neo)liberiste degli ultimi trent’anni hanno sancito la graduale perdita del ruolo regolativo dello Stato ed una generale riduzione delle sue capacità di redistribuzione della ricchezza. Nei paesi occidentali, in particolare, sono state attuate politiche di progressivo smantellamento dello stato sociale e politiche economiche orientate a favorire gli investimenti provenienti dall’esterno.

Questo percorso ha prodotto quella che David Harvey ha indicato come una particolare prevalenza degli interessi economici rispetto al decisionismo politico, che si è tramutata in un crescente orientamento delle politiche nell’investire risorse per favorire processi di sviluppo economico piuttosto che destinare tali risorse al sistema di protezione sociale.

Stiamo conoscendo un periodo storico nel quale il concetto di competizione tende a permeare gran parte dei livelli della vita sociale, configurando un quadro nel quale la disponibilità di reddito diviene criterio di accesso al “diritto alla propria esistenza”.

Ne risulta una situazione in cui chi riesce, in base alle proprie risorse iniziali e alle proprie competenze, ad inserirsi in questo sistema può vivere una vita più o meno dignitosa; mentre chi non risulta in grado di competere con gli altri viene relegato ai margini della società in condizioni il più delle volte disumane (basti pensare al fenomeno degli homeless).

Oggi tuttavia appare sempre più evidente che il lavoro, nella maggior parte delle sue nuove configurazioni dense di precarietà, non funge più da garanzia reddituale. Esso inoltre si differenzia molto al suo interno tra una miriade di lavori scarsamente retribuiti ed un ristretto gruppo di mansioni altamente pagate. .

Il meccanismo della città duale si replica anche qui: un mercato del lavoro duale che crea un abisso tra gruppi ristretti dagli stipendi elevati e una moltitudine di lavoratori scarsamente e discontinuamente pagati. Le ripercussioni che una tale divisione del lavoro, in assenza di un forte meccanismo di redistribuzione della ricchezza, ha sulla società attuale sono sempre più preoccupanti e, naturalmente, rafforzano i processi alla base della formazione della città duale.

Com’è organizzata la città duale?

Assistiamo, infatti, ad una graduale polarizzazione sociale che, grazie anche all’erosione della ricchezza delle classi medie, restituisce sempre più l’immagine di una società a due velocità. Queste tendenze trovano manifestazione negli spazi urbani: la collocazione delle residenze, le possibilità di consumo ed in generale le modalità di fruizione dello spazio urbano, appaiono sempre più differenziate in base ad una discriminante economica che tramuta le disuguaglianze sociali in disuguaglianze spaziali.

Quartieri ricchi e benestanti si giustappongono ad oceani di disagio e ristrettezza economica, definendo diversi gradienti di qualità della vita nelle città. In questo senso il concetto di dualità appare come una chiave di lettura adeguata nell’interpretare le dinamiche a cui sono sottoposte le città al loro interno.

La città duale è un destino ineluttabile?

Questa crescente differenziazione sociale, che attraversa il mondo del lavoro come gli spazi della vita urbana, si manifesta anche in nuove forme di organizzazione politica che prendono vita nella città duale. Movimenti urbani, associazioni e comitati fioriscono dove le disuguaglianze assumono i tratti più evidenti, richiamandosi ad un’idea di giustizia sociale che ha nell’eguaglianza formale degli individui il proprio centro nevralgico.

Lotte per la casa, battaglie per la parità di diritti, nuove forme sindacali e varie rivendicazioni che fanno parte di questo panorama sembrano oggi le principali animatrici di una richiesta globale di maggiore giustizia, che si scaglia direttamente contro le politiche neoliberistiche ed i meccanismi della finanza globale, partendo da Wall Street, Hong Kong, piazza Taksim, San Paolo, solo per citare i fermenti più significativi.

Per quanto non sia possibile individuare in queste espressioni una qualche sorta di internazionalismo, è in queste forme politiche che, in vario modo, si assiste oggi alla riscoperta di una nuova forma democratica di partecipazione diretta all’interno della città duale. Esse rappresentano la presa di coscienza di una cittadinanza globale che individua nei meccanismi attuali della rappresentanza politica una nuova forma di articolazione del potere e dello sfruttamento, non più legata alla rigida contrapposizione marxiana tra produttore e lavoratore.

Che si tratti di una moltitudine che prende coscienza (Toni Negri) o di una nuova alleanza tra movimenti urbani e lotte per il lavoro (David Harvey) poco importa, ciò che conta è comprendere le cause della propria condizione esistenziale. In questo senso il neoliberismo ed il suo progetto economico-politico ideologicamente determinato vengono identificati come i mali da sconfiggere, nella generale convinzione di un necessaria riscoperta della città come sistema di integrazione, piuttosto che come luogo di disarticolazione sociospaziale.

La città duale: riferimenti bibliografici

Harvey D. (2002), La crisi della modernità, Net edizioni.
Harvey D. (Ed.) (2005), Spaces of neoliberalization: towards a theory of uneven geographical development (Vol. 8), Franz Steiner Verlag.
Negri A. & Hardt M. (2001), Impero. Il nuovo ordine della globalizzazione, Bur.
Negri A. & Hardt M. (2010), Comune: oltre il privato e il pubblico, Rizzoli.
Negri T. & Revel J. (2012), Invenatre il comune, DeriveApprodi.
Sassen S. (1997), Le città nell’economia globale, Il Mulino.
Sassen S. (2007), A sociology of globalization, Norton & Company.

Immagine | Nikolas Kallmorgen Travel Photographer

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Classe 1986 si laurea a Bologna in geografia, proprio mentre questo sapere rischia di scomparire dai programmi di insegnamento. Si avvicina quasi per caso alla sociologia ed attualmente frequenta un dottorato presso l'Università di Urbino. Si occupa di trasformazioni urbane e del loro impatto sociale, prediligendo un'idea di osservazione che parta "dal basso" e dalle classi meno abbienti. Vive in una cittadina in corso di deindustrializzazione nelle Marche e ne studia i mutamenti sociali. Appassionato di politica, cucina ed agricoltura, dedica il suo tempo ad un centro sociale in cui tiene un corso di orticoltura, organizza pranzi ed ogni tanto distribuisce volantini. Ama gli animali a tal punto da decidere di non mangiarli, tuttavia non prova lo stesso sentimento per molte espressioni dell'agire umano. Ha dei problemi incredibili nella scelta del vestiario, ma prova comunque a coniugare il suo background punk con delle camicie vagamente eleganti. Tenta di fuggire il più possibile dai meccanismi di mercato prediligendo, ove possibile, il mondo delle autoproduzioni.
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