L’agenda ritrovata | L’Italia in bicicletta nel nome di Paolo Borsellino7 min read

21 Maggio 2017 Società -

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L’agenda ritrovata | L’Italia in bicicletta nel nome di Paolo Borsellino7 min read

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Domenica 25 giugno è partita da Milano una ciclostaffetta che terminerà a Palermo il 19 luglio, giorno in cui cade il venticinquesimo anniversario dall’uccisione di Paolo Borsellino. I ciclisti attraverseranno l’Italia portando con sé un’agenda rossa, che sarà il testimone e il simbolo dell’iniziativa.

L’agenda ritrovata, questo il nome del progetto, è organizzato dall’Associazione Culturale L’Orablu di Bollate (MI) e prevede, oltre alla staffetta, una serie di eventi culturali all’insegna della legalità e della memoria delle vittime della mafia. Qui trovate il percorso, gli eventi previsti e le modalità di partecipazione.

Un passo indietro: Palermo, 19 luglio 1992

Il 19 luglio 1992, venticinque anni fa, veniva ucciso a Palermo Paolo Borsellino insieme alla sua scorta. Un boato inaudito, partito da una Fiat 126 imbottita di un quintale di tritolo, che aprì squarci nei palazzi e carbonizzò decine di automobili. Il magistrato era diretto a casa della madre, in via D’Amelio, dove l’autobomba era parcheggiata ad attenderlo.

Nei momenti successivi all’esplosione allarmi e sirene suonavano incessantemente, i motori delle autobotti rombavano nell’aria mentre i vigili del fuoco spegnevano le fiamme che ancora si levavano dagli pneumatici.

Nella confusione dei soccorsi e dei cronisti già arrivati sul posto qualcuno ebbe la lucidità di sottrarre dalle lamiere ancora fumanti un’agenda rossa, dalla quale Paolo Borsellino non si separava mai e su cui annotava nomi e progressi relativi alle sue indagini. Quell’agenda non fu mai ritrovata e con essa manca all’appello una parte di verità.

Dopo la morte di Paolo Borsellino, l’ex capo del pool antimafia Antonio Caponnetto commentò:

È finito tutto.

Si pentì subito di quelle parole, dette in un momento di sconforto. La strage di via D’Amelio, l’ennesima di quella stagione, fu invece l’inizio di una presa di coscienza da parte di molti italiani che sentirono il bisogno di prendere una posizione. La morte di Paolo Borsellino, come quella di Giovanni Falcone e dei molti altri servitori dello Stato uccisi dalla mafia, segnò la nascita di un cambiamento culturale che continua ancora.

Il progetto L’agenda ritrovata

agenda ritrovata

Continuare a battersi per la legalità, testimoniare che c’è un’Italia che vuole ricordare e raccontare quel che è successo. Questo è il senso de L’agenda ritrovata, una ciclostaffetta itinerante “dove la cultura è il testimone”.

Giancarlo Pasquali, vicepresidente de L’Orablu, mi racconta meglio di cosa si tratta. Lo incontro presso la sede dell’Associazione: un luogo di ristorazione annesso a un centro sportivo nel Comune di Bollate, alle porte di Milano, ma soprattutto un luogo ricco di iniziative culturali: concerti, spettacoli teatrali, serate letterarie e molto altro.

“Da alcuni anni” racconta Giancarlo “volevamo fare qualcosa di forte, che unisse tutto: la passione che abbiamo per la bicicletta, per la cultura e per il sociale. Così abbiamo chiamato il nostro amico Gianni Biondillo, che è stato il primo autore di libri che abbiamo presentato qui a L’Orablu, e lui ha detto: ‘Voi siete matti, l’idea è pazza… Io ci sto’. Poi abbiamo chiamato lo scrittore Marco Balzano, che era stato da noi due volte, e anche lui ha detto sì. La mossa successiva è stata contattare Salvatore Borsellino e lui ha colto subito la palla al balzo: ha visto dei pazzi come noi che credevano nell’utopia. Perché questa è un’utopia”.

La giustizia in Italia è un’utopia

L’utopia non è pedalare da Milano a Palermo. “L’utopia è la giustizia,” dice Giancarlo, “e in Italia non c’è giustizia. Io ho avuto l’onore di presentare Salvatore Borsellino su un palco, il 25 aprile (nell’ambito della manifestazione Partigiani in ogni quartiere a Milano, ndr), e lui ha detto: ‘Mio fratello non è stato ucciso dalla mafia. Mio fratello è stato ucciso dallo Stato’.

“L’utopia è questa: credere in uno Stato diverso, in una giustizia che non c’è, perché dopo 25 anni non si sa che fine abbia fatto questa agenda e non si sa chi sia veramente il mandante dell’omicidio di Paolo Borsellino. L’utopia massima sta in quella frase che dice ‘La giustizia è uguale per tutti’. Secondo me non è vero”.

Il ruolo di Salvatore Borsellino

agenda ritrovata
Salvatore Borsellino con la copia dell’agenda rossa e due esponenti di Orablu

“Io sono contento già del fatto di avere conosciuto Salvatore Borsellino” racconta Giancarlo. “Per me è un pezzo di storia d’Italia che io ho vissuto. Io sono un idealista e ho sempre sperato che si potesse cambiare qualcosa. È difficile. Però, sentire un uomo di 75 anni che grida ‘resistenza’ tre volte sul palco del 25 aprile, con quella forza, vuol dire che ancora c’è spazio per un futuro”.

