Renzi contro i sindacati: trattativa a colpi di comunicazione5 min read

31 Ottobre 2014 Politica Politica interna -

Renzi contro i sindacati: trattativa a colpi di comunicazione5 min read

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renzi contro i sindacati

Ormai da anni i sindacati, ed in particolare la CGIL, sono accusati di non rappresentare più il mondo del lavoro, di essere conservatori e corporativi, di ostacolare, in ultima analisi, quelle riforme necessarie allo sviluppo del Paese.

Queste critiche non vengono più, come accadeva in passato, dalle destre neoliberiste, ma da un think tank composto da giornalisti, intellettuali, economisti, imprenditori, politici.

Una nuova classe dirigente riformista, spesso giovane o comunque sotto i cinquant’anni, da un po’ di tempo coagulata attorno alla Leopolda renziana. E al suo faro, il premier.

La posizione di Matteo Renzi, che ormai permea in profondità l’opinione pubblica del Paese, si fonda sull’oggettiva debolezza politica dimostrata negli ultimi dieci anni dal sindacato. Dopo il fallimento del tentativo cofferatiano di scalata agli allora DS, provato sull’onda della grande mobilitazione del circo Massimo che segnò il picco di popolarità e rappresentatività politica del sindacato rosso almeno dalla fine degli anni Settanta ad oggi, la CGIL ed i suoi uomini si sono spesso ridotti al ruolo di corrente all’interno dei partiti, una corrente minoritaria negli allora DS, marginale nell’attuale PD.

L’investimento nella politica partitica ha portato così ben pochi risultati, a parte l’aver garantito il prosieguo della carriera politica dei due precedenti segretari. Le leggi promulgate negli ultimi cinque anni da governi di destra, di sinistra e tecnici hanno invece ridotto, e di molto, la capacità contrattuale dei rappresentanti dei lavoratori.

Norme sulla rappresentanza e sulla delega, sui distacchi, sulla contrattazione decentrata, sul tfr e sulle pensioni, hanno progressivamente limitato il margine di manovra e il patrimonio di credibilità dei sindacati. La crisi ha fatto il resto, trasformando ogni rivendicazione di categoria in una guerra fra poveri per accaparrarsi le poche risorse disponibili, come nel caso della ventilata istituzione di un reddito minimo contrapposto al progressivo depotenziamento degli ammortizzatori sociali esistenti, a partire dalla cassa integrazione.

I sindacati hanno perso di vista il tema del lavoro e dei nuovi precari, che mai si sono sentiti tutelati o difesi dalle confederazioni dei lavoratori.

È stato facile quindi farli passare come rudere novecentesco, tesi a difendere i privilegi dei padri (i lavoratori a tempo indeterminato), se non addirittura dei nonni (i pensionati) a discapito dei figli (i disoccupati, i lavoratori in nero, i precari, gli startupper).

I sindacati si sono trovati spiazzati da questa nuova narrazione, la controparte non era più il capitale novecentesco né la Pmi ma, appunto, il cocopro, la giovane partita iva, lo start up in cerca di finanziamento, l’under 35 senza lavoro.

Soprattutto su questi temi è partita un’offensiva comunicativa senza precedenti che ha distrutto quello che restava della loro credibilità. Accusati di essere gufi, palude, di pagare la gente per scendere in piazza e di truccare i congressi i sindacalisti sono stati sopraffatti da una mole incredibile di insulti, piovuti a cascata dal governo e dalle bocche dei suoi seguaci. Trovando terreno fertile in chi i sindacati non li ha mai visti sui luoghi di lavoro.

Quella che era stata la forza tradizionale della CGIL, per esempio, i numeri delle sue tessere, la sua capacità di mobilitazione, venivano annullati dalla potenza comunicativa del premier, una manifestazione con centinaia di migliaia di persone tranquillamente contrastata con 140 caratteri lapidari: “coi sindacati non si tratta”.

renzi contro i sindacati

Renzi contro i sindacati: dopo le botte agli operai qualcosa cambia?

Anche questa narrazione però, qualche giorno fa ha mostrato le proprie crepe. I fatti accaduti a Roma, con la polizia che carica i lavoratori delle acciaierie di Terni, hanno cominciato a minare il racconto fin qui vincente del renzismo, e lo hanno fatto usando i suoi stessi mezzi. Le immagini di Landini che frena l’impeto della folla, la testa sanguinante di Rosario Rappa, i pugni dei poliziotti ai manifestanti, lo sfogo potente del segretario della Fiom hanno fatto il giro del web.

Filmati brevi come frasi lanciate da twitter, che hanno rivelato all’opinione pubblica come in Italia esistano ancora degli operai, come i rapporti con la Germania non siano risolvibili via posta celere, come l’ordine pubblico sia ancora, spesso, gestito male anche nelle città più calde. Ma soprattutto che il sindacato esiste ancora e fa il suo lavoro, e che con esso si deve trattare se non si vuole fare di questo Paese una polveriera.

Per di più quei filmati sono stati condivisi e commentati spesso proprio da quei giovani che lo storytelling leopoldiano vorrebbe controparte dei lavoratori, segno che quella contrapposizione dei padri contro i figli è forse più nella testa del think thank renziano che nella realtà delle cose.

Renzi, sempre attento al fattore immagine che lo ha portato dove si trova adesso, non ha potuto che prendere atto della nuova situazione, forse al corrente anche di alcuni sondaggi che presentavano Landini come concorrente plausibile in popolarità.

E così ieri, alla fine, e nonostante i proclami, coi sindacati si è dovuto trattare, se non sul jobs act quantomeno sulla questione specifica. Renzi e Delrio hanno sconfessato i più zelanti fra i propri sostenitori, che continuavano, mentre ancora correva il sangue dalle teste spaccate degli operai, ad attaccare la Cgil e ad accusare Landini “di aver strumentalizzato la piazza”, riconoscendo l’errore delle forze dell’ordine e la necessità di trovare una soluzione alla vertenza.

La lezione, per i sindacati, è forse più dura che per il renzismo. Da ora in poi per portare avanti le proprie lotte servirà qualcosa in più delle armi usate fin ora. Servirà il carisma, la capacità di comunicare all’opinione pubblica, di apparire sulle bacheche facebook e fra i top trending su twitter. Di coinvolgere insomma quella parte di pubblico che non legge ogni giorno rassegna, che non ha mai visto o parlato con un delegato sindacale in vita sua, costruire cioè consenso anche fuori da se stesso, per bloccare la guerra fra poveri e battere il renzismo con le sue stesse armi.

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Quest'anno ho fatto il blogger, il copywriter, il cameriere, l'indoratore, il web designer, il dottorando in storia, il carpentiere, il bibliotecario. L'anno prossimo vorrei fare l'astronauta, il rapinatore, il cardiochirurgo, l'apicoltore, il ballerino e il giocatore di poker prof.
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