Liter of Light, la luce dove luce non c’è7 min read

29 Dicembre 2016 Cooperazione -

Liter of Light, la luce dove luce non c’è7 min read

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liter of light italia

La riforma della cooperazione allo sviluppo, approvata dal Parlamento nel 2014, ha aperto la strada all’intervento del settore profit nella cooperazione internazionale. Ne avevamo parlato ampiamente qui.

Questa decisione ha suscitato molti dubbi. Chi scrive questa rubrica ritiene che ci siano diversi rischi nell’inclusione delle imprese nei progetti di sviluppo, ma anche ampio spazio per storie di successo, specialmente attraverso il coinvolgimento delle imprese sociali.

Vi raccontiamo una di queste storie: quella di Liter of Light, un’impresa sociale che ha come obiettivo quello di diffondere l’accesso all’energia elettrica attraverso l’uso e la diffusione di un sistema tecnologico estremamente semplice, replicabile e realizzabile con materiali di riciclo o comunque a basso costo.

In pochi anni, Liter of Light ha raggiunto due milioni di beneficiari in 26 paesi attraverso l’installazione di oltre 500 mila luci con grande impatto sociale sulle comunità raggiunte. Per capire meglio i motivi di questa storia di successo, abbiamo intervistato Lorenzo Giorgi, Direttore Esecutivo e Coordinatore Europeo di Liter of Light.

Liter of Light Italia: intervista a Lorenzo Giorgi

Buongiorno Lorenzo, ci puoi spiegare cos’è Liter of Light e la sua idea di fondo?

Liter of Light è stata la prima organizzazione a diffondere su scala globale la bottle bulbs, invenzione del meccanico brasiliano Alfredo Moser. Installavamo bottiglie nei tetti in lamiera delle abitazioni che si trovavano in slum e baraccopoli; questo sistema composto solamente da una bottiglia con acqua e candeggina sfruttava la rifrazione del sole all’interno delle molecole dell’acqua.

Riuscivamo a portare illuminazione diurna ma non notturna così il progetto si è sviluppato ed è stato installato un pannello solare da 1W collegato ad un Led con la potenza di 1W ed un voltaggio di 3,2 V. Nasce così il progetto Liter of Light at Night. Successivamente il dispositivo si è evoluto fino ad arrivare alle Street Light da 30 watt con le quali illuminiamo le vie pubbliche delle città e delle comunità.

Secondo te cosa c’è in questa idea che ne ha permesso una così rapida diffusione?

Una così rapida diffusione ha un solo ingrediente: puntare tutto sulla formazione di personale locale. Liter of Light è l’unica, o comunque una delle poche organizzazioni di cooperazione allo sviluppo, che non ha nessun espatriato in giro per il mondo.

Ogni ufficio regionale è indipendente e dove possibile viene costituito come impresa sociale, tutto lo staff che gestisce l’ufficio è composto da personale locale. Questo permette di attivare un processo inclusivo e di social business con ritorno esclusivamente locale ed incentiva le persone a lavorare con noi.

liter of light italia

Dove lavorate principalmente, e come funziona il vostro servizio?

Le 21 sedi si concentrano principalmente nei paesi del sud del mondo, ma non mancano sedi in Europa e negli Stati Uniti. La sede italiana è insieme un centro di ricerca, sviluppo e progettazione. Facciamo progettazione nei paesi del sud del mondo e ci occupiamo di condividere tecnologie, conoscenza ed innovazione e parallelamente portiamo avanti studi sulla sostenibilità di queste tecnologie. Attualmente stiamo lavorando in Africa, Medio Oriente, Sud America e in Europa, regione di cui siamo inoltre coordinatori.

Come hai evidenziato prima, durante il vostro lavoro date ampio spazio alla formazione del personale locale. Che costi ulteriori ha questo per voi? E quali sono i vantaggi?

La formazione è il principio fondamentale sulla quale si basa tutto il nostro progetto: senza la formazione non esisterebbe la condivisione di conoscenza e viceversa. Quando entriamo in un nuovo paese o sviluppiamo progetti in nuove aree si attiva tutto il ciclo di progetto: dalla formazione, passando per l’installazione fino al monitoraggio, e si pongono le basi per iniziare gli studi di fattibilità per la creazione del business sociale locale.

Chiaramente questo comporta costi e impegno maggiori, perché i nostri tecnici devono mettere a disposizione della comunità molte ore destinate alla formazione e non solo all’installazione diretta, allungando i tempi di realizzazione degli impianti. Di contro questa scelta comporta grandi vantaggi, sia perché aumenta la sostenibilità futura, sia perché i progetti successivi nella stessa area potranno essere gestiti dallo staff locale e non più dallo staff internazionale, questo vuol dire che un progetto avrà bisogno in futuro di un investimento minore ed avrà un ritorno sulla comunità maggiore, sia dal punto di vista economico che sociale.

Quali sono i benefici sociali che avete riscontrato nei territori in cui avete lavorato?