Grazie a Salvatore Borsellino L’Orablu guadagna la fiducia e la collaborazione del Movimento delle Agende Rosse, diffuso in tutta Italia, e inizia a organizzare le tappe della ciclostaffetta. “Il suo ruolo è stato determinante,” dice Giancarlo, “senza di lui non avremmo fatto tutto questo nella portata a cui sta arrivando”.

Lo stesso Salvatore Borsellino pedalerà insieme agli altri per parte del percorso. Di sicuro sarà in sella durante le prime e le ultime tappe. Sarà lui, infine, a ricevere per ultimo l’agenda a Palermo il 19 luglio.

L’agenda rossa che attraverserà l’Italia

“Salvatore Borsellino ha una copia esatta dell’agenda che non si trova più” spiega Giancarlo. “I carabinieri avevano regalato a Paolo Borsellino due agende rosse e una grigia. Una delle due agende rosse, quella su cui lui aveva segnato i nomi, è sparita il giorno in cui è morto. Noi vogliamo riportare questa agenda rossa in vita con la copia esatta. Vogliamo farla firmare alla gente, vogliamo riempirla per dire che ci sono tante persone che vogliono ancora giustizia e legalità”.

Perché una staffetta in bici?

“In bicicletta perché si fa fatica, e a cercare la giustizia si fa fatica. Per portare avanti un’idea si fa fatica. Noi l’abbiamo visto in questi anni in cui abbiamo cercato di fare cultura a Bollate e non sempre abbiamo trovato un grande pubblico. L’idea della staffetta, anche se ci sarà un nostro ciclista che la farà tutta, è di dire: ‘Io porto l’agenda da qui a qui’. E a fine tappa l’agenda, insieme al ciclista, verrà ospitata dal Movimento delle agende rosse di Salvatore Borsellino, in un luogo sicuro. Questa volta non deve sparire.”

Non sarà solo una pedalata

“Si farà una media di 70-80 chilometri al giorno. Alla fine di ogni tappa succederà qualcosa, noi pubblicheremo sul nostro sito il programma tappa per tappa. Abbiamo un ufficio stampa che seguirà tutto su un camper, faremo una diretta con Radio Popolare di Milano in cui diremo dove sono i ciclisti e cosa si farà in quel giorno. Ad esempio a Bologna, a Napoli e a Palermo Feltrinelli presenterà il libro, con la presenza di uno degli autori”.

L’agenda ritrovata è anche un libro

L’agenda ritrovata diventerà anche una raccolta di racconti, opera di sette autori italiani (Helena Janeczek, Carlo Lucarelli, Vanni Santoni, Alessandro Leogrande, Diego De Silva, Gioacchino Criaco, Evelina Santangelo) che si faranno portavoce delle regioni attraversate dalla ciclostaffetta e racconteranno storie prendendo spunto dall’agenda scomparsa. Il libro, edito da Feltrinelli Editore, è stato presentato il 15 giugno alla libreria Feltrinelli in Piazza del Duomo a Milano.

Il supporto dei media e degli artisti

Da quando l’iniziativa è stata presentata molti personaggi noti si sono uniti nel lanciare un appello a partecipare: da Claudio Bisio a Fabio Treves. “Noi ci speravamo,” ammette Giancarlo, “stiamo ottenendo successo perché è una cosa forte. Anche su Facebook stiamo andando bene, solo grazie al passaparola, e presto faremo una campagna di promozione per cercare un aiuto economico, perché tutto questo non si muove senza soldi”.

Il logo de L’agenda ritrovata, una storia che mette i brividi

“C’è un’altra cosa importante che ti voglio raccontare”. Giancarlo indica una locandina alla parete: “Quello è il logo de L’Orablu” dice. È una freccia che punta verso un cerchio. Dopo un breve silenzio mi racconta che sulla sua agenda, quella grigia, Paolo Borsellino era solito disegnare lo stesso simbolo. È stato Salvatore ad accorgersi della coincidenza, quando per la prima volta si è recato nella sede dell’Associazione. “Quel simbolo voleva dire che andava dalla mamma” dice Giancarlo. “Il cerchio lo vedeva come un nido”. Una coincidenza tanto strana, tanto perfetta, che è venuto naturale fare della freccia che punta verso il cerchio anche il simbolo della staffetta.

Risultati attesi

“Io mi auguro che l’Orablu venga riconosciuta da sempre più persone,” dice Giancarlo, “che ci sia più attenzione su di noi. Noi ci mettiamo la passione, non ci guadagniamo nulla, lo facciamo soltanto per diffondere le nostre idee. Poi mi aspetto che la gente non si ricordi di Borsellino soltanto il 19 di luglio, che la lotta alla mafia ci sia sempre e che la legalità resista sempre, perché è molto importante e trasversale questo discorso. A volte ci hanno accusati di essere di parte, ma noi ci teniamo a dire che la legalità non ha colore”.

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Educatore professionale e formatore, ha lavorato in diversi ambiti del terzo settore. Nel suo lavoro mescola linguaggi e strumenti per creare occasioni di crescita personale attraverso esperienze condivise. Per Le Nius scrive di temi sociali e non profit.
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