5 motivi per cui Matteo Renzi potrebbe andare alle elezioni4 min read

16 Giugno 2015 Politica Politica interna -

5 motivi per cui Matteo Renzi potrebbe andare alle elezioni4 min read

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5 motivi per cui Matteo Renzi potrebbe andare alle elezioni
@sokratis

Matteo Renzi, almeno dalle europee in poi, ha interpretato il suo governo come se si trovasse alla testa di una gara di Formula Uno. L’obiettivo era quella di non tornare ai box (leggi elezioni) sfruttando fino all’ultimo goccio di benzina (leggi scadenza del mandato), o almeno fino a quando il vantaggio accumulato gli fosse bastato a fermarsi senza perdere il primato.

Dopo questa tornata elettorale, però, con la perdita di Veneto e Liguria e con il disastro dei ballottaggi, il suo treno gomme appare quantomeno usurato. La tentazione di andare ad elezioni prima che il motore lo costringa a fermarsi a bordo pista potrebbe diventare dirimente. Vediamo insieme i cinque problemi tecnici che potrebbero fermare la sua corsa.

5 motivi per cui Matteo Renzi potrebbe andare alle elezioni

Il ballottaggio

L’Italicum, fortemente voluto dal premier, potrebbe rivelarsi un boomerang. Il renzismo ha trasformato in profondità il partito, e se tradizionalmente il centrosinistra è stato capace di intercettare il voto d’opinione vincendo quasi tutti i ballottaggi importanti degli ultimi venti anni (Rutelli escluso) il PD di Renzi si trova, soprattutto al sud, in mano ad una ciurma di notabili capaci di fare incetta di voti di preferenza e di vincere così al primo turno ma incapaci, soprattutto in caso di ballottaggio con i 5 stelle, di competere sul il voto di opinione. C’è da sottolineare che l’ultima giornata di votazioni ci ha restituito la fotografia di due elettorati, quello di centrodestra e quello 5 Stelle, capaci di convergere su un unico candidato al fine di fare lo sgambetto, al candidato democratico di turno. Visti i risultati ottenuti è possibile che da qui alle politiche ci prendano gusto.

Scandali

Da Buzzi che minaccia di far cadere il governo agli esponenti dell’NCD indagati, dal caso Roma al caso Mineo, la grana De Luca e chi più ne ha più ne metta. Il PD di governo (a tutti i livelli) inciampa, fisiologicamente o meno, nell’eterno sistema corruttile italico. Definitivamente archiviata la questione morale Renzi potrebbe comunque pensare di andare ad elezioni prima che la situazione precipiti in stile monetine al Raphael.

Il potere, alla fine, logora pure chi ce l’ha

Governare significa sempre, soprattutto in tempo di crisi e di fiscal compact, scontentare qualcuno. Finito l’effetto galvanizzante degli ottanta euro in busta paga, la riforma della scuola e i job act sembrano aver influito negativamente sul consenso al partito democratico. Considerando che il governo ha più volte paventato importanti ma rischiose riforme come quelle della pubblica amministrazione e dei diritti civili la tentazione potrebbe essere quella di rimandare il tutto ad un altro mandato prima che il dissenso pubblico ed il logorio di governo mini seriamente la possibilità di una riconferma.

Questione migranti ed Europa

La gestione dei migranti e, di conseguenza, i rapporti con la UE sono problemi che non si prestano a soluzioni a breve termine. A Renzi potrebbe convenire non presentarsi alle elezioni fra due anni e mezzo con un’emergenza ormai incancrenita, considerando anche le posizioni dei suo principali antagonisti, Salvini e (probabilmente) Di Maio, che fanno del no all’immigrazione il loro cavallo di battaglia e oscillano fra l’euroscetticismo e un antieuropeismo convinto.

Un altro PD è possibile

Se di Civati si sono perse le tracce e gli Orfini e le Bindi non fanno paura l’ultima tornata elettorale ha messo in luce tutta una serie di figure di bravi amministratori (i Rossi, gli Emiliano) capaci di convincere l’elettorato democratico più dei candidati direttamente riconducibili al premier. Né renziani né antirenziani molti di loro affondano le radici della propria storia politica in epoche nelle quali il rottamatore portava ancora i pantaloncini corti da scout e mirano a fare in modo che questa non si interrompa con l’eventuale caduta del segretario. Sono, insomma, la dimostrazione vivente che esiste un PD al di fuori di Renzi e che le sorti della ditta non sono legate a doppio filo a quelle del suo leader come avevamo creduto.

È pur vero che il Presidente del consiglio ha dimostrato nel tempo eccellenti doti di problem solver e siamo sicuri che saprà far fronte anche a questi ostacoli. Certo è, però, che perfino i commentatori che nel maggio scorso, dopo il 40% agguantato dal PD, si erano spinti a preconizzare il ventennio renziano, oggi appaiono più cauti.

D’altro canto le regionali e le amministrative sono test parziali, è pensare che coincidano con l’inizio della discesa della parabola renziana potrebbe farci commettere l’errore opposto. Di sicuro però, da oggi, la partita si è riaperta, almeno nelle aspettative dei tifosi.

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Quest'anno ho fatto il blogger, il copywriter, il cameriere, l'indoratore, il web designer, il dottorando in storia, il carpentiere, il bibliotecario. L'anno prossimo vorrei fare l'astronauta, il rapinatore, il cardiochirurgo, l'apicoltore, il ballerino e il giocatore di poker prof.
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