Autonomia energetica urbana: sogno o rivoluzione possibile?7 min read
Reading Time: 6 minutesLa nostra società è sempre più affamata di energia.
Secondo la Statistical Review of World Energy 2024 realizzata dall’Energy Institute, il consumo totale di energia primaria è aumentato del 2% rispetto al 2022, superando di oltre il 5% i livelli pre-pandemici del 2019. A livello regionale, il Nord America guida la classifica con 240 gigajoule pro capite, quasi tre volte la media globale di 77 GJ, mentre l’Europa si posiziona al quarto posto con 115 GJ pro capite. Eppure, il 10% della popolazione mondiale non ha ancora accesso all’elettricità.
L’invasione russa dell’Ucraina ha causato nel 2022 una impennata dei prezzi del gas che non si è ancora fermata: in Italia, il Prezzo Unico Nazionale dell’energia elettrica, indicatore del mercato italiano dell’energia, mostra un incremento del 36,2% tra dicembre 2023 e dicembre 2024, obbligando il Governo italiano a intervenire nuovamente, stanziando circa 3 miliardi per sostenere famiglie e imprese in difficoltà economica a causa dei prezzi dell’energia, senza sviluppare però una strategia di lungo termine e strutturale. Produrre più energia, da fonti non fossili, e risparmiare sulle bollette è diventato un imperativo non più procrastinabile.
Produzione energetica in Italia: ostacoli e soluzioni urbane
Il tema della produzione di energia in Italia è particolarmente sensibile, sia per una certa logica NIMBY not in my backyard che ci contraddistingue (non è noto il numero esatto di comitati sorti contro termovalorizzatori ed elettrodotti, ma anche contro parchi eolici e fotovoltaici) sia per la difficoltà nel conciliare le necessità di produzione con quelle di tutela del paesaggio, che spesso è vincolato. In questo contesto, la produzione di energia in ambito urbano emerge come necessità per migliorare il mix energetico e per tutelare il territorio non ancora antropizzato, riducendo la pressione sui territori naturali e preservando la biodiversità dove possibile.
Una risposta concreta degli ultimi anni è la nascita delle Comunità Energetiche Rinnovabili (CER).
Comunità Energetiche Rinnovabili: cosa sono e come funzionano
Le Comunità Energetiche Rinnovabili o CER, sono aggregazioni di cittadini, piccole imprese, enti territoriali e autorità locali producono, scambiano e consumano energia rinnovabile a livello locale. Nascono nel 2018 tramite la Direttiva Renewable Energy Directive II, e sono state recepite in Italia dal DL 195 dell’8/11/2021 e poi dal Decreto CER approvato il 23 gennaio 2024.
Per costituire una CER è necessario individuare l’area di realizzazione dell’impianto di produzione di energia, che generalmente è fotovoltaico, ma può essere un qualsiasi impianto purché di energia rinnovabile. La legge italiana impone la costituzione di un soggetto con autonomia giuridica che rappresenta la CER, nella forma di associazione, ente del terzo settore, cooperativa, consorzio, no profit. Possono prendere parte ad una Comunità Energetica tre tipologie di soggetti:
- i produttori di energia rinnovabile, cioè chi realizza e possiede l’impianto;
- gli autoconsumatori, soggetti che possiedono un impianto di cui consumano energia e che condividono l’eccesso prodotto;
- i consumatori di energia, soggetti che non possiedono impianti, ma che coprono i consumi della propria utenza in tutto o in parte dalla produzione di energia della CER.
Per tutte le CER sono previsti incentivi sull’energia autoconsumata, nelle forme di tariffe incentivanti sull’energia prodotta e autoconsumata, e nella forma di un corrispettivo di valorizzazione per l’energia autoconsumata. Il sistema delle Comunità Energetiche Rinnovabili è articolato, ed esistono diverse società in Italia che si occupano di promuovere le CER e aiutare chi vuole realizzarle.
Due esempi significativi di CER in Italia sono a Pinerolo, in provincia di Torino, dove è stato inaugurato il primo condominio in autoconsumo collettivo, alimentato da un impianto fotovoltaico, e Gubbio, in provincia di Perugia, prima CER italiana alimentata da un impianto eolico.

Come il sistema ostacola le Comunità Energetiche Rinnovabili: il paradosso dell’autoconsumo “virtuale”
In linea teorica le CER sembrano una soluzione efficace al tema della necessità di produrre più energia, più pulita possibile, a costo basso. Le CER promuovono l’autoconsumo collettivo, l’efficienza energetica e la partecipazione attiva della cittadinanza alla transizione energetica, con l’obiettivo di fornire benefici ambientali, economici e sociali ai proprio membri e alle aree in cui operano. Tralasciando i costi di installazione e creazione degli impianti, una delle criticità maggiori riguardo le Comunità Energetiche è nelle fondamenta del sistema: non è davvero possibile attualmente, in Italia, autoconsumare l’energia prodotta, e nelle CER si parla di energia virtuale quando ci si riferisce a quella autoconsumata. Per produrre e consumare energia, infatti, è tassativo legarsi alla rete nazionale tramite un punto di connessione chiamato POD. Tramite il POD l’energia prodotta viene immessa nel sistema nazionale, e quella consumata viene presa dal sistema nazionale, ma è impossibile stabilire da quale fonte deriva esattamente l’energia consumata. Immaginiamo la rete nazionale come un grande lago, dove chi produce energia immette acqua, comprese le Comunità Energetiche Rinnovabili: non c’è però modo di tracciare l’acqua che ogni singolo impianto immette nel lago, e di conseguenza non è possibile sapere quale acqua viene prelevata da un singolo soggetto; l’acqua è tutta mescolata. Questo è ciò che si intende per “energia virtuale”: l’energia prodotta dalla CER viene immessa nella rete e contribuisce al mix energetico complessivo, ma non c’è un collegamento fisico diretto e tracciabile tra la produzione e il consumo all’interno della comunità.