I benefici principali sono quelli legati alla presenza dell’illuminazione pubblica, in particolare la riduzione della criminalità e la maggiore percezione di sicurezza, con conseguenze positive nell’apertura di esercizi commerciali, attività sociali, frequentazione dei luoghi di ritrovo, diminuzione dell’abbandono scolastico.

Questi benefici funzionano da apripista per le future progettazioni nella stessa comunità: se un villaggio ha sperimentato un miglioramento della qualità della vita sarà più propenso a continuare a lavorare con noi sia per l’illuminazione privata sia per l’accesso all’energia.

Liter of Light è una impresa sociale, in Italia funziona come un organismo no profit, ma nei paesi in via di sviluppo riesce a portare dei guadagni diretti a chi ci lavora, oltre agli indubbi benefici sociali per la comunità?

Nei paesi in via di sviluppo porta uno dei più grandi benefici che possano esserci: l’avvio di un business sociale. Il business muove l’indotto di una comunità ma per farlo in maniera sostenibile deve essere il più possibile equo e distribuire le ricadute positive. In questo modo, nel sud del mondo, si creano circoli virtuosi di economia sostenibile che si auto-alimentano. Nel frattempo, quando possiamo, continuiamo a realizzare progettazioni finanziate direttamente dai governi o dalle grandi imprese per stimolare nuovi mercati.

Il nostro obiettivo nel sud del mondo è sempre quello di formare tecnici pronti a gestire entrambe le fasi, quella del business sociale e quella della progettazione per lo sviluppo sostenibile.

liter of light italia

Oltre all’attività diretta nei paesi in via di sviluppo Liter of light lavora anche in Italia, in che modo? Siete soddisfatti dei risultati di questo lavoro?

In Italia facciamo principalmente ricerca nel campo dell’innovazione sostenibile, tecnologica e sociale. Ci è capitato comunque di sviluppare alcune installazioni per l’illuminazione pubblica che aumenteranno in maniera considerevole il prossimo anno grazie a nuovi progetti.

Per ultimo, ma non meno importante, in Italia sviluppiamo progetti di educazione allo sviluppo. È dal lavoro con i ragazzi nelle scuole italiane che iniziano i progetti internazionali: dove possibile cerchiamo di realizzare in Italia un workshop di apertura del progetto internazionale, così da aumentare la sensibilità verso il progetto stesso e per cercare di creare un ponte fra i ragazzi del nord del mondo ed i ragazzi del sud.

Quello che vogliamo far capire ai ragazzi è che la conoscenza è un bene che non ha barriere e confini e che è compito di tutti condividerla affinché si possano costruire processi di sviluppo sostenibile in tutto il mondo.

Quali obiettivi avete raggiunto, e quali ulteriori obiettivi vi state ponendo?

Abbiamo lavorato in più di otto paesi diversi solo nell’ultimo anno e coordiniamo tutte le sedi europee ed i grandi eventi, come COP21 e COP22, ed abbiamo sviluppato più di sette progetti di sviluppo internazionale. Il 2017 ha un cronoprogramma quasi totalmente completo. L’obiettivo è quello di crescere a livello nazionale ed internazionale, in maniera sempre più costante e strutturata.

Sono molto soddisfatto dal lavoro fatto dal mio staff e da tutti gli staff europei, che noi supportiamo e coordiniamo, ma la strada è ancora lunga. Dobbiamo lavorare ancora molto sullo sviluppo di alcuni sistemi innovativi, come quello del wifi nelle nostre street light e le modalità di sharing dell’energia accumulata.

Secondo la tua esperienza il coinvolgimento delle imprese straniere nella cooperazione con i paesi in via di sviluppo è positivo? Quali vantaggi e svantaggi hai riscontrato?

La cooperazione internazionale sta cambiando, è sotto gli occhi di tutti, vi è un interessamento più forte da parte delle imprese sia per la propria responsabilità sociale sia perché le leggi ad oggi impongono un certo impegno nel sociale per alcune di esse. I vantaggi stanno nella dinamicità della gestione dei progetti, gli svantaggi sono nel controllo degli stessi.

Mi spiego meglio: lavorando con le imprese le sessioni di monitoraggio non sono imposte da quest’ultime ma sono soltanto a controllo delle ONG, ecco a volte alle ONG succede di sedersi sugli allori ed essere pigre nel monitorare i progetti. L’impegno delle imprese è fondamentale sia per lo sviluppo dei paesi beneficiari sia per attuare politiche di impact investing, l’importante è scrivere, gestire ed eseguire progetti che siano il più sostenibili possibile e che non diventino schiavi del marketing, come spesso le imprese vorrebbero.

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Conseguito il Master in Cooperazione e Progettazione per lo sviluppo, ha maturato 8 anni di esperienza in Italia e all’estero - in particolare in Medio Oriente - nel campo della cooperazione internazionale. Co-fondatrice di Mekané si occupa di progetti di educazione e di valorizzazione del patrimonio culturale.
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