Città 30, qual è il rapporto tra limiti di velocità e vivibilità urbana?8 min read

5 Giugno 2024 Ambiente -

Città 30, qual è il rapporto tra limiti di velocità e vivibilità urbana?8 min read

Reading Time: 7 minutes

A gennaio 2024 è entrata ufficialmente in vigore “la città 30” a Bologna: la prima grande città in Italia a introdurre un provvedimento simile (anche se non la prima in senso assoluto), provvedimento che ha avuto una eco nazionale non indifferente. Non si è fatta attendere, infatti, la reazione scomposta del governo attraverso il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, che dopo tweet, reels e post vari ha dato seguito alla sua contrarietà con una direttiva ministeriale sull’attuazione della città 30.

Cosa significa città 30?

Ma cos’è una “città 30”? Non c’è una vera e propria definizione nella normativa del Codice della Strada, ma vengono definite così le città in cui il limite di velocità prevalente è 30 km/h. Secondo il Codice della Strada attuale, infatti, il limite di velocità previsto di base in ambito urbano è 50 km/h; può essere elevato a 70 km/h nel caso in cui la sezione stradale lo permetta, e può essere ridotto a 30 km/h nei casi di necessità. Anche nel resto d’Europa la regolamentazione è simile: in Francia e Germania, se non diversamente indicato, il limite è 50 km/h, in Spagna invece nei centri urbani il limite è già fissato a 30. Ma quale e quanta differenza fa il limite di velocità? Perché il limite di 30 km/h sta prendendo piede in tante città in Europa? Ci sono due aspetti da tenere in evidenza, che analizziamo di seguito.

Perché si inserisce il limite di 30 km/h?

Il primo aspetto è spaziale. Sempre secondo il Codice della Strada, la dimensione della carreggiata (cioè, lo spazio destinato alla circolazione dei veicoli, a una o più corsie di marcia, delimitata da due strisce bianche continue) è strettamente legata alla velocità di percorrenza: per poter garantire la corretta circolazione con un limite di 50 km/h, la carreggiata deve essere larga almeno 5,50 metri se a doppio senso, 3,00 metri a senso unico. Questo dimensionamento esclude marciapiedi, parcheggi, piste ciclabili, aiuole spartitraffico, cordoli e distanziatori. Limitare la velocità a 30 km/h in ambito urbano permette di restringere la carreggiata, mantenendo gli standard di sicurezza. Il risparmio di qualche centimetro per lato sembra esiguo sulla carta, ma rende disponibile tantissimo spazio per gli altri utenti della strada, solitamente detti deboli: pedoni e ciclisti. 

@unsplash grwood

La questione legata allo spazio può sembrare banale, ma nelle nostre città, sempre più strette e ingolfate da mezzi a motore sempre più grandi, è un aspetto fondamentale: le automobili sono cresciute di un centimetro ogni due anni, diventando troppo grandi anche per le misure standard di parcheggio. Provate a infilare un SUV moderno nei canonici 2,50 per 5,00 metri di parcheggio in linea senza toccare le altre auto parcheggiate: un’impresa da guinness dei primati. Lo spazio occupato dalle nostre auto impedisce a tutti un utilizzo più equo della strada. Con il limite a 30 km/h, si permette una ridistribuzione e democratizzazione dello spazio.

Riducendo lo spazio dedicato alla circolazione delle auto, possono essere allargati i marciapiedi, disposti diversamente i parcheggi (inserendone di più: il parcheggio “a spina di pesce” ad esempio può essere previsto solo in tratti di strada a velocità limitata, per motivi di sicurezza), possono essere inserite corsie dedicate alla circolazione sicura delle biciclette. Inoltre, il limite di 30 km/h orari permette anche una riduzione degli spazi di intersezione, con la possibilità di creare attraversamenti pedonali più sicuri. Il limite di velocità così diminuito permette anche la pedonalizzazione di alcuni spazi prima occupati da automobili. A Bologna, ad esempio, nel 2022 è stata inaugurata in via Procaccini, grazie all’intervento di Fondazione Innovazione Urbana, una “piazza scolastica”: dal recupero e pedonalizzazione di uno slargo stradale, è nato un luogo sicuro, accogliente e bello per gli studenti, i genitori e gli abitanti della zona. Uno spazio rigenerato, uno spazio per le persone, uno spazio più bello.

