Allacciate le cinture4 min read

21 Marzo 2014 Cultura -

Allacciate le cinture4 min read

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allacciate-le-cintureAvete presente quel luccichio negli occhi, quell’entusiasmo e quella frenesia che hanno distinto negli anni scorsi i fan della Rowling in coda di notte davanti alle librerie in attesa dell’uscita dell’ultimo capitolo di Harry Potter? Ecco, io ogni due anni circa aspetto il nuovo film di Ferzan Ozpetek nello stesso stato confusionale, certa che, dopo la poesia de Le fate ignoranti, la dolcezza e la sensibilità di Saturno Contro e la splendida commedia delle Mine vaganti abbia ancora tanto da lasciarmi.

Con Allacciate le cinture, dopo il più mistico e introspettivo Magnifica presenza – forse un pò inconcluso ma certamente molto ben interpretato – il regista italo-turco torna a parlare di un’umanità nella quale è facile immedesimarsi.

Elena (Kasia Smutniak) e Antonio (Francesco Arca) si incontrano in una giornata di pioggia torrenziale e fin dal primo momento si odiano e si attraggono come solo agli opposti può capitare: raffinata, dolce e ambiziosa lei – aprirà una fruttuosa catena di locali con Fabio (Filippo Scicchitano), il suo migliore amico gay – razzista, rozzo e omofobo lui – un meccanico tutto muscoli e poco cervello, per giunta dislessico. Li ritroviamo 13 anni dopo, sposati e con due figli, abituati ognuno alla propria infelicità. A sconvolgere la loro vita la scoperta del tumore di lei, che li porterà a ritrovarsi, a quella spiaggia dove anni prima tutto aveva avuto inspiegabilmente inizio.

Camminate, silenzi e sguardi individuano i punti salienti del film, sostituendo quelle tavole imbandite e apparecchiate a festa, per anni marchio di fabbrica del regista: la sua telecamera indugia sulle gambe di Elena, quando per la prima volta esce dal bar in cui lavora per seguire Antonio nella sua officina e cedere così definitivamente ai suoi istinti. Fa lo stesso quando, uscita dallo studio del medico e venuta a conoscenza della sua condizione, si reca a piedi in centro e siede su una panchina; o ancora quando attraversa il corridoio dell’ospedale, quasi come fosse il miglio verde che la separa dal braccio della morte, e si sottopone alla sua prima chemio.

Quell’amore che pare insensato tra due persone così diametralmente opposte è totalmente affidato ai silenzi: Elena e Antonio, in tutti i 120′ del film, scambiano pochissime battute (e quando lo fanno, per lo più stanno litigando), ma si osservano in continuazione, reciprocamente di nascosto, aggrappandosi l’uno allo sguardo dell’altro per non perdersi e affidandosi solo a quello per conoscersi intimamente.allacciate le cinture

E Francesco Arca, ex tronista ed ex fidanzato di Laura Chiatti, vince i pregiudizi dei più (compreso il mio, lo ammetto) dimostrandosi all’altezza del ruolo: sarà che nel film sono più le volte che sta zitto, fa a botte o è ripreso come mamma l’ha fatto, ma probabilmente il merito è del regista, che precedentemente aveva già lavorato con un Gabriel Garko ancora lontano dai ruoli da mafioso che l’hanno tanto – inspiegabilmente – reso famoso e con un Luca Argentero fresco concorrente del Grande Fratello, trasformandoli in attori.

Di Allacciate le cinture a fare centro nel cuore dello spettatore è poi l’umanità dei personaggi: nessuno è perfetto, ma ognuno a modo proprio è alla ricerca della felicità. La mamma di Elena, che vive ancora nel ricordo del figlio scomparso Michele e che è stata incapace di costruirsi una nuova vita; sua sorella (un’Elena Sofia Ricci che sembra aver recuperato il lavoro sul personaggio fatto per “Mine Vaganti” e averlo riadattato a questo ruolo), che passa da una fede all’altra, si proclama vegana e di nascosto in cucina addenta avidamente una salsiccia; Fabio, il migliore amico gay di Elena, che la ama pur restando fedele alle sue scelte sessuali ma senza riuscire a portare avanti una propria vita sentimentale; Elena stessa, così determinata ma forse troppo concentrata sul lavoro (la figlia la rimprovera di lasciarla troppo dalla nonna) e Antonio, così irrimediabilmente infedele nonostante l’amore sincero che prova per sua moglie e così arreso allo stereotipo “tutto muscoli, niente cervello” che altri (ma non Elena) hanno individuato per lui.

Il film ci lascia volutamente senza un vero e proprio finale (seppur con un meraviglioso flashback di cui, quando tutto sembra volgere al peggio, sentiamo il bisogno), perché la vera morale della storia è “Allacciate le cinture, turbolenze in arrivo”! La vita riserva così tante inaspettate sorprese, qualcuna positiva, altre meno, che è impossibile prevederla ma è necessario farsi trovare pronti. E non è detto che anche dalle esperienze più difficili che la vita ci propone non possa nascere qualcosa di buono o non si possa ritrovare qualcosa di perduto.

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A 10 anni ripetevo le formule magiche delle mie eroine dei cartoni animati credendo che mi sarei trasformata in qualcuno. Ma non è mai successo. Poi ho iniziato col teatro: mi commuovevo per gli attori. Ho creduto che avrei fatto quel mestiere. Ma non è mai successo. Dopo una laurea in Beni culturali e una specializzazione alla Paolo Grassi, vedo tutti gli spettacoli teatrali e dopo fatico a tornare in me. E questo succede sempre.
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