Yves Klein: quel fuoco nel cuore del vuoto8 min read

3 Luglio 2015 Cultura -

Yves Klein: quel fuoco nel cuore del vuoto8 min read

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artista Yves Klein
Yves Klein durante la mostra “Yves Klein. Proposte monocrome, epoca blu”, Milano, Galleria Apollinaire, 1957

Dopo aver menzionato la poliedrica figura dell’artista Yves Klein in occasione dell‘articolo sulla mostra Klein Fontana. Milano Parigi 1957-1962 di quest’anno, ora è giunto il momento di capire come questo maestro di judo, buddhista, seguace di oscuri rituali alchemici e devoto di Santa Rita, abbia potuto e voluto produrre con estrema convinzione e dedizione opere così particolari, tutte legate da un filo invisibile. Cosa mai accomuna spugne blu, stanze vuote, dipinti di fuoco, modelle usate come pennelli viventi?

Ai più scettici uno come Yves Klein potrebbe apparire un pazzo o un invasato, vagamente megalomane, con l’ossessione per il colore blu e velate inclinazioni da piromane. Visione che sembra in qualche modo incoraggiata dalla forte dimensione rituale della sua ricerca artistica che – come mette in luce il critico Pierre Restany – segue le tappe di un percorso iniziatico di matrice esoterica e filosofica, apparentemente piuttosto difficile da penetrare, ma non distante dall’attuale universo della comunicazione digitale, o per lo meno questa sarebbe la tesi del Nuovo Realismo, appunto teorizzato da Restany. L’equazione sarebbe quella tra digitale, quindi virtuale e immateriale.

Come la maggior parte degli esseri sopra le righe, di fatto Klein non è ancora stato digerito del tutto, per questo ha senso parlarne ancora oggi, dopo ben 50 anni. Attualmente l’unica cosa di Klein realmente entrata nell’immaginario collettivo è quel vibrante colore Blu Yves Klein che piace a tutti – forse da taluni confuso con un prodotto di Calvin Klein o di Yves Saint Laurent – che per l’artista è stato solo una tappa iniziale di un percorso in cui c’è molto altro.

artista Yves Klein
Yves Klein, Fuoco dell’inferno (FC 30), 1962

Ma al di là di queste considerazioni, che tipo era l’artista Yves Klein? Di certo, con la sua ossessione per andare oltre, Klein è andato oltre una serie di limiti e confini mentali con cui era concepita l’arte del suo tempo.
Gli elevati riferimenti interculturali e i nobili fini del suo percorso esoterico-artistico, incentrati su una sorta di processo di redenzione personale e universale, potrebbero far pensare che fosse un tipo avulso dal mondo, con la tendenza a prendersi un po’ troppo sul serio. Eppure Klein si apre come pochi artisti all’ironia e al paradosso.

Un suo lato accattivante è infatti quello dell’umorismo zen. Si pensi all’ironia di 3000 persone in fila per vedere una stanza vuota, piena di sensibilità d’artista, letteralmente acquistabile a peso d’oro (provocazione portata poi alle estreme conseguenze da Piero Manzoni), o alla bevanda del vernissage che fa fare a tutti urina blu per una settimana. Si tratta di una figura a cui non siamo molto abituati in Occidente: un rivoluzionario tranquillo, con una componente di provocazione dadaista soft, che attua una rivoluzione blu, ma con un sorriso auto-ironico sulle labbra.

A questo punto vale la pena di chiedersi quale sia lo scopo di questa rivoluzione blu di cui si fa portavoce Klein. L’artista dichiara nel Manifesto del Chelsea Hotel del 1961 che il suo proposito è duplice: “dapprima registrare l’impronta della sentimentalità (coscienza del sentire, sensibilità) dell’uomo nella civiltà attuale; in seguito registrare la traccia di ciò che precisamente ha generato questa stessa civiltà, cioè quella del fuoco. Tutto questo perché il vuoto è sempre stata la mia preoccupazione esistenziale e io sono certo che nel cuore del vuoto, come nel cuore dell’uomo, ci sono dei fuochi che ardono”.

