Città 15 minuti, cosa significa e come influenza la nuova urbanistica9 min read

2 Agosto 2024 Ambiente -

Città 15 minuti, cosa significa e come influenza la nuova urbanistica9 min read

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Nell’ultimo decennio le proposte di innovazione urbana sono cambiate, dal modello basato sull’efficientamento delle reti di trasporto privato e pubblico alla “città 15 minuti”. Il cambio di paradigma è forte: si passa dal voler collegare i punti nodali della città, dislocati nei vari quartieri, nel modo più rapido ed efficiente possibile, a un modello di quartiere dove sono soddisfatte le necessità di vita, dal lavoro allo studio allo svago con uno spostamento massimo di 15 minuti dalla propria abitazione. Un sostanziale rifiuto dell’urbanistica a zone, considerata ormai fallimentare, e una ricerca della cosiddetta mixitè, la mescolanza di funzioni e di persone di diversa estrazione.

Questa idea sta iniziando ad essere applicata in varie città del mondo, soprattutto di grandi dimensioni, dove le pubbliche amministrazioni stanno tentando di rendere questi enormi, complessi organismi più vivibili, più sicuri, più belli, con scelte anche impopolari, sollevando inevitabili polemiche.

La teoria della città 15 minuti di Carlos Moreno

Il professore franco-colombiano Carlos Moreno, nel suo libro “La città dei 15 minuti. Per una cultura urbana democratica” teorizza e descrive un modello basato su quello che chiama “crono-urbanismo”. In un articolo del 2019 pubblicato sul suo blog, Moreno sostiene che

La transizione energetica, con il cambio di paradigma verso fonti prive di carbonio e rinnovabili, è certamente una priorità, ma sarà piuttosto derisoria se non andrà di pari passo con una politica urbana ambiziosa focalizzata sulla convergenza con una trasformazione radicale dei nostri stili di vita. In un momento in cui il trasporto è diventato il più grande emettitore di CO2, è necessario conciliare i requisiti di una città sostenibile in termini di energia, ma molto più di questo, si tratta di mettere in discussione il nostro ritmo di vita urbano.

Il crono-urbanismo è quindi innanzitutto un nuovo approccio al tempo, soprattutto al tempo dedicato agli spostamenti sistematici, quotidiani, inevitabili, per far fronte al cambiamento climatico con un cambiamento degli stili di vita e, quindi, della città. Bisogna ripensare la pianificazione come pianificazione della vita urbana, trasformando lo spazio. La città deve passare quindi da una divisione a zone, monofunzionale, con un centro e una periferia nette collegate da grandi assi di comunicazione, a una città policentrica, basata su quattro componenti principali: prossimità, diversità, densità e ubiquità. Deve, cioè, ricomporsi in più nuclei, ciascuno dei quali offre molteplici servizi vicini alle abitazioni.

Queste componenti secondo Moreno permetteranno di accedere più facilmente alle funzioni umane e sociali.  Le funzioni umane erano state teorizzate dal Congresso Internazionale di Architettura Moderna – CIAM con la Carta di Atene nel 1933, dove venivano enunciati i mezzi per migliorare le condizioni di esistenza nella città moderna, che devono permettere lo svolgere armonioso delle quattro funzioni umane: abitare, lavorare, divertirsi e spostarsi. Quasi cento anni dopo, secondo Moreno, le funzioni sociali urbane essenziali da soddisfare a breve distanza diventano sei: vivere, lavorare, rifornirsi di beni, prendersi cura, apprendere e divertirsi.

Quello che agli occhi dei non addetti può sembrare un vezzo, è un cambio di paradigma e di visione notevole: scompare dalle funzioni lo spostarsi, che smette di essere una attività a sé stante ma torna ad essere accessoria, necessaria al soddisfacimento delle altre ma non preponderante. Appaiono il rifornirsi di beni e soprattutto il prendersi cura, di sé e degli altri, due funzioni che riguardano strettamente il rapporto con le altre persone e con le loro fragilità, prima ignorato.

Come si trasforma una città “normale” in città 15 minuti?

