Abitare in Italia | Perché il social housing non basta5 min read

9 Febbraio 2025 Ambiente Città Società -

Abitare in Italia | Perché il social housing non basta5 min read

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Il 54% della popolazione mondiale vive in città e si stima che nel 2030 sarà addirittura il 70%. Negli ultimi anni, questo fenomeno si è accentuato, producendo una duplice esternalità: da un lato, le campagne si svuotano, con l’abbandono di interi borghi; dall’altro, le città attirano e concentrano sempre più abitanti, esasperando disparità sociali ed economiche. Il fenomeno non è solamente italiano, anzi, è una tendenza che si manifesta a livello globale. 

In Italia, anche per la conformazione fisica del Paese, lo vediamo con particolare evidenza. Sono ormai molti i piccoli borghi abbandonati o semi-abbandonati nelle zone montane, con le case disabitate che i comuni cercano di far rivivere svendendole, mentre nelle grandi città la richiesta di abitazioni è così alta che il prezzo al metro quadro è diventato proibitivo anche per la classe media. Il fenomeno non è nuovo, e negli anni passati lo Stato e la pubblica amministrazione hanno provato a porre rimedio alle crisi abitative tramite misure di supporto all’abitare, conosciute comunemente come “case popolari”.

Misure di supporto all’abitare in Italia

Nel corso degli anni, lo Stato e la pubblica amministrazione hanno cercato di rispondere alle crisi abitative attraverso varie misure di supporto all’abitare, comunemente note come “case popolari”. Tali misure sono state introdotte da normative specifiche, tra cui:

  • Aree PEEP (Piani di Edilizia Economica Popolare), disciplinate dalla legge 865 del 1971.
  • Case ERP (Edilizia Residenziale Pubblica), introdotte con la legge 457 del 1978.
  • Case 167, denominate così in riferimento alla legge 167 del 1962, che obbligava i Comuni con più di 50.000 abitanti o capoluoghi di provincia a destinare aree alla costruzione di alloggi economici e popolari.

Tipologie di edilizia residenziale pubblica

La legge 457 del 1978 ha introdotto tre principali tipologie di sostegno all’abitare:

  • Edilizia sovvenzionata: alloggi finanziati direttamente da enti pubblici per le fasce più povere della popolazione.
  • Edilizia agevolata: abitazioni realizzate da costruttori privati con finanziamenti statali o regionali, poi acquisite dagli enti pubblici.
  • Edilizia convenzionata: interventi regolati da accordi tra enti pubblici e soggetti privati, che ricevono agevolazioni in cambio della realizzazione di alloggi a canone calmierato.

Queste misure sono nate in un’epoca in cui l’espansione urbana e il consumo di suolo erano all’apice. Oggi, invece, la tendenza si sta invertendo a favore di strategie di rigenerazione urbana, riqualificazione e recupero edilizio. In questo contesto si inserisce il social housing, o edilizia residenziale sociale.

Il social housing: un’evoluzione dell’abitare sociale

Con il DM 22 aprile 2008, è stata introdotta una nuova categoria di alloggi: il social housing. Questa misura rappresenta un’evoluzione rispetto alle precedenti politiche abitative e si colloca nel solco dell’edilizia convenzionata. Pur essendo un’iniziativa privata, il social housing si sviluppa attraverso convenzioni con le amministrazioni pubbliche e prevede non solo nuove costruzioni, ma anche il recupero di aree già edificate e urbanizzate.

Gli alloggi di abitare sociale si rivolgono a una fascia di popolazione che non rientra nei criteri per l’accesso all’edilizia economica popolare, ma che non dispone di risorse sufficienti per acquistare o affittare un’abitazione sul mercato libero. Tuttavia, non si può considerare il social housing un’alternativa all’edilizia residenziale pubblica, in quanto risponde a esigenze differenti: mentre l’edilizia sovvenzionata si rivolge alle fasce più deboli, il social housing è destinato a chi si trova in una situazione di “working poverty”, con redditi troppo bassi per il mercato ma non abbastanza bassi per accedere alle case popolari.

Abitare in Italia | Perché il social housing non basta

Le 3S dell’housing: Social, Student, Senior

Negli ultimi anni, l’interesse per l’abitare sociale è cresciuto, con un’attenzione particolare a tre categorie: social housing, student housing e senior housing. Durante il convegno Urbanpromo – Progetti per il Paese (Firenze, 5-8 novembre 2024), sono stati presentati nuovi fondi finanziari destinati al supporto abitativo:

  • CDP Real Asset SGR S.p.A. ha illustrato il Fondo Investimenti per l’Abitare (FIA), il Fondo Nazionale dell’Abitare Sociale (FNAS) e il nuovo Fondo Nazionale dell’Abitare (FNA).
  • Investire Sgr ha presentato iGeneration, dedicato allo sviluppo di alloggi per studenti a prezzi accessibili.
  • Regione Toscana, in collaborazione con il Fondo Housing Toscano e il Dipartimento DIDA dell’Università di Firenze, ha presentato il progetto HEROES, che punta a trasformare l’approccio emergenziale alla casa in una politica di welfare abitativo basata sull’affordable housing.

Cos’è il Piano Casa Italia 

Per affrontare l’emergenza abitativa, il Governo ha annunciato il Piano Casa Italia, un piano nazionale per l’edilizia residenziale e sociale pubblica. Previsto dalla Legge di Bilancio 2025 (Gazzetta Ufficiale n. 305 del 31 dicembre 2024), il Piano mira a una riorganizzazione strutturale del sistema abitativo attraverso strategie a lungo termine.

Per il finanziamento delle iniziative, sono stati stanziati 560 milioni di euro, così suddivisi:

  • 150 milioni di euro nel 2028
  • 180 milioni di euro nel 2029
  • 230 milioni di euro nel 2030

I fondi saranno destinati alla riqualificazione urbana, al recupero di edifici esistenti e allo sviluppo di nuovi progetti di edilizia residenziale pubblica e sociale. Tuttavia, l’impatto reale di queste misure potrà essere valutato solo dopo l’adozione del Piano, prevista entro 180 giorni dall’entrata in vigore della Legge di Bilancio.

Perché il social housing non sostituisce l’edilizia residenziale pubblica

A livello istituzionale, quindi, sono previsti finanziamenti e piani che si propongono di attenuare la crisi abitativa, aumentando il numero di alloggi disponibili. Sebbene al momento non sia possibile un’analisi dettagliata sugli effetti del Piano Casa Italia e degli altri investimenti, è possibile notare una tendenza, nelle intenzioni almeno, di realizzare più alloggi in edilizia residenziale sociale che in edilizia residenziale pubblica, destinando quindi più risorse al social housing, e dei rischi che questa comporta:

  1. Gentrificazione: gli interventi di rigenerazione urbana spesso favoriscono la speculazione immobiliare, portando alla costruzione di appartamenti di lusso che gonfiano i prezzi.
  2. Inefficacia delle misure: con una povertà relativa familiare al 10,6% e una povertà relativa individuale al 14,5% (coinvolgendo 2,8 milioni di famiglie e 8,5 milioni di individui, dati ISTAT), le cifre proposte dal Piano Casa Italia sono esigue e solo parzialmente destinate a intervenire in favore dei soggetti più fragili.

Per affrontare realmente la crisi abitativa, occorre un equilibrio tra edilizia residenziale pubblica e social housing, garantendo alloggi accessibili per tutte le fasce di popolazione.

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