Ovviamente tutto ciò risulta incomprensibile se non si conoscono i suoi riferimenti. Per rendere questi concetti più chiari e immediati, immagineremo di porre direttamente certi quesiti a Klein, sicuri che il suo spirito ci risponderà qualcosa di illuminante.

Artista Yves Klein: intervista virtuale

Cosa sono le opere d’arte per te?
YK: tracce visibili di momenti di consapevolezza, che sono testimonianza delle varie tappe del percorso spirituale che conduce all’immateriale.
Cos’è un percorso spirituale verso l’immateriale?
YK: un cammino esoterico, cristiano, buddhista ecc (che si avvale di tutti i simboli e i miti che riguardano il sacro), che ha lo scopo di giungere oltre la materia.
Che cosa conduce all’immateriale?
YK: il dinamismo spirituale incessante.
Cos’è il dinamismo spirituale?
YK: la sensibilità che si muove nel vuoto, percorrendo la via dialettica e alchemica della sublimazione ignea.
Cos’è la sensibilità?
YK: il fuoco che arde di consapevolezza di ciò che c’è oltre se stesso.
Cosa c’è oltre il fuoco?
YK: L’immateriale.
Cos’è l’immateriale?
YK: il fuoco nel vuoto.
Ma che cos’è questo fuoco che arde nel cuore del vuoto?
YK: la percezione dell’immateriale.
Puoi farmi degli esempi meno astratti di questo fuoco nel vuoto, della percezione dell’immateriale?
YK: le mie opere sono state fatte per essere degli esempi tangibili di tutto questo, come il dipinto a fuoco o la sala vuota piena di sensibilità d’artista. Formano un percorso dinamico a tappe nel cammino verso l’immateriale, il cui raggiungimento è l’illuminazione.
Cos’è l’illuminazione?
YK: la sensibilità dell’immateriale, cioè percepire consapevolmente il fuoco nel cuore del vuoto, che è l’immateriale.
Tu hai realizzato una nutrita serie di dipinti di fuoco. Puoi spiegare in modo più preciso perché per esempio un dipinto a fuoco è una traccia di immateriale, cioè di fuoco nel cuore del vuoto?
YK: L’esempio più concreto di traccia di immateriale è il mio primo dipinto a fuoco, quello che ha aperto il vernissage della mostra del 1957 a Parigi presso la galleria di Colette Allendy. Il titolo è Fuoco del Bengala – Dipinto di fuoco di un minuto. Su un cavalletto in giardino, un pannello di compensato dipinto con pittura a olio blu, su cui sono disposti in 4 file 16 fuochi del Bengala orientati verso il cielo. Dargli fuoco significa attivare razzi che producono un blu intenso, letteralmente il fuoco blu di cui parla Bachelard nella Psicanalisi del fuoco, a cui mi sono ispirato. Ma più che il fuoco blu in sé, è la particolare sensazione che questo lascia nella retina a far percepire l’immateriale. Infatti per un effetto ottico, dopo aver osservato quel fuoco blu si ha un effetto di persistenza retinica, il quadro dunque persiste nella memoria visiva anche dopo la combustione di quel minuto, che viene quindi dilatato e si colloca oltre il tempo convenzionale, ed esprime il senso di immobile velocità del fuoco. Come dice Bachelard: “Se tutto ciò che cambia lentamente si esprime attraverso la vita, tutto ciò che cambia velocemente si esprime attraverso il fuoco. Il fuoco è l’ultravivente”.
Ma il dipinto di fuoco è inscindibile da un’altra opera presentata durante la stessa mostra. Ho esposto anche una stanza: una piccola sala vuota, al primo piano della galleria, in cui invitavo a raccogliersi in silenzio. L’immersione nel vuoto produce un’emozione profonda, un misto di gioia e timore, analogo al terrore di Dio dei mistici cristiani. Dall’unione tra fuoco e vuoto – dal dialogo tra le due opere (il dipinto di fuoco e la stanza vuota) – scaturisce la sublimazione ignea, il segno del fuoco di Dio.