Il fenomeno delle città 15 minuti sta riguardando soprattutto le grandi città e metropoli, che crescono sempre di più: il 54% della popolazione mondiale (circa 4 miliardi di persone) vive in città ed il trend è in crescita; si stima infatti che nei prossimi 10 anni la popolazione cittadina aumenterà fino a raggiungere il 70% del totale. Per le amministrazioni è fondamentale cercare un miglioramento della qualità della vita dei propri abitanti ora, attraverso un miglioramento della qualità dello spazio urbano, per prevenire o almeno contenere le inevitabili crisi future.

In Europa, troviamo esempi di “città 15 minuti” a Parigi e Barcellona, con due approcci differenti.

Il caso di Parigi

La sindaca di Parigi Anne Hidalgo, grazie anche alla consulenza di Moreno, professore alla Sorbona, sta trasformando la città seguendo una versione del crono-urbanismo chiamata “ville du quarte d’heure”. Il modello è quello della teoria: una persona deve poter accedere ai servizi partendo da casa propria e percorrendo massimo 15 minuti a piedi. Una aggiunta interessante è che nel modello parigino sono presi in considerazione anche gli spostamenti tra i vari luoghi, non solo in relazione alla casa, anch’essi di breve durata. Per permettere questa possibilità, l’amministrazione sta implementando la mobilità ciclistica, con la realizzazione di nuove piste ciclabili, limitazioni al traffico veicolare, ripensamento delle sezioni stradali a favore dei pedoni e dei ciclisti, in modo da incentivare gli spostamenti in bicicletta e scoraggiare l’uso dell’auto privata, nella duplice ottica di incidere sull’inquinamento e sulla fruizione dei servizi di vicinato. L’urbanista Michael Colville Andersen ha dedicato una intera serie di video alle trasformazioni di Parigi sul suo canale “The Life-Sized City”.

città 15 minuti
@Parigi

Barcellona

A Barcellona si sta sperimentando invece il sistema delle Superillas, già dagli anni 90. Barcellona è famosa per la sua pianta a scacchiera, in applicazione del Piano Cerdà, dal nome dell’urbanista che delineò il piano di espansione della città nel 1860. Le superillas o superblocchi sfruttano la rigida griglia urbana esistente, creando una griglia di secondo livello unendo 9 blocchi in uno più grande. All’interno del superblocco, sono in vigore limitazioni della velocità veicolare che permettono la riconquista dello spazio urbano e la ridistribuzione delle attività. Incentivare la mobilità pedonale ha favorito lo sviluppo di attività di vicinato nei superblocchi. Al momento la sperimentazione riguarda 6 superblocchi, ma se ne prevedono altri 11 a breve. Spesso si ritiene che alcune pratiche possano funzionare solo in Europa, dove la dimensione, anche delle grandi città, rimane contenuta. Tuttavia, sperimentazioni simili stanno avvenendo in tutto il mondo.

Portland, Melbourne, Bogotà

La città di Portland, in Oregon, Stati Uniti, è stata pioniera con il Portland Plan. Il piano prevede infatti che entro il 2030 il 90% degli abitanti potrà facilmente raggiungere da casa, a piedi o in bicicletta, qualsiasi servizio necessario nel giro di 20 minuti. Il Portland Plan è stato incentrato sulla promozione della prosperità, sulla riduzione delle emissioni di anidride carbonica, e sul fare in modo che istruzione, salute ed equità sociale ne traggano benefici. La pianificazione dei quartieri 20 minuti è partita dalla periferia, poiché dalle analisi risultava essere la zona meno accessibile.

Il “Piano Melbourne 2017-50” di Melbourne, in Australia, è una simile strategia di pianificazione a lungo termine. Attraverso il decentramento della città come principale centro di servizi e di lavoro, e come spazio di collegamento sociale, ogni quartiere viene messo in grado di incoraggiare la mobilità attiva, ospitare abitazioni di vario tipo a prezzi accessibili, fornire campi da gioco, scuole, ospedali, negozi di vendita al dettaglio, garantendo l’accesso alle strutture sportive e ricreative.

Bogotà, capitale della Colombia e una delle metropoli più congestionate dal traffico al mondo, grazie alla volontà della sindaca Claudia López Hernández, ha iniziato a sperimentare i Barrios Vitales, partendo dal Barrio San Felipe: anche qui, il progetto mira a ridistribuire lo spazio pubblico utilizzato per la circolazione dei veicoli a vantaggio dei pedoni, potenziando le dinamiche di quartiere, culturali e commerciali.

città 15 minuti
@Bogotà

 

La città 15 minuti è figlia della città 30? Quali sono le differenze?

