Berta Cáceres, uccisa in Honduras per aver difeso ambiente e diritti umani4 min read

30 Giugno 2016 Mondo Politica -

Berta Cáceres, uccisa in Honduras per aver difeso ambiente e diritti umani4 min read

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Berta Cáceres, uccisa in Honduras per aver difeso ambiente e diritti umani
@Comisión Interamericana de Derechos Humanos

My nombre es Berta. Berta Cáceres inizia la sua battaglia nel 1993, quando ancora studentessa partecipa alla fondazione del ‘National Council of Popular and Indigenous Organizations of Honduras’ (COPINH), con l’obiettivo di migliorare la qualità di vita delle popolazioni indigene, combattendo il progressivo sfruttamento delle loro terre ad opera di multinazionali ed imprese private senza scrupoli.

La diga e il colonialismo predatorio nei confronti delle comunità indigene. Nel 2006 il COPINH viene contattato dai membri della comunità abitante nei pressi del fiume Gualcarque. Il corso d’acqua, da sempre sacro per i Lenca, rappresenta non solo un luogo di estrema importanza spirituale, ma anche una risorsa fondamentale per l’approvvigionamento di acqua e generi di prima necessità. Gli abitanti di Rio Blanco infatti hanno notato nuovi macchinari e costruzioni trasportati nella zona del fiume: alle spalle di tutto ciò c’è la ‘Agua Zarca Dam’, diga progettata dall’unione tra la compagnia onduregna Desarrollos Energéticos SA e la compagnia statale cinese Sinohydro, la più grande costruttrice di dighe in tutto il mondo. L’imponente progetto di questa diga, dalle conseguenze estremamente negative per la comunità Lenca, viene approvato ed iniziato senza che la popolazione indigena sia stata minimamente consultata; questo, secondo i trattati internazionali, rappresenta una pesante violazione dei diritti della comunità centro-americana che da sempre abita quella terra.

Berta guida la protesta. Berta, con modi pacifici ma decisi, inizia un’accesissima campagna di protesta che da Rio Blanco passa per Tegucigalpa ed arriva all’attenzione della comunità internazionale presso la ‘Inter-American Human Rights Commission’. Nonostante gli appelli e i dissensi ormai condivisi da un numero sempre maggiore di persone, il governo decide di proseguire, arrivando a promettere pagamenti in contanti per chi avesse dichiarato apertamente il supporto alla costruzione della diga. Nell’aprile 2013, l’attivista inizia un blocco che durerà per circa un anno: con una intelligente tattica di resistenza non violenta, viene impedito alla DESA l’accesso all’area di costruzione della diga; a fine 2013, l’azienda cinese Sinohydro recede dal contratto con l’industria sudamericana, portando tra le ragioni le violazioni dei diritti umani operate dal progetto, ed i lavori per la diga rimangono sospesi. Probabilmente a causa dell’importante vittoria, per Berta inizia un periodo di continue minacce di morte, da parte anche di militari: nonostante le ripetute denunce, i pericoli per l’attivista vengono ignorati e all’inizio di marzo 2016 due persone armate fanno irruzione nella sua casa a La Esperanza, e la uccidono con un colpo di pistola.

Gli omicidi in Honduras sono all’ordine del giorno. Già in precedenza, durante le proteste relative alla costruzione della diga, era stato ucciso Tomas Garcia, uno dei leader della comunità di Rio Blanco: e solo 12 giorni dopo l’omicidio di Berta, un altro membro del COPINH, Nelson Garcia, viene trovato morto. Questi sono solo alcuni dei moltissimi attivisti, giornalisti, giudici e difensori dei diritti umani coinvolti in diverse attività che dal 2009 sono stati assassinati o attaccati e torturati in Honduras, paese che vive in un pesante clima di violazione dei diritti umani. Secondo la ONG Global Witness, dal 2010 al 2015 sono stati 109 in totale i difensori dei diritti dell’ambiente assassinati in Honduras. Proprio Berta Caceres, nella sua ultima intervista rilasciata al quotidiano Il Manifesto, aveva parlato così

Siamo presi di mira dal sicariato giudiziario e da quello armato. Le nostre vite sono appese a un filo

Omicidi di stato. Le indagini sull’omicidio hanno portato all’arresto di quattro uomini: Sergio Ramón Rodriguez, ingegnere che lavorava per il progetto Agua Zurca, e Douglas Geovanny Bustillo, ufficiale militare in pensione anch’esso facente parte della DESA in passato; Edison Atilio Duarte Meza, un altro ex-ufficiale, e Mariano Diaz Chavez, tutt’ora membro attivo in servizio nell’esercito onduregno. Díaz aveva partecipato alle operazioni in Iraq con l’esercito americano, e faceva parte di una serie di unità dell’esercito dell’Honduras appositamente addestrate dalle forze speciali degli Stati Uniti. Secondo le rivelazioni di un ex-soldato appartenente alle stesse unità, il nome di Berta era stato consegnato a loro insieme a un elenco di altre personalità di ambientalisti di spicco perché venissero tutti assassinati.

Cosa c’entra Hillary Clinton in tutto questo? Pesanti sono anche le accuse fatte ad Hillary Clinton (spesso coinvolta nelle proteste con cartelli come Hillary’s regime change murdered Berta Cáceres), in riferimento al coinvolgimento del governo statunitense nella legittimazione del colpo di stato in Honduras del 2009 contro il governo Zelaya. Berta stessa aveva identificato in Hillary la responsabile del regime militare e repressivo onduregno, dichiarando che gli sforzi di Hillary Clinton per imporre le elezioni in Honduras avrebbero aumentato il potere delle forze violente e degli assassini.

185 ambientalisti uccisi in 16 nazioni. Secondo la ONG Global Witness, il 2015 è stato l’anno in cui le uccisioni di ambientalisti hanno raggiunto il numero massimo: ci sono stati 185 omicidi in 16 nazioni. Di queste, 50 in Brasile, dove gli attivisti tentano di combattere il disboscamento dell’Amazzonia, 33 nelle Filippine, 26 in Colombia, 12 in Perù e in Nicaragua, e 11 nella Repubblica Democratica del Congo. L’aumento rispetto all’anno precedente sarebbe del 60%.

Capitalismo e criminalità. Come riportato da Billy Kyte, autore del report di Global Witness, finché la domanda di prodotti come minerali, legno e olio di palma continuerà in modo così massiccio, le industrie ed i governi, spesso corrotti e collegati alla criminalità, continueranno ad appropriarsi delle terre degli indigeni a prescindere dalla loro volontà.

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23 anni, ho studiato Scienze Linguistiche a Milano. Eternamente indecisa. Ho vissuto un mese a Valencia e forse ne passerò un altro in Inghilterra; dopo aver partecipato come volontaria in un'associazione culturale ed in un festival di fotografia, ho iniziato a scrivere, l'unica passione sulla quale non ho mai cambiato idea.
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