artista Yves Klein
Yves Klein, Dipinto di fuoco senza titolo (F 16), 1961

Dunque per Klein tutto ruota intorno ai concetti di vuoto, sensibilità, immateriale, illuminazione. Al centro del suo cammino esoterico-artistico c’è la nozione di immateriale, in cui il visibile e l’invisibile sono percepiti come un’unica realtà virtuale universale. Il suo scopo è il superamento dei limiti del materiale che porta all’illuminazione e alla salvezza. Le due principali tappe di questo percorso esoterico sono rappresentate dal colore blu e dal fuoco, che sono di pari importanza e tra loro interconnesse, anche se erroneamente Klein è molto più conosciuto come l’inventore del pigmento blu Klein che come autore di quadri e sculture di fuoco.

Un senso del sacro dichiarato, fatto di uno spiritualismo immanente alle cose, pervade tutta la produzione di Klein, che si avvale di un fitto universo di simboli intrecciati in una sintesi originale, attingendo a una serie di codici di riferimento come la filosofia dall’approccio psicanalitico di Bachelard, la religione cattolica e l’alchimia. Lo storico Nicolas Charlet parla di “materialismo mistico”, una filosofia radicata nel reale, in cui Dio è dappertutto, nel pigmento blu come nei corpi umani. Così la spugna che si impregna di blu è simbolo di sensibilità artistica. Il mappamondo blu è prefigurazione dell’attuazione della rivoluzione blu, cioè dell’illuminazione, nel mondo.

Se la sua arte può apparire l’elogio di tutto ciò che è campato in aria, in realtà l’artista Yves Klein era un tipo molto metodico e con punti di riferimento ben precisi. A Klein, nell’arte come nella vita, piaceva mettere ogni cosa al suo posto: ha consegnato al mondo la sua arte come strumento di salvezza, ha dato a Santa Rita quel che era di Santa Rita (un ex-voto tricolore fatto di pigmenti), e infine alla moglie un figlio col suo stesso nome giusto prima di morire di colpo, come se il cielo l’avesse chiamato anzitempo perché in fondo aveva già portato a compimento tutto quel che poteva fare.

La missione di Klein era diffondere sensibilità artistica nel mondo, e a prescindere dal fatto che questo fosse vero o meno, nessuno come lui si è adoperato in modo così programmatico e sistematico perché questo avvenisse. Dopotutto, quando uno si costruisce un programma di vita sulla costruzione di un senso, alla fine un senso finisce per averlo sul serio, suo malgrado e malgrado il mondo.

Fonti

Pierre Restany, Yves Klein il fuoco nel cuore del vuoto, 2008, Giampaolo Prearo Editore, Milano
Klein Fontana Milano Parigi 1957-1962, catalogo della mostra, 2014, Mondadori Electa, Verona

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Nata milanese, naturalizzata scozzese, morta veneziana, risorta in riva al Piave. Con alle spalle 12 traslochi e 2 lauree (lingue e arti visive), l'ex poetessa della classe non ha ancora capito cosa farà da grande, intanto si interessa di quasi tutto, a fasi. Qui è amante di cause perse, tipo comunicare.
4 Commenti
  1. Giulia

    Sempre più profonda, preparata, competente.... Ancora complimenti!

  2. lorenzo

    Se la ricerca dell'immateriale ne ha caratterizzato l'opera, è vero che il colore forse ha contribuito a rendere in qualche modo riconoscibili queste esplorazioni nel mondo del sensibile. Per certi aspetti mi riporta alla ricerca svolta da Minor White nel campo della fotografia.

  3. Pinuccia Argento

    Il blu oltremare intenso e luminoso di Klein tutto esprime e lascia all'osservatore la possibilità di creare un sogno. Il sapere provare , interpretare e trasmettere il pensiero dell'artista è compiere la sua 'missione' che consiste ' nel diffondere la sensibilità artistica'. Il tuo articolo ha compiuto la 'missione' in modo eccellente!

  4. richardchance84

    Articolo approfondito e scritto in maniera avvicentente. Una maniera insolita e diverte di fare apprezzare un artista complesso come Yves Klein.

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