Andare a 30 è più sicuro?

Il secondo aspetto riguarda la sicurezza stradale. Numerosi studi dimostrano come, in caso di incidente tra un veicolo che procede a 50 km/h e un pedone, quest’ultimo ha il 50% di probabilità di morte, mentre cala drasticamente sotto al 10% se il veicolo procede a 30 km/h. Inoltre, lo spazio di frenata necessario per evitare l’impatto a 50 km/h è 28m, mentre bastano 13 metri per evitare l’incidente se si procede a 30 km/h. Il 75% dei chilometri percorsi in auto avviene all’interno delle aree urbane dove accadono circa il 70% degli incidenti. La principale causa dell’incidentalità è l’eccesso di velocità, intesa come situazione in cui il conducente sta procedendo ad una velocità che non gli consente di arrestare il veicolo in tempo utile per evitare l’impatto. A 50 km/h nel solo tempo di reazione di fronte ad un ostacolo, che è circa di un secondo, si percorrono 15 metri; l’impatto in questo caso risulta pari ad una caduta da un’altezza di 10 metri, tre piani di una casa. A 30 km/h l’impatto equivale ad una caduta da circa 3,5 metri di altezza. Queste poche informazioni dovrebbero essere sufficienti per comprendere come la velocità di un veicolo influisca sull’entità del trauma e sulle conseguenze dell’incidente. In Italia, nel 2022 sono avvenuti 165.889 incidenti stradali: 457 al giorno. Gli incidenti hanno causato 3.159 morti, di cui 485 pedoni, e 223.475 feriti (fonte ISTAT). Inoltre, 12.361 incidenti, secondo INAIL, sono avvenuti in contesto lavorativo.

@unsplash bogs

Per questo, molte città in Europa e anche in Italia stanno introducendo il limite di velocità in area urbana, trasformandosi in città 30. In Europa esempi illustri sono Parigi e Barcellona. In Italia, la prima città 30 è stata Olbia, istituita nel 2021. Olbia è un comune di 61.495 abitanti, distribuiti in un nucleo compatto e alcune frazioni più piccole. Mentre era in corso la redazione del Piano della Mobilità Ciclistica e Pedonale, il sindaco di Olbia Settimo Nizzi ha deciso per l’istituzione anche del limite di 30 km/h in tutta la città, con successiva revisione e inserimento degli assi di scorrimento a 50 km/h. Una scelta azzardata forse, che però ha significato la ri-elezione del primo cittadino e ora sta comportando significative modifiche all’assetto stradale urbano.

Cosa dice la Direttiva Salvini sul limite di 30km/h?

La direttiva che il Ministro Salvini ha inviato all’ANCI dichiara invece che il limite di 30 km/h possa essere stabilito solo in alcuni casi circoscritti. Il Ministro fa riferimento agli articoli 141 e 142 del Codice della strada e richiama alla circolare n. 1200 del 14 giugno 1979: in sintesi, indica che i limiti di velocità possono essere stabiliti diversamente da 50 km/h solo in tratti di strada in cui è necessario, specialmente in luoghi frequentati da bambini e anziani, biciclette, ciclomotori e passi carrabili, e riprende un comma in cui si esplicita che il conducente non deve circolare a velocità così ridotta da provocare pericoli.

