Storia Coppa Davis, parte 2: il cammino dell’Italia5 min read

28 Febbraio 2015 Uncategorized -

Storia Coppa Davis, parte 2: il cammino dell’Italia5 min read

Reading Time: 4 minutes
storia coppa davis
Barazzutti, il capitano Pietrangeli e Panatta con la Coppa del ’76 | @sportivamentemag

1922. Gli Stati Uniti si aggiudicano per la terza volta di fila l’International Lawn Tennis Challenge, raggiungendo i sei successi totali dell’Australasia, che insieme alla Isole Britanniche compongono il trio protagonista nei primi anni della competizione. Questa edizione però è importante principalmente per un motivo che ci riguarda da molto vicino: nel 1922 infatti l’Italia partecipa per la prima volta a quella che fra poco più di 20 anni sarà ribattezzata Coppa Davis, in onore del suo fondatore. L’esordio è previsto per il 19 giugno, in casa contro il Giappone finalista l’anno precedente, ma quell’incrocio non si giocherà mai: Giappone, insieme a Canada, Filippine e Hawaii decidono di dare forfait a causa delle difficoltà nell’organizzare il viaggio per l’Europa.  l’episodio che spingerà dall’anno successivo a riorganizzare il format del torneo, dividendo le varie partecipanti per area geografica.

Storia Coppa Davis: l’esordio difficile e l’era Pietrangeli

Il debutto ufficiale dell’Italia arriva sull’erba di Londra, direttamente nei quarti contro la forte Gran Bretagna, e come da pronostico i padroni di casa vincono nettamente contro una squadra azzurra formata dai soli Cesare Colombo e Mino Balbi di Robecco. Gli inizi non sono facili, occorre qualche anno per riuscire ad avere una rosa competitiva e infatti nel 1928 e nel 1930 l’Italia vince il gruppo europeo, arrendendosi però in entrambe le occasioni nello spareggio inter-zonale contro gli Stati Uniti. La squadra dell’epoca vanta tra le sue file il capitano-giocatore Umberto de Morpurgo, Giorgio De Stefani e il doppista Placido Gaslini. Segue un lungo periodo con scarsi risultati, il miglior piazzamento fino al 1950 è una finale inter-zonale contro la straordinaria Australia.

Nel 1954 la corsa azzurra si ferma ai quarti contro la Svezia che vince 5-0 a Solna. Due dei singolari li gioca un ragazzo poco più che ventenne nato a Tunisi, destinato a fare la storia del tennis italiano. Si chiama Nicola Pietrangeli, e pochi anni dopo diventerà il più vincente del tennis nostrano, conquistando per due volte il Roland Garros e stabilendo il record di presenze in Davis con 164 incontri giocati, di cui 120 vinti. è su di lui che si basa l’Italtennis degli anni 60’: nel 1960 e nel 1961 Pietrangeli e Orlando Sirola battono per due volte gli Stati Uniti nello spareggio per la finalissima, ma nel Challenge Round si trovano di fronte l’Australia di Neale Fraser, Roy Emerson e Rod Laver, una corazzata capace di vincere l’insalatiera per quindici volte in diciotto occasioni dal 1950 al 1967.

Storia Coppa Davis: lo storico trionfo del 1976

Nel 1972 Pietrangeli gioca l’ultimo incontro di Davis della sua carriera, perdendo in doppio contro la Romania di Nastase e Tiriac. A far coppia con lui c’è un ragazzo romano che ha esordito due anni prima con buoni risultati contro la Cecoslovacchia. È un simbolico passaggio di consegne: da Nicola Pietrangeli ad Adriano Panatta, il tennis italiano avrà modo di rimanere in alto e vivrà la sua epoca d’oro. Entrano nel giro della nazionale anche Paolo Bertolucci, Corrado Barazzutti e Antonio Zugarelli, i quattro che, capitanati dal solito Pietrangeli, nel 1976 guidano l’Italia alla prima e unica Coppa Davis della sua storia. In quell’edizione gli azzurri dominano la zona europea battendo nettamente Polonia, Yugoslavia, Svezia (priva di Borg) e Gran Bretagna, in semifinale c’è di nuovo la maledetta Australia ma al Foro Italico Adriano Panatta, che pochi mesi prima ha sollevato la Coppa dei Moschettieri sul centrale del Roland Garros, firma il punto del 3-2 nel singolare decisivo contro l’ex numero 1 del mondo John Newcombe.

