Prostituzione 2/5: il mestiere più antico del mondo?4 min read

24 Febbraio 2014 Società -

Prostituzione 2/5: il mestiere più antico del mondo?4 min read

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Il mestiere più antico del mondoUno dei luoghi comuni più diffusi in materia vuole che la prostituzione sia “il mestiere più antico del mondo”. Ma chi lo dice? Ci sono studi che dimostrano che non è proprio così. Ma non solo: se accettiamo una definizione minima secondo cui prostituzione è “scambio di sesso con denaro”, scopriamo che ci sono posti al mondo in cui proprio non c’è mai stata.

Perché? Perché non tutte le culture e le società accettano uno stesso concetto di sesso (e anche di denaro). Si può anche fare sesso in cambio di una zucca o di un cosciotto di antilope, certo. Ma per definirlo prostituzione occorre una dimensione morale e giuridica, insomma una regolamentazione. Se la sessualità coincide con sé stessa, è spontanea e totalizzante, e non dobbiamo tirare in ballo la prostituzione. Le persone si scambiano piacere, punto. Magari si fanno anche un regalino. Ma la connotazione etica è assente, non c’è un sentiero che divide il lecito dal non lecito.

A un certo punto della nostra storia (europea) accade che i cacciatori/raccoglitori si stancano di tanta precarietà, scoprono l’agricoltura e mettono su famiglia. Il genere fisicamente dominante (gli uomini) detta le regole, cercando di tenere insieme la stabilità – prole certa e moglie fedele – con l’istintualità – possibilità di soddisfare i propri desideri sessuali. Si aprono così le porte alla separazione tra il diurno del familiare e il notturno del lupanare. Quest’ultimo comunque, almeno nella Roma antica, non è considerato così disdicevole. Anche in Grecia le prostitute sono ammesse dallo Stato e pagano le tasse, e alcune di loro, le escort dell’epoca, sono colte e influenti (“etere”), anche se la gran parte resta di umile condizioni (“pornai”, da cui porno).

L’esperienza più interessante, dal punto di vista antropologico, è quella della “prostituta sacra”, che si univa carnalmente col sacerdote del tempio (o con lo stesso fedele) contro versamento di un’offerta in nome di una dea dell’amore onde propiziare la prosperità comunitaria. Diffusa nelle antiche civiltà medio-orientale, proibita nella Bibbia, la prostituta sacra suppone un’idea della sessualità come unione panica con la natura.

Con il Cristianesimo si diffonde poi un cliché resistentissimo, la prostituta redenta, e nel Medioevo la prostituta – il cui nome non a caso evoca l’esposizione della merce (latino prostare, “star davanti”) – è combattuta dalla Chiesa, che vuole relegare il sesso solo nel nido familiare. Nei fatti tuttavia, come spesso accade in questo ambito, la prostituzione resta tollerata e anzi scorgiamo nuovi fenomeni: nelle città nascono “vie delle prostitute”, tasse speciali e curiosi abiti identificativi.

La prostituzione si assesta così nel paesaggio sociale europeo. Segue gli eserciti in guerra, si insedia nei bagni pubblici, nelle taverne. Il raffinato Rinascimento riesuma le cortigiane. Ci provano malattie veneree, Lutero e riforma cattolica a sconfiggerla, ma senza successo.

Continua per secoli, in Occidente, l’ambiguità di un fenomeno che, in fin dei conti, non si sa come gestire. Arriviamo al 1860, quando in Italia vengono costituite le famigerate “case di tolleranza”: lo Stato tollera, con freddo pragmatismo, il fenomeno, limitandosi a renderlo più sicuro e regolato.

Le visite mediche alle “professioniste”, le marchette, le persiane sempre chiuse (da cui le “case chiuse”), il debutto di virilità, l’uovo sbattuto come “tiramisù”, la madama/imprenditrice e le ragazze/dipendenti, insomma un’epopea che rispecchia una società maschilista e ipocritamente binaria, che non elimina certo la prostituzione libera e priva di controlli e che dura fino al 1958: le case abolite, le ragazze indotte a rifarsi una carriera o, semplicemente, ad esercitare ai bordi delle strade.

La sessualità è pur sempre un bisogno primario, non serviva Malinowski a ricordarcelo. Ma in Occidente la scissione tra corpo e spirito getta le basi per “giustificare” antropologicamente la prostituzione e rende complicata qualsiasi riflessione su come regolare il fenomeno. Altre culture fanno del sesso, semplicemente, un tutto unico, o un mezzo per agire socialmente: se un uomo della tribù Basotho “presta” la moglie al suo miglior amico, non è per farci soldi ma per rinsaldare il legame con lui.

Questo radicamento sociale delle pratiche sessuali non elimina certo considerazioni etiche (ovviamente sempre dal punto di vista dell’etica occidentale) ma non pone il problema della prostituzione intesa come sesso in cambio di denaro. Il mestiere più antico del mondo è quindi stato solo saltuariamente un mestiere, non è poi così antico e la sua diffusione nel mondo è forse solo una proiezione della “civilizzazione” occidentale.

Leggi la prima parte del reportage

Immagine | gippi52

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Aspirante antropologo, vive da sempre in habitat lagunar-fluviale veneto, per la precisione svolazza tra Laguna di Venezia, Sile e Piave. Decisamente glocal, ama lo stivale tutto (calzini fetidi inclusi), e prova a starci dietro, spesso in bici. Così dopo frivole escursioni nella giurisprudenza e nel non profit, ha deciso che è giunta seriamente l'ora di mettere la testa a posto e scrivere su tutto quello che gli piace.
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