A Venezia i film di Joshua Oppenheimer e Renato De Maria5 min read

29 Agosto 2014 Cultura -

A Venezia i film di Joshua Oppenheimer e Renato De Maria5 min read

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In scena a Venezia i film di Joshua Oppenheimer e Renato De Maria.

Joshua Oppenheimer concorre con The Look of Silence per un importante premio alla 71a Mostra del Cinema di Venezia. Dopo dieci anni non abbandona il tema relativo alla questione indonesiana mettendo in scena il genocidio (1965-66) che, come dice in conferenza stampa, “si era impadronito di me fin dal 2003. E in tutto questo tempo ho documentato solo la punta di un iceberg”.

Una famiglia di superstiti al genocidio scopre l’identità degli uomini che hanno ucciso il figlio: gli assassini vivono in fondo alla strada. In una società in cui i sopravvissuti sono costretti al silenzio e tutti sono terrorizzati tanto da trattare gli assassini come eroi, il figlio minore della famiglia protagonista, un optometrista, cerca di elaborare il passato e si tormenta sull’educazione dei suoi figli in un contesto sociale simile. L’uomo decide di affrontare coloro che hanno ucciso suo fratello. Ma i responsabili detengono ancora il potere e affrontarli è pericoloso.

The Look of Silence documenta il crudele confronto fra i superstiti e gli assassini dei loro parenti, in mancanza di un processo che getti luce sulla veritá.

Ancora una volta alle prese con la sfida estetica e storica del genere documentaristico, il regista texano affronta la memoria e l’etica su fatti avvenuti tra 1965 e il 1966 in Indonesia. Allora i militari e i paramilitari dell’esercito indonesiano inscenarono un barbaro colpo di Stato con il silenzioso appoggio americano. E così uccisero mezzo milioni di comunisti indonesiani.

Se nel precedente documentario di Oppenheimer sulla questione indonesiana, The Act of killing, il punto di vista dei carnefici diventa quasi una catarsi per gli assassini, eccitati dalla replica del massacro attraverso la fiction, con The Look of Silence il punto di vista della tragedia è quello delle vittime e, in particolare, di Adi, l’optometrista. Suo fratello maggiore è stato torturato fino alla morte da un gruppo di ribelli. Dopo 48 anni, Adi cerca di far confessare – probabilmente invano – le colpe agli assassini, che vivono ancora indisturbati a fianco dei parenti delle loro vittime.

A Venezia i film di Joshua Oppenheimer e Renato De Maria
@ Disney | ABC Television Group

[quote align=”center” color=”#999999″]Più che di buoni e cattivi, di pazzi e sani, in Indonesia si sviluppò una follia collettiva che dura ancora oggi”, dice il regista in conferenza stampa al Lido.[/quote]

I particolari compiaciuti degli omicidi di massa e l’accusa ai comunisti di “essere degli infedeli” risuonano nei discorsi degli anziani aguzzini, senza differenze tra il 2014 e il 1965.

L’insistenza con cui Adi cerca di far confessare ai ribelli le colpe di fronte alla macchina da presa del regista si scontra col muro di gomma di una riconciliazione ancora prematura. Il precedende documentario The Act of killing è stato mostrato anche in Indonesia, ma il Governo, fino a quando il film non ha quasi vinto l’Oscar come miglior documentario, ha finto che non esistesse. In seguito il Governo ha ammesso alcuni errori del passato, aggiungendo che i tempi della riconciliazione spetteranno a chi comanda. Una denuncia che si scontra con la cecità del potere, ma rappresenta certamente una presa di coscienza cruda e necessaria.

Nella sezione “Orizzonti” della Mostra del Cinema di Venezia “La Vita Oscena” di Renato De Maria. Imperdibile.

Andrea, poeta adolescente, assiste impotente allo sgretolamento della sua famiglia: l’annuncio della malattia incurabile della madre, amatissima, e la morte improvvisa del padre. Rimasto solo si abbandona a un dolore incolmabile, fino a far esplodere la sua casa per incuria. In ospedale, fasciato come una mummia, in preda a visioni allucinatorie, riceve la visita del suo professore di italiano: il poeta Buffoni gli ha trovato un posto in un patronato scolastico, andrà a studiare a Milano. Invece di frequentare l’università Andrea si chiude nella sua stanza, circondato da riviste pornografiche, ossessionato dai versi del suo poeta preferito Georg Trakl. La sofferenza è insostenibile e decide di suicidarsi proprio come aveva fatto Trakl: con 17 grammi di cocaina. Sopravvive, invaso da immagini e presenze irreali, attratto dal gorgo erotico che gli esplode dentro. In attesa di una fine, che non arriva e non arriverà mai, per due giorni e due notti attraverserà il fuoco visionario della dissoluzione, fino a trovare il senso più profondo della sua “vita oscena”.

Il film ha i tratti del romanzo di formazione ma è in realtà il vissuto di Aldo Nove, dal suo affascinante libro omonimo, La vita oscena. Lo scrittore, che con De Maria ha redatto la sceneggiatura, si riconosce in pieno nel film e rivela:

[quote align=”center” color=”#999999″]mi provoca una grande gioia. La fedeltà ai miei intenti originari, quelli che mi hanno spinto a scrivere il romanzo è assoluta, illuminante. Non è facile (ri)vedersi sul grande schermo, e proprio nei momenti più delicati della vita. Ma questo film lo fa con inaudita grazia.[/quote]

Sullo schermo lo scrittore, Andrea, è interpretato dal giovanissimo francese Clément Métayer, i genitori sono Isabella Ferrari e Roberto De Francesco. Le sequenze più emozionanti sono proprio quelle del rapporto tra i genitori e Andrea, in cui viene evocata la delicata e sottile armonia familiare, in un’atmosfera quasi sospesa e rarefatta. Isabella Ferrari, ottima interprete, con straordinaria attitudine alterna il dolore per la consapevolezza della fine con l’ansia di trasmettere al figlio fiducia nella vita. All’ottimo cast di attori si affianca un cast tecnico eccellente con Daniele Ciprì come direttore della fotografia e Jacopo Quadri al montaggio.

 

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Brigida Ranieri nasce il 21 luglio 1983. Dottore di ricerca in Filologia Classica e redattrice presso il Thesaurus Latinae Linguae a Monaco di Baviera, ora è ricercatrice all'Università degli Studi di Perugia. Ama leggere e viaggiare e vive la vita come in un romanzo russo o in un film in bianco e nero di Godard in compagnia di Jean Paul Belmondo.
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