Charlie Hedbo, la guerra non è un videogioco2 min read

11 Gennaio 2015 Giochi -

Charlie Hedbo, la guerra non è un videogioco2 min read

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Scrive il Corriere della Sera che i due attentatori di Parigi, i fratelli franco–algerini Said e Cherif Kouachi, potrebbero essersi ispirati alle modalità d’azione di un noto videogioco.

L’ipotesi è tutt’altro che campata per aria. Può sembrare un dettaglio assurdo, paradossalmente degno di quei fumetti satirici che hanno innescato le ire degli integralisti, ma pare che Isis usi davvero i videogiochi per reclutare nuovi adepti. Su YouTube circola il trailer di una versione apocrifa di Grand Theft Auto, nella quale il giocatore interpreta un guerrigliero impegnato ad abbattere infedeli per le strade dello Stato Islamico.

Del resto non è un mistero che molti combattenti della Guerra Santa siano anche fanatici di quella virtuale: nel giugno del 2014 un soldato dell’Isis, intervistato dalla BBC, aveva dichiarato chiaro e tondo che combattere la jihad era più divertente che giocare a Call of Duty.

Non crediamo che i fratelli Kouachi avessero in testa GTA Isis mentre facevano irruzione nella sede di Charlie Hebdo.

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Questa è la realtà. L’immagine ad inizio articolo è  invece un frame di The Jihad Simulator

Certo è che il video dell’atto terroristico sembra preso di peso dal celebre titolo Rockstar. E per una macabra coincidenza, il momento in cui uno dei due attentatori spara al poliziotto sdraiato per terra ricorda in modo inquietante una scena mostrata nel trailer del videogame jihadista.

Ora, è vero che i fratelli Kouachi erano nati e cresciuti in Europa e imbevuti di cultura occidentale. Basti dire che Cherif, il maggiore, era un appassionato di musica rap; la stessa musica rap che spesso, a chiusura del cerchio, celebra quei criminali da strada dipinti come fascinosi antieroi da GTA. Però l’idea di due guerrieri dell’Islam che ricalcano il loro attacco al cuore dell’Occidente su un videogioco americano, analogamente a quanto avranno fatto i due teenager assassini di Columbine, ha comunque il sapore del cortocircuito.

Su Facebook c’è un complottista che sostiene che il massacro di Charlie Hebdo sarebbe stato un false flag, una messinscena imbastita da imprecisati poteri forti per dirottare l’opinione pubblica. A dire il vero di tizi così ce ne sono parecchi, ma questo mi ha colpito in modo particolare per l’argomento che porta a sostegno della propria tesi: nel video dell’attentato, dice, il sangue del poliziotto ucciso non schizza in modo realistico come fa nei videogiochi.

Internauti italiani, studenti di high school del Colorado, giovani islamici venuti su nelle banlieue di Parigi: tutti così diversi eppure, in fondo, così simili?

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@Jamiecat *

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Classe 1975, è laureato in Lettere. Lavora come editor in campo letterario, televisivo e cinematografico. Vive con la sua famiglia a Segrate, in provincia di Milano.
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