Ammappalitalia, la resistenza culturale sarà una passeggiata4 min read

7 Agosto 2015 Viaggi -

Ammappalitalia, la resistenza culturale sarà una passeggiata4 min read

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ammappalitalia
@ammappalitalia.it

“Così come Wikipedia è un’enciclopedia del sapere costruita da utenti di ogni parte del mondo, così Ammappa l’Italia è un’enciclopedia, libera e gratuita, dei sentieri, delle strade bianche, delle mulattiere”

Mappa è una parola antica, nel mondo classico veniva usata per indicare un panno, generalmente di lino, impiegato come tovagliolo nel quale gli stessi convitati potevano avvolgere ciò che avanzava dal pranzo e portarlo via. Su teli di lino venivano impresse le rappresentazioni grafiche dei terreni: da qui le mappe topografiche che in un certo senso, allo stesso modo di un pranzo, esigevano un momento di partecipazione e un successivo portar via il disegno dei luoghi.

Ammappa è invece un termine che non esisteva almeno fino a quando Marco Saverio Loperfido nel 2013 non decise di intraprendere un progetto ambizioso dal nome Ammappa l’Italia – percorsi e tracciati da paese a paese. L’idea che sta alla base del progetto è che tutta l’Italia sia percorribile a piedi. Per questo Marco, ideatore e responsabile dell’iniziativa, raccoglie da ogni regione percorsi finalizzati a creare un reticolato di vie attraversabili senza l’ausilio di mezzi a motore. Lo fa tramite la partecipazione degli utenti, abitanti o avventurieri di sentieri poco noti, che scelgono di inviare i loro contributi.

Fino a qui Ammappa l’Italia potrebbe sembrare simile ad altre sperimentazioni di appassionati collezionisti di itinerari 2.0 basati sull’idea di piattaforma collettiva e gratuita, come per esempio Share your track o Every trail. Ma non è così. A differenziarlo è proprio la scommessa culturale di Ammappa l’Italia, dove il passato e il futuro si intrecciano in una forma di difesa e riappropriazione del territorio che passa per la narrazione.

Sul sito leggiamo: “L’Italia è lì, lunga e stretta come un trampolino nel mare, protetta a nord da verdi alpeggi, con una spina dorsale di variegati appennini e tantissima diversità di scorci e paesaggi al suo interno. Allo stesso modo è chi la guarda e la vive, la scrive, la riscrive e così facendo se ne appropria, perché per mappare l’Italia noi non abbiamo scelto solo il freddo gps o la mera quantificazione del percorso in dati oggettivi come durata, difficoltà o altitudine, ma abbiamo scelto una lingua e con essa il mondo di possibilità allegoriche che questa si porta appresso”.

Si sommano quindi luoghi (lo spazio fisico che si percorre e lo spazio telematico in cui si narra) e tempi, il passato viene riletto nel presente non in maniera statica e museale ma come ricerca del futuro possibile. Il tutto tramite la storia narrata da chi si mette in cammino, già portatore di per sé di valori e visioni.

Che la narrazione sia stata da sempre una delle modalità più utilizzate per addentrarsi nello spazio simbolico del territorio è cosa ormai ben nota. Basti pensare alle leggende legate ai luoghi, dal valore normativo, memoriale, educativo, non fondato sulle leggi ma piuttosto sul mito che diveniva un orizzonte di riferimento comune per gli abitanti. Risulta particolarmente interessante questo tentativo di riappropriazione dei luoghi a partire dalle parole, proprio perché avviene in un momento storico di elogio della sintesi e di comunicazione per immagini. La lunga rappresentazione degli itinerari, infatti, prende forma sul disegno stesso del territorio, le parole si sovrappongono ai sentieri e lungo i sentieri devono essere lette e interpretate.

“Ogni percorso inviatoci – scrive Marco – non è solo una semplice descrizione di bivi, svolte e punti di riferimento, bensì un modo di guardare all’Italia, di farla rivivere dieci, cento, mille volte, e in maniera sempre diversa”.

Restituiscono, questi tracciati, la complessità di uno sguardo paesaggistico e la memoria di una viabilità molto più antica di quella a cui siamo abituati, insieme all’esperienza che colui che cammina intreccia con il territorio.

Ora, la lettura del paesaggio è un’operazione culturale tanto più importante quanto più è in grado di darci il senso e la misura dell’azione umana nella natura. Perché se il paesaggio diventa specchio quantitativo e qualitativo dell’azione, lo sguardo sarà per forza rivolto registrare in maniera critica le mutazioni del territorio, individuando elementi utili ad orientare le azioni successive. Di questi strumenti abbiamo bisogno per avere consapevolezza di ciò che è stato fatto, per comprendere le dinamiche più o meno evidenti che hanno segnato brutalmente il territorio italiano. Ne abbiamo bisogno per riattivare nuovi e differenti processi interpretativi aperti anche alla meraviglia. Ne abbiamo bisogno per reinventare un senso di appartenenza tra abitanti e territorio e un senso di cittadinanza oggi fin troppo assopito.

Ho chiesto a Marco da dove sia partita l’idea di creare Ammappalitalia. Mi ha risposto che durante i suoi tragitti in macchina accanto alla via asfaltata incrociava strade bianche che non percorreva. Quelle strade bianche erano per lui come inizi di storie che non sapeva dove potevano condurre. Un giorno ha iniziato ad esplorarle e da allora non si è più fermato, anzi ha cominciato a coinvolgere altre persone.

Se volete inoltrarvi lungo i sentieri che vi incuriosiscono, scaricate dal sito il kit per ammappare e mettetevi in cammino. Partecipate e portate via la bellezza che incontrate, la vostra mappa sarà un piccolo contributo a una grande battaglia culturale che si perde nella storia di ieri e in quella che saremo in grado di immaginare.

ammappalitalia
@Antonio Cinotti

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La narrazione del territorio e il senso del confine costituiscono il suo campo di esplorazione. È laureata in Tradizione ed Interpretazione dei Testi e ha un master nell’ambito dell’informazione culturale. Scrive per il quotidiano La Sicilia. Porta immancabilmente con sé libri arminiani di paesologia.
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