Dagli esempi emerge come spesso una città 15 minuti per funzionare e garantire la possibilità di muoversi a piedi in sicurezza si appoggi a provvedimenti di limitazione del traffico veicolare. Città 15 minuti e città 30 (ne abbiamo parlato qui) dialogano, ma non necessariamente sono una conseguenza dell’altra. La città 30 è una città in cui nella maggior parte delle strade il limite di velocità imposto è 30km/h: niente assicura che le proprie necessità possano essere soddisfatte nel breve raggio. Migliorerà la sicurezza stradale, potranno essere realizzate soluzioni per rendere più vivibili le strade, ma non necessariamente aumenteranno i servizi in alcune zone prettamente residenziali. La città 30 è una misura che impatta maggiormente sulla viabilità di una città, mentre la città 15 minuti come concetto riguarda un ripensamento generale della distribuzione delle funzioni nella città.

Ma in 15 minuti è davvero possibile risolvere tutto?  

Le sfide della città 15 minuti sono molteplici:

  • garantire l’accessibilità ai servizi
  • potenziare la mobilità attiva
  • rivitalizzare parti di città.

Non sono obiettivi facili o a breve termine, e le pratiche per raggiungerli muovono spesso pesanti critiche.

Le critiche al modello città 15 minuti

Controllo

Alcuni sostengono che la città 15 minuti sia un sistema per controllare le persone e limitarne gli spostamenti. Quando a Oxford nel 2023 il Consiglio Comunale ha proposto misure per favorire la città 15 minuti, alcuni manifestanti sostenevano che le azioni messe in atto dal Comune li avrebbero costretti all’isolamento fisico nei rispettivi quartieri di residenza perché penalizzavano fortemente tutti i loro movimenti in automobile.

Quartieri ghetto

Al di là di teorie del complotto tanto in voga oggi, il timore che superblocchi e limitazioni al traffico veicolare siano cambiamenti positivi solo nelle zone abitate da persone benestanti, che possono adeguarsi facilmente a nuovi stili di vita, è lecito. Pianificatori e progettisti si sono già resi colpevoli della creazione di quartieri-modello e città-giardino diventati poi ghetti in cui isolare gli abitanti: nelle grandi città italiane abbiamo numerosissimi esempi, come il Diamante a Genova, Corviale a Roma, Scampia a Napoli, lo Zen a Palermo, per citare i più famosi. È fondamentale accompagnare tali riforme e cambiamenti veloci, come l’istituzione formale dei superblocchi e le zone 30, con politiche di incentivazione delle attività di quartiere, sia commerciali che politico-culturali. Inoltre, accompagnare la popolazione nel processo, in modo che il cambiamento parta anche dal basso, permette di trasformare un processo imposto top-down in una partecipazione bottom-up, più difficile ma anche più duratura e pregnante.

Rischio gentrificazione

Un’altra critica che viene mossa alla città 15 minuti è l’innesco di fenomeni di gentrificazione nei quartieri periferici. La gentrificazione, brevemente, è il cambiamento della popolazione di un’area con una più ricca, a seguito della riqualificazione del quartiere. È un fenomeno tipico delle grandi città, ma è una conseguenza diretta del funzionamento del mercato più che dell’urbanistica. Le case, infatti, aumentano di prezzo perché c’è grande richiesta, le attività commerciali si evolvono per soddisfare i bisogni dei nuovi abitanti e gli abitanti storici vendono le case e si trasferiscono altrove.

La soluzione alla gentrificazione, però, non può essere l’immobilismo urbanistico: negare i miglioramenti urbani in alcune zone per il timore che i prezzi delle case aumentino e quindi le persone più povere non siano più in grado di vivere in quel quartiere significa spostare sul tema urbanistico un problema legato al mercato. La pubblica amministrazione dovrebbe intervenire sul secondo, ma la soluzione non può essere sacrificare il primo.

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Architetta, si occupa di mobilità sostenibile, città accessibili, disastri naturali, portualità e comunicazione digitale: un mix eclettico che la tiene sempre alla ricerca di novità.
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