Partecipazione, disobbedienza, resilienza | Come i movimenti per il clima stanno cambiando il mondo11 min read

18 Agosto 2020 Resilienza Società -

Partecipazione, disobbedienza, resilienza | Come i movimenti per il clima stanno cambiando il mondo11 min read

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Abbiamo già parlato di democrazia partecipativa, di attivazione dal basso e di alcuni strumenti per accogliere i bisogni dei cittadini e ingaggiarli. Ma qual è la scintilla che genera consenso e partecipazione? Scendere in piazza e farsi sentire, condividere ideali, credere negli obiettivi che si vogliono raggiungere e rendere collettiva una sfida.

Spesso nasce proprio da qui, la scintilla. È quello che sta succedendo a decine di migliaia di giovani, e non solo, in tutto il mondo che unendosi in e ai movimenti e collettivi giovanili si sono raccolti attorno alle tematiche ambientali, dello sviluppo sostenibile e della resilienza, ampliando appunto il consenso sull’importanza e l’urgenza di questi temi.

Le prime dimostrazioni risalgono al 2015, quando migliaia di persone iniziarono a marciare per il clima. L’evento di allora si chiamava Global Climate March ed era una delle prime manifestazioni nata da associazioni e cittadini per ricordare ai politici – riuniti al tempo nella Cop21 di Parigi – l’importanza di prendere decisioni concrete per invertire la rotta delle emissioni.

Quali sono e come si sono evoluti questi movimenti per il clima? Chi ne fa parte? Quali sfide si pongono? Come è cambiato il loro modo di agire con la pandemia?

Ne abbiamo parlato con attiviste e attivisti di tre movimenti diversi che si stanno affermando tra i più rappresentativi della nostra epoca: Fridays for Future, Extinction Rebellion e Global Shapers Community.

Fridays For Future – una voce, tante persone

movimenti per il clima
Foto: Tommi Boom

Sulla scia di quel primo evento del 2015 ne nascono molti altri, guidati da Fridays For Future (FFF), un movimento informale, cresciuto con il passaparola che si propone di denunciare l’assenza di un Pianeta B e la necessità di salvaguardare la Terra dagli errori umani perpetrati troppo a lungo.

Nel 2019, a segnare il tempo sono stati appunto anche i Climate Strike studenteschi del venerdì. A capitanarli le parole e le azioni di Greta che a partire dal 20 agosto 2018 decideva di non presentarsi più a scuola fino al 9 settembre seguente, giorno delle elezioni politiche in Svezia, per sollecitare il governo ad occuparsi più seriamente del cambiamento climatico.

Questo il tweet con cui Greta annuncia l’avvio dello sciopero. Dice più o meno: “noi bambini di solito facciamo come ci dite voi. Ma siccome voi adulti cagate nel mio futuro, lo farò anch’io. Sono in sciopero scolastico per il clima fino al giorno delle elezioni”.

Inizialmente sola, a Greta si sono poi uniti i suoi compagni di sciopero scolastico, creando il fortunato hashtag #FridaysForFuture. Un appello all’azione che ha suscitato un risveglio internazionale. Studenti e attivisti si sono uniti in tutto il mondo per protestare al di fuori dei loro parlamenti locali e dei municipi.

Dopo FFF, iniziarono presto a emergere e proliferare in tutto il mondo altri movimenti per il clima e collettivi giovanili, promotori della lotta ai cambiamenti climatici e della sostenibilità, desiderosi di generare consapevolezza, prima ancora che azioni, non solo tra i pari ma anche, e soprattutto, a livello di governo locale, nazionale ed internazionale.

Abbiamo chiesto a Giulia Persico, ex attivista di FFF, di aiutarci a leggere evoluzioni e prospettive del movimento. Secondo Giulia la forza del movimento è stata quella di riuscire a unire in un dialogo costruttivo e pacifico la voce di tanti piccoli gruppi, fino ad allora mai abbastanza grandi da riuscire a farsi sentire in modo efficace.

Fridays For Future ha reso le tematiche ambientali alla portata di tutti, accessibili e comprensibili. Prima di FFF di crisi ecologica e cambiamenti climatici si parlava solo in ambienti ristretti, ma grazie ai venerdì per il clima sono diventati temi condivisi, un diritto per cui scendere in piazza a manifestare.

Giulia Persico, laureata in giurisprudenza, ha fatto dei cambiamenti climatici non solo una passione ma anche il suo lavoro. Oggi è impegnata come ricercatrice presso CMCC Foundation – Centro Euro Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici, dove si occupa di giustizia climatica e transizione equa.

Dall’ultimo global climate strike del 24 aprile, non è più parte attiva del movimento ma si è unita all’Italian Climate Network (ICN) che dal 2011 lavora per diffondere la consapevolezza della sfida climatica e, con poche risorse, è riuscito a diventare estremamente influente sul tema.