La direttiva del Ministro ignora quindi volontariamente sia gli studi più recenti sull’incidentalità urbana e sulla mobilità, sia altre direttive ministeriali: il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti stesso, tramite la promulgazione del Piano Generale per la Mobilità Ciclistica 2022-2024, dichiara l’importanza strategica dello sviluppo della rete ciclabile e, dove non è possibile realizzare l’infrastruttura, di istituire limiti di velocità a 30 km/h nelle aree urbane. L’articolo 141 del Codice della Strada, citato in questo modo inoltre, trae in inganno, portando a pensare che normalmente le auto in città circolino a grande velocità. Ma a Bologna, nell’ora di punta, la velocità media rilevata era 32 km/h (nel 2023, secondo TomTom traffic index).  Di sicuro, istituire il limite di velocità a 30 km/h non rende più pericolosa la circolazione. Infine, la circolare del 1979, benché redatta secondo una visione della città ormai vetusta, elenca come tratti da proteggere luoghi frequentati da utenti deboli come bambini e anziani, e strade frequentate da biciclette e ciclomotori: le strade di ambito urbano, dove come accennato poco sopra lo stesso Ministero invoglia le persone ad andare in bicicletta. Il Ministro inoltre scorda un altro documento emanato dal suo stesso ministero, ovvero il Piano Nazionale Sicurezza Stradale 2030, dove nelle linee strategiche di indirizzo per le amministrazioni inserisce la creazione di zone 30 come misura per ridurre la velocità in contesto urbano.

Mettere in pratica soluzioni logiche e funzionanti

Le pubblicità di automobili hanno rafforzato in noi l’immaginario di una città vuota, a nostra disposizione per corse notturne, o di spazi aperti e incontaminati da attraversare come esploratori. La realtà invece è fatta di incroci, semafori, rotatorie, e soprattutto migliaia e migliaia di altri utenti che sognano lande desolate, mentre rispondono al telefono e mancano lo stop, pregando che l’ABS salvi la carrozzeria. 

Non è più sostenibile incentivare un modello auto-centrico per le città. Se nelle periferie e nelle campagne l’automobile è uno strumento di libertà, in città diventa una prigione dorata: sogniamo di poter raggiungere in auto tutti i nostri posti del cuore in 2 minuti, ci ritroviamo in coda per ore aspettando scatti il verde per fare un tragitto di 2 km. Ci sono troppe auto, troppo grandi, troppo spesso occupate da una sola persona.

La pubblica amministrazione ha il dovere di migliorare la città, prendendo scelte magari controcorrente, ma sempre doverosamente basate sui dati e su soluzioni logiche ai problemi che la complessità odierna ci pone. Deve dare priorità alla salute e alla vita delle persone, in ottica preventiva e non punitiva, disincentivano i comportamenti pericolosi, a prescindere dal colore politico.

@unsplash scoutthecity

Ridurre gli incidenti e migliorare lo spazio che attraversiamo

Il modello di città 30 funziona: ce lo dimostrano le sperimentazioni che la stanno applicando. Funziona per la riduzione degli incidenti, funziona per la riduzione dei tempi di percorrenza, funziona per la riduzione dell’inquinamento. È necessaria una pianificazione degli interventi, anche tramite modelli ingegneristici di simulazione del traffico; è attuabile solo con la partecipazione e collaborazione della cittadinanza, che va informata e accompagnata nel processo di cambiamento.

Abbiamo già gli strumenti per farlo: nel 2013 l’Unione Europea ha introdotto i PUMS, Piani Urbani della Mobilità Sostenibile, che affrontano gli aspetti di mobilità prendendo tutti gli elementi (trasporto pubblico, auto private, logistica, biciclette, pedoni, mobilità elettrica, sharing) inclusa la partecipazione attiva della cittadinanza. Migliorare quindi la mobilità si può, comporterà scelte decise delle amministrazioni e cambiamenti importanti per chi vive in contesto urbano soprattutto. Migliorare la mobilità significa ridurre gli incidenti e migliorare lo spazio che attraversiamo.

CONDIVIDI

Architetta, si occupa di mobilità sostenibile, città accessibili, disastri naturali, portualità e comunicazione digitale: un mix eclettico che la tiene sempre alla ricerca di novità.
Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Iscriviti alla niusletter e resta aggiornato

Lascia la tua email qui sotto e rimani aggiornato con le ultime novità dal Blog di Le Nius
Puoi annullare l’iscrizione in qualsiasi momento facendo clic sul collegamento nel footer delle nostre e-mail. Per informazioni sulle nostre pratiche sulla privacy, trovi il link qui sotto.

Su cosa Vuoi Rimanere Aggiornat*?

Scegli lo scopo per cui vuoi ricevere le nostre Niusletter. Scegli almeno un’opzione per permetterci di comunicare con te

TORNA
SU