Le Comunità Energetiche Rinnovabili, quindi, possono contribuire alle necessità urbane di produzione dell’energia: ampliano l’offerta di energia rinnovabile sul mercato, influendo sulla transizione energetica, ma non consentono a chi ne fa parte di autoconsumare davvero. Lo stesso equivoco avviene per gli impianti di produzione di energia fotovoltaica casalinghi: a meno di non avere delle batterie di accumulo o un impianto cosiddetto off-grid (cioè fuori dalla rete, tipico di contesti molto isolati), la maggior parte degli impianti è collegata alla rete elettrica nazionale, per cui comunque l’energia prodotta in eccesso rispetto al consumo viene immessa sulla rete ricevendo un compenso, e si preleva energia dalla rete quando l’impianto non ne produce a sufficienza. La sostenibilità delle CER è tanto più alta quanto lo è quello dell’intera rete nazionale quindi: più energia rinnovabile immetto nella rete, più alta è la probabilità che l’energia che uso provenga da fonti rinnovabili. Le CER inoltre permettono di ottimizzare come fonti di energia luoghi urbani che normalmente non sono utilizzabili: i tetti, di condomini e fabbriche, che possono essere attrezzati con pannelli fotovoltaici e diventare spazio produttivo.
Positive Energy District: i quartieri che producono più energia di quella che consumano
L’Unione Europea promuove un passo ulteriore in questa direzione, con la realizzazione dei Positive Energy District. I Positive Energy District (PED) o distretti a energia positiva, sono un nuovo modello di quartiere urbano progettato per raggiungere un bilancio energetico positivo, ovvero produrre più energia di quella consumata. Sono parte delle strategie dell’Unione Europea per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, degli obiettivi del Green Deal europeo, la Missione sulle città intelligenti e a zero emissioni. L’Implementation Working Group sui PED è stato istituito nel 2018, supportato da 19 paesi europei e, in teoria, nel 2025 dovrebbero essere istituiti 100 PED in tutta Europa. Nella pratica, i PED sono ancora teorizzati e studiati, ma non si riscontrano esempi in funzione.
Come può rispondere una città in maniera collettiva alle necessità energetiche?
Il cambiamento climatico in corso acuisce la crisi energetica. L’incremento della domanda di sistemi di raffrescamento e climatizzazione in luoghi come l’area mediterranea, hotspot del riscaldamento globale, pesa ulteriormente sui consumi. Le città, come organo collettivo composto da edifici, abitanti e amministrazione, sono tra gli ambienti più vulnerabili agli impatti del cambiamento climatico. È fondamentale quindi che assumano un ruolo attivo nell’adattamento agli effetti del riscaldamento globale e nella mitigazione delle calamità che sempre più spesso ci colpiscono, oltre che nella promozione generale della sostenibilità energetica.
Esistono già strumenti di tipo pianificatorio: le amministrazioni possono dotarsi del PAESC, Piano d’Azione per l’Energia Sostenibile e il Clima, uno strumento di pianificazione strategica dedicato alla transizione energetica e al contrasto del cambiamento climatico. Il PAESC nasce come attuazione del Patto dei Sindaci, un’iniziativa dell’Unione Europea che coinvolge città in tutto il mondo, che vogliono impegnarsi per ridurre le emissioni di gas serra, migliorare l’efficienza energetica e aumentare l’uso di fonti energetiche rinnovabili. La redazione del PAESC offre un quadro di riferimento per pianificare e attuare interventi efficaci, coinvolgere la comunità, accedere a finanziamenti specifici locali, nazionali e europei, e in definitiva migliorare la qualità della vita della cittadinanza. Oltre 12.000 città nel mondo ad oggi hanno aderito al Patto dei Sindaci. Tramite la pianificazione strategica e i PAESC, le città possono incentivare la realizzazione di impianti di produzione di energia rinnovabile integrati negli edifici e nelle infrastrutture urbane, favorendo l’autoconsumo e riducendo l’impatto ambientale.
Nonostante la definizione di “virtuale” , l’energia prodotta dalle CER contribuisce materialmente ad arricchire il mix energetico, diminuendo la dipendenza dall’energia fossile. Le Comunità Energetiche Rinnovabili possono costituire un importante tassello di autonomia energetica per le città, di transizione verso fonti rinnovabili, e di partecipazione attiva e consapevole.