Il movimento di Fridays for Future è apolitico e apartitico. È un movimento studentesco, nato per accogliere giovani determinati a far sentire il proprio pensiero e le proprie idee per smuovere e spronare l’opinione pubblica. È un trampolino da cui spiccare il volo, che aiuta a trovare la propria strada a chi, come Giulia, ha deciso di sposare la sua passione e farne anche la sua sfida quotidiana.

Gli scioperi non si sono fermati nemmeno durante il lockdown. Il 24 aprile è ripresa la lotta per il clima, questa volta online. Costretti dalla pandemia di coronavirus a rimanere isolati, i ragazzi del clima hanno creato nuove forme di protesta, facendo sentire la loro presenza sui social e sul web. Greta ha invitato ogni venerdì giovani e meno giovani a continuare lo sciopero virtuale con cartelli e foto.

Extinction Rebellion – disobbedienza civile e non violenza

movimenti per il clima

Un altro movimento molto rappresentativo del nostro tempo e delle battaglie per l’ambiente è Extinction Rebellion. Nasce in Inghilterra nel maggio 2018 per iniziativa dell’agricoltore biologico Roger Hallam e della ricercatrice di biofisica molecolare Gail Bradbroo. Entrambi interessati ai movimenti collettivi come strumento di cambiamento sociale, come testimonia il loro dottorato sulla storia delle proteste sociali dal 1900 ad oggi, hanno sviluppato il “modello della protesta perfetta” che ha portato alla nascita di Extinction Rebellion (XR).

Emblematiche e a fondamento del movimento sono le parole del filosofo britannico John Locke “Amare la verità in nome della verità è l’elemento principale della perfezione umana in questo mondo, e il seme di tutte le altre virtù”. È proprio la verità sulla crisi climatica e la minaccia che quest’ultima rappresenta per l’umanità il filo conduttore delle proteste e delle manifestazioni di Extinction Rebellion.

Anna Suman e Davide Scotti sono due attivisti italiani del movimento. Extinction Rebellion (XR) è un movimento “dirompente, appassionato, informato e creativo”, ci dicono. La non violenza è il principio di fondo, una disobbedienza civile che si pone l’obiettivo di trasformare il sistema tossico in un sistema generativo.

Sono tre gli obiettivi che XR si pone. Il primo: i governi devono dichiarare l’emergenza ecologica e climatica, abbandonando politiche dannose per l’ambiente e collaborando con i mezzi d’informazione per comunicare alla società civile come prepararsi al cambiamento. Il secondo: occorre agire immediatamente per contrastare il collasso della biodiversità e portare a zero le emissioni di gas serra entro il 2025. Il terzo: in base al principio della democrazia deliberativa le scelte devono essere il frutto di assemblee di cittadine e cittadini.

Anna si definisce osservatrice da gennaio 2020, una piccola ribelle in cammino. Davide è parte di XR da ottobre 2019, momento in cui il movimento ha assunto maggiore stabilità, affermandosi con un’identità più forte e consapevole. Davide spiega che il movimento ha una struttura articolata e complessa ma fluida, basata sul sistema “Self Organising System”, contraddistinta da autonomia e centralizzazione.

XR nasce e cresce dove c’è un numero di persone sufficiente e volenterose di prendervi parte. Ogni realtà è organizzata in cerchi o gruppi tutti di pari importanza, ognuno con un suo mandato chiaro da perseguire. I gruppi sono vari, dalla scienza alle assemblee cittadine, al gruppo dedicato alla formazione.

Si tratta di un sistema in continua trasformazione, duttile ma con un metodo rigoroso che occorre rispettare. Davide definisce la struttura come un controllo sano e non oppressivo, rafforzato dalla consapevolezza dell’auto-organizzazione.

Secondo Davide la forte struttura del movimento e il tempo che quest’ultimo dedica alla formazione degli attivisti sono i due punti di forza di XR. Ci vuole preparazione e poca improvvisazione. Essere parte del movimento, significa conoscere la sua struttura, gli obiettivi che si pone e come occorre agire per perseguirli.

XR non si è fermato durante il lockdown, e spostandosi online ha anzi visto crescere il numero dei consensi. I gruppi locali hanno organizzato diversi momenti di riflessione, occasioni di formazione e discussione sui social preparandosi alla riapertura.

Terminato il lockdown, secondo Davide e Anna il momento più emblematico è stato il Flash Mob ambientalista sulla pandemia da covid-19 svoltosi a Milano davanti al Pirellone: 100 paia di scarpe simbolo dei morti da coronavirus. Una delle prime azioni post lockdown, nel rispetto del distanziamento sociale e della legalità.

