CIE, prigione senza reato4 min read

8 Dicembre 2014 Politiche migratorie -

CIE, prigione senza reato4 min read

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CIE
@iljournal.today

Capita che hai 20 anni, sei nato e cresciuto in Italia, sei in giro con i tuoi amici ed i tuoi genitori sono stranieri. Capita che sei andato a scuola in Italia, ti sei diplomato, stai cercando un lavoro. Capita anche che mentre cammini per strada la polizia ti ferma e ti fa un semplice controllo dei documenti. Nessuno ti ha detto che una volta compiuti 18 anni eri tenuto a regolarizzare la tua posizione, eri tenuto a chiedere la cittadinanza italiana. Non lo sapevi e non lo hai fatto. Finisci in un CIE. Sei poco più che un ragazzo e ti ritrovi dietro le sbarre.

Dai CPT ai CIE

I Centri di Identificazione ed Espulsione sono una storia lunga, nata quando il nostro amico ventenne non era ancora nato. Era la Legge Martelli, era il 1990. Per la prima volta, per combattere il fenomeno dell’immigrazione clandestina, si introducevano pene detentive e pecuniarie. Nel 1998 con la Legge Turco-Napolitano, si passa alla creazione dei CPT, ovvero, i Centri di Permanenza Temporanea dove vengono imprigionati ex detenuti ed immigrati irregolari. Sarà solo con la legge Bossi-Fini e la legge 125 del 2008 che inizieremo a parleremo di CIE.

Stando a quanto stabilito dalla legge i CIE sono strutture nelle quali vengono ospitati gli stranieri extracomunitari irregolari e destinati all’espulsione. Durante gli anni la loro regolamentazione ha subito diverse modifiche, ma il loro scopo principale non è mai cambiato: evitare la dispersione sul territorio degli immigrati e provvedere al loro rimpatrio forzato.

In pratica, quando finisci in un CIE sai quando entri e non sai quando esci. La legge stabilisce come tempo massimo di permanenza 30 gg durante i quali si dovranno espletare tutte le procedure al fine di identificare gli extracomunitari, reperire i documenti ed organizzare il rimpatrio. Magari. Le operazioni di identificazione sono lunghe se non impossibili, 30 gg non bastano mai, allora il questore chiede al Giudice una proroga di ulteriori 30 gg. Poi però arriva la legge 129 del 2011 la quale ha introdotto la possibilità di ottenere ulteriori proroghe e quindi si arriva a 30 più 30 più 60.

Se dopo 180 gg non è stato ancora possibile procedere all’espulsione, sarà possibile ottenere ulteriori proroghe per periodi non superiori a 60gg fino ad un termine massimo di ulteriori 12 mesi. Dopo tutto questo tempo trascorso in un Cie, il questore può ordinare allo straniero extracomunitario di lasciare il paese entro 7gg. Peccato però che la legge 129/2011 non ha completamente dato esecuzione alla direttiva rimpatri e quindi non è stato previsto che in determinati casi la persona possa essere rilasciata.

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Ma torniamo alla nostra storia, il nostro amico è ormai da più di un anno chiuso in un’autentica prigione. Ci sono celle, ci sono sbarre, ci sono persone appena uscite di galera e poi c’è lui che ha frequentato la scuola, ha comprato i libri, ha pagato le tasse. Come lui ci sono tante altre persone che hanno lavorato a nero o che si sono dovuti versare i contributi perché il datore di lavoro gli ha detto o così o niente, in sintesi, lavoratori irregolari.

Ma qual è il reato? Di cosa sono accusato? Io stavo solo passeggiando con i miei amici è forse questo un reato? Bè a questo ragazzo dovremo rispondere che il suo unico reato è quello di essere nato e di camminare sul suolo italiano. Pare che per chi non abbia un documento questo sia illegale.

L’art. 13 della nostra Costituzione sancisce solennemente che

La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dall’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge

È chiaro che il nostro ordinamento non prevede la detenzione se non a seguito di violazione di norme penali. Ma qui nessuno ha infranto la legge. Però questo al nostro amico non lo ha spiegato nessuno e dovrà crescere in fretta, dovrà imparare a sopravvivere in quell’ambiente assieme a persone che come lui non hanno fatto nulla e a chi, diversamente da lui, il suo debito con la giustizia lo ha già pagato e che a sua volta ha imparato a sopravvivere secondo le regole di un carcere duro.

Frequenti sono le rivolte nei CIE, frequenti sono le botte, le umiliazioni. I giornalisti non entrano al massimo fanno entrare qualche politico magnanimo. I detenuti, che proprio per non aver commesso alcun reato vengono chiamati “ospiti”, sono portati a commettere atti di autolesionismo. Si cuciono la bocca, prendono psicofarmaci, vivono in piccole celle, contano le sbarre. Fuori ci sono i loro figli, la loro famiglia, i loro genitori. Di quale reato stiamo parlando?

E anche qui come nei CARA la gestione è sospetta, la sorveglianza è affidata alle forze dell’ordine ed ai loro manganelli, la responsabilità è in capo alle locali prefetture e la gestione è di competenza di enti privati che ottengono l’appalto con gara a trattativa privata gestita dalle prefetture competenti. Anche qui, un giro di affari da milioni di euro.

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Potrei dimenticare a pranzo ciò che ho mangiato a colazione, ma non potrei mai dimenticare gli occhi e le storie delle persone. Laurea in Giurisprudenza, passione per i diritti umani. Animo nomade che del viaggio apprezza le storie che esso racconta. Credo nella potenza delle masse e in chi crede e lotta.
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