La finale si gioca contro il sorprendente Cile, mai arrivato fin lì prima d’ora e uscito vincitore dalla semifinale contro l’Unione Sovietica senza nemmeno giocare. Il motivo è lo stesso che tre anni prima aveva portato i sovietici a non presentarsi a Santiago nella gara di ritorno per lo spareggio di qualificazione ai mondiali di calcio del 1974: l’opposizione alla dittatura militare di Augusto Pinochet. E l’Italia? I pareri sono discordanti, l’estrema sinistra è contraria alla trasferta, Pietrangeli e i tennisti vogliono giocare, il CONI si affida alla decisione della Federazione che dopo una lunga riflessione dà l’ok: si va a Santiago. All’Estadio Nacional sono in seimila a spingere i padroni di casa verso la vittoria, ma la squadra di capitan Ayala non è un granché mentre dall’altra parte Barazzutti, Panatta e Bertolucci formano un team di prima qualità. Dopo la prima giornata l’Italia è già sul 2-0 grazie alle vittorie su Jaime Fillol e Patricio Cornejo, il sabato si gioca il doppio che passerà alla storia per il successo azzurro e per le magliette rosse di Bertolucci e Panatta, una provocazione fiera e sfrontata al regime di Pinochet.

Storia Coppa Davis: l’amara finale del ’98

L’epoca d’oro dell’Italia del tennis dura fino al 1980, vengono giocate altre tre finali senza però molta fortuna: nel 1977 l’Australia vince 3-1 a Sidney, nel 1979 gli Stati Uniti di McEnroe fanno cappotto a San Francisco e un anno dopo è 4-1 in favore della Cecoslovacchia di Lendl e Smid. Nel 1981 viene introdotto il World Group, l’Italia ne fa parte ma non raggiunge risultati di rilievo fino al 1998, anno dell’ultima finale. È l’Italtennis di Davide Sanguinetti, Andrea Gaudenzi, Diego Nargiso e Gianluca Pozzi, capitanati da Paolo Bertolucci. I primi due turni si rivelano una formalità: a Genova l’India soccombe 4-1, ancora meglio a Prato dove lo Zimbabwe dei fratelli Black viene spazzato via. In semifinale si va a Milwaukee contro gli Stati Uniti orfani di Sampras e Agassi: Gaudenzi e Sanguinetti vincono i primi due singolari contro Gambill e Martin e il doppio ci promuove in finale, da giocare per la prima volta in casa. Al Forum di Milano sarà però un weekend di delusione: la spalla di Gaudenzi fa crack al tie break del quinto set nel primo singolare contro Magnus Norman, Gustafsson batte un deludente Sanguinetti e l’epilogo è amarissimo. Gli anni 2000 sono i più bui del tennis italiano in Davis: nel 2000 arriva la prima retrocessione nel Group I e tre anni dopo lo Zimbabwe ci spedisce nel Group II dove si rischia il tracollo persino contro la Georgia. Il ritorno nel World Group è storia recente, così come la semifinale dello scorso anno: il resto è una storia tutta da scrivere, a cominciare dal prossimo weekend contro la curiosa realtà del Kazakistan.

Gli altri episodi della storia della Coppa Davis:
Parte 1: Alle origini del mito
Parte 3: Gli ultimi grandi trionfi

CONDIVIDI

Classe 1991, nato a Palermo e cresciuto a pane (e panelle), Milan e fumetti Disney. Folgorato da Federer durante Wimbledon 2003, ho iniziato ad interessarmi anche al tennis, praticandolo da autodidatta e con pessimi risultati. Divoratore di pizza, appassionato e ossessionato da ogni tipo di statistica, studio Comunicazione ma odio comunicare.
2 Commenti
  1. Paolo Dell'Oca

    Io al Forum c'ero. Un filtro un po' romantico un po' ignorante mi riporta alla mente dei giocatori (su tutti l'epico Gaudenzi) che in Coppa Davis buttavano il cuore e moltiplicavano il proprio valore. Concordi Piero?

  2. Piero Vassallo

    Assolutamente! Anche lo stesso Fognini in Davis ha uno score di tutto rispetto.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

TORNA
SU