XR ha manifestato solidarietà alle vittime di questa pandemia e di ogni altra vittima dei disastri ambientali. Le prime file di scarpe sono state un tributo a cittadini, personale medico sanitario e operatori sociali che si sono impegnati nella lotta quotidiana contro il virus. Le restanti simboleggiavano le numerose vittime – passate e future – dell’emergenza climatica ed ecologica, e di tutti coloro che non potendo scendere in piazza chiedono di essere ascoltati.

Il messaggio forte e chiaro esprime la necessità ricordare le migliaia di morti causati dalla pandemia senza dimenticare la sfida ambientale, e le vittime che inquinamento e disastri ambientali causano nel mondo. In maniera silenziosa e rispettosa, XR ha affermato che se l’emergenza climatica ed ecologica non verrà riconosciuta e non si agirà per mitigarla, i morti non potranno che crescere.

Global Shapers Community – approccio resiliente, sostenibilità globale

movimenti clima
Foto: World Economic Forum

Elena Caracciolo ci racconta infine obiettivi e impegni della Global Shapers Community, un movimento fondato nel 2011 dal professor Klaus Schwab, presidente esecutivo del World Economic Forum. Si tratta di un network molto diverso dai precedenti, rivolto a giovani under 30 in cui le candidature sono oggetto di una selezione.

La Global Shapers Community ad oggi ha oltre 9.500 membri, e si estende su 428 hub (le città più grandi e popolate hanno più di un hub) in 148 paesi, proponendo progetti dalle sfide differenti – dalla risposta ai disastri e la lotta alla povertà e al cambiamento climatico, alla costruzione di comunità inclusive.

I membri del network, gli shapers, si auto-organizzano per creare progetti che rispondono alle esigenze della loro comunità. Per capire il modo in cui la community ragiona e opera, emblematica, è la storia di Siddarth Hande, un giovane shaper che insieme ad un gruppo di amici ha organizzato delle gite di pulizia sulle spiagge a Chennai, in India.

Il gruppo di attivisti ha dimostrato grande capacità di resilienza, non limitandosi a spostare i rifiuti da un posto all’altro ma creando un vero e proprio network tra i kabadiwallas – piccoli negozianti che acquistano materiali dai raccoglitori di rifiuti per poi rivenderli.

L’Hub di Chennai ha creato un’applicazione per smartphone che aiuta i proprietari di case e le aziende a localizzare i kabadiwallas per organizzare la raccolta diretta, senza l’uso di raccoglitori intermediari. Si tratta di un’iniziativa molto semplice che tuttavia, ha saputo scalare i suoi obiettivi, aumentando notevolmente, non solo il suo impatto a livello ambientale, ma in grado di generare un vero e proprio empowerment lavorativo.

Punto di forza della Global Shapers Community, secondo Elena, è la capacità di generare interazione tra le persone e i problemi, mettendo in luce come le lotte di pochi, ad esempio in un piccolo paese dell’India, sono in realtà le lotte di molti.

Gli Shapers sono diversi, ognuno ha una sua storia e un suo background sociale e culturale, ma sono uniti dal desiderio di portare un cambiamento. Elena nell’hub di Milano rappresenta la diversità, per formazione ed esperienze. È una dei pochi shapers a lavorare nel mondo delle Ong e ad occuparsi di immigrazione.

Discovering MI, dell’Hub di Milano, è il progetto di cui Elena si sente più soddisfatta. In collaborazione con la Delegazione FAI di Milano, affronta il tema dell’inclusione sociale ponendosi l’obiettivo di promuovere l’integrazione attraverso la scoperta del patrimonio storico, artistico e culturale che la città di Milano offre. Grazie alla collaborazione della Casa della Carità il progetto è riuscito ad avvicinare ragazzi migranti e italiani che altrimenti non avrebbero mai avuto modo di incontrarsi.

Altro progetto implementato dagli shapers di tutti gli hub italiani nel periodo Covid, è Heroes Never Sleep, che in collaborazione con Lavazza ha costruito una narrazione fatta di interviste e approfondimenti a “eroi locali” di cittadinanza attiva. I temi affrontati rientrano tra i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 sottoscritta dai governi dei membri dell’ONU.

Tre movimenti molto diversi tra loro, accomunati dal desiderio di portare un cambiamento. Chi punta sulla protesta e sull’azione collettiva, chi sulla comunicazione digitale, chi sulla realizzazione di progetti piccoli ma dal forte impatto locale, chi si contrappone nettamente agli attori pubblici e privati tradizionali, chi ci collabora. Modalità diverse per un unico obiettivo: vincere la sfida più importante del nostro secolo.

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Milanese d’origine, giurista di studi, con un master in relazioni d’aiuto e cooperazione. Alle volte avvocato, si occupa di resilienza, sensibile al mondo dell’educazione e amante dei viaggi: a piedi, in bici, in macchina o in moto qualunque sia la destinazione.
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