Cambia la Juve, non gli obiettivi: 12 domande al blog Juventibus7 min read

22 Agosto 2015 Uncategorized -

Cambia la Juve, non gli obiettivi: 12 domande al blog Juventibus7 min read

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Da quattro anni campione d’Italia, la Juve arriva alla vigilia del campionato 2015/2016 con qualche incognita in più. Tra addii importanti e nuovi volti, Allegri è chiamato alla prova del nove, dopo aver sfiorato la stagione perfetta, appena qualche mese fa. Ci inseriamo un po’ di storia (bianconera, s’intende) e quel che resta di Calciopoli e ne parliamo con Antonio Corsa e Luca Momblano, due dei fondatori di Juventibus, blog di riferimento di tutta la comunità bianconera. 

Partiamo dagli addii importanti. Tra Pirlo, Vidal e Tevez, quale assenza peserà di più?
Momblano: “In assoluto dico senza remore Vidal per due motivi: il cileno era entrato nella pelle dei tifosi e l’impatto temperamentale, nonché visivo, non verrà colmato da nessuno degli interpreti attuali di centrocampo perché hanno caratteristiche primarie differenti (Sturaro incluso). Il che non è né IL problema, né un problema, se non fosse appunto che alle prime difficoltà, anche fosse solo uno 0-0 alla mezzora contro il Frosinone, al tifoso medio verrà agli occhi l’immagine del centrocampista che ha fatto da anima (e da goleador nonostante le mille rincorse) in quattro storici anni di Juve. Poi la verità è un’altra ancora: se gli avanti segneranno poco, il rimpianto sarà Tevez; se il gioco non sarà fluido e la fase di possesso non sarà sempre così sicuro, sui giornali e sui siti leggeremo Pirlo. Perché sono tre giocatori di pari calibro e che quasi si completavano a vicenda, almeno apparentemente. Il guanto di sfida del rinnovamento della rosa 2015/16 è proprio questo. E verrà di conseguenza letto e interpretato in base al risultato nazionale, cioè quinto scudetto consecutivo o meno”.

Capitolo acquisti: Dybala, Mandzukic e Zaza in attacco, Neto in porta, Alex Sandro e Rugani in difesa, Khedira e “Mister x” a centrocampo. In attesa di completare il mercato, che voto date al lavoro di Marotta?
Momblano: “Otto e mezzo. Un votone, considerato che Marotta non è il genere di dirigente che si fa amare grazie alle campagne acquisti. Questo è un dato storico, non solo alla Juventus. E dei nove e dei dieci c’è sempre da temere…”.

A tal proposito, tra i tanti nomi circolati, quale credete che sia il trequartista ideale per la Juve e quale la pista con più possibilità di concretizzarsi?
Momblano: “L’ideale sarebbe Oscar del Chelsea perché corrisponde in tutto e per tutto al disegno specifico di Allegri. Non solo: ho l’idea che nel brasiliano il tecnico si riveda tantissimo. Mi spiego: Oscar è il giocatore che Allegri avrebbe voluto essere, somigliandoci anche per struttura fisica. Ma, appunto, siamo nello specifico di un giocatore alla fine non così duttile, come invece altri. Per esempio Draxler, o lo stesso Cuadrado, posseggono più capacità di strappo: caratteristica alternativa sulla scrivania del mister. Ho citato questi due nomi perché c’è un lavoro dietro e non credo la Juve improvviserà per questo tassello nell’ultima settimana”.

Che giocatore è, in poche parole, Paulo Dybala?
Momblano: “L’archetipo del mignon là davanti che apre le porte alle suggestioni di ogni tifoso. Tecnicamente: un Montella, speriamo il miglior Montella, con maggiore raggio d’azione e visione periferica. Mica male se c’azzecco…”.

Quanto spazio potrà avere Daniele Rugani nella sua prima stagione in bianconero?
Momblano: “Temo poco. Anche se è vero che i quattro possibili “titolari” nel ruolo, fatta eccezione per Bonucci, concedono sempre minutaggio per diversi discorsi di carattere fisico. Insomma, Barzagli e Chiellini non sembrano più granitici anche se non hanno perso in corsa e incisività. Caceres è il bello e il brutto del jolly quando ti serve il jolly. Il punto d’arrivo minimo è che Rugani abbia la possibilità di crescere in seno a questo gruppo vincente per definizione senza accumulare gli striminziti 500 minuti che toccarono a Coman l’anno passato. Si è pur sempre conquistato la Juve da titolare inamovibile prima in Serie B poi in Serie A”.

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Per Massimiliano Allegri la prossima stagione sarà un po’ la prova del nove: cosa vi aspettate dal tecnico? Come potrà cambiare (se cambierà) la Juve, a livello tattico e di gioco?
Momblano: “A Torino ogni stagione è la prova del nove. Lo è stata anche la terza di Conte, tant’è che Istanbul ha aperto comunque una crepa fino a una settimana prima impensabile. “Sotto tutti i punti di vista” (cit.). Tatticamente, tutto sta nel trequartista e nel suo nome. Fin che c’è Pereyra lo sviluppo passerà sul gioco con caccia veloce verso gli avanti, ovvero la rapidità nella conquista del campo passando però più attraverso Pogba, alla ricerca della stagione perfetta (con Euro 2016 poi in Francia) e magari di quel trofeo che fu già anche di Zidane e Nedved…”.

Secondo Gianni Mura, le percentuali di scudetto in Italia sono queste: Juve 31, Roma 26, Milan 19, Napoli 9, Fiorentina, Inter e Lazio 5. Juve favorita, quindi, ma meno del solito: che campionato sarà? Quale avversario temete di più?
Corsa: “L’anno scorso, secondo la maggioranza degli esperti, la squadra di Allegri non era nemmeno la favorita per la vittoria finale, eppure ha chiuso in campionato con il maggior distacco di sempre sulla seconda, più la vittoria in Coppa Italia e la finale di Champions. Quest’anno, nuovamente, si legge un po’ ovunque di gap annullato con elogi alle campagne acquisti altrui. Vedremo. La verità è che l’unica squadra che può impedire alla Juventus di vincere il quinto Scudetto consecutivo è la Juventus e a Torino lo sanno bene”.

Dopo la finale dello scorso anno, qual è l’obiettivo minimo in Champions League?
Corsa: “Ne ha parlato il presidente Agnelli e sono d’accordo con lui: l’obiettivo minimo di ogni stagione deve diventare quello di fare un buon girone e qualificarsi senza eccessive sofferenze alla fase ad eliminazione diretta, meglio da prima classificata. A quel punto, poi, giocarsela senza paura contro chiunque, magari con un pizzico di buona sorte. È difficile programmare in una competizione come la Champions, ma bisogna riuscire a giocare con l’atteggiamento delle grandi e questo passa innanzitutto dal disputare una buona prima fase”.

Perché nella sua storia la Juve vanta pochi titoli europei in rapporto ai tanti nazionali?

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Corsa: “Sono del 1980. Dalla mia nascita, 35 anni fa, la Juventus ha disputato 7 finali di Champions League, 1 di Coppa delle Coppe e 3 di Coppa UEFA: 11 totali a fronte di 15 Scudetti vinti. Una finale ogni 3 anni. Mica è poco, anzi: è una media che sognano in tutta Europa. Il problema, non da poco, è che ne abbiamo vinte meno della metà e solo una (più l’Heysel) della competizione più prestigiosa. Le 6 finali di Champions perse pesano tantissimo: oggi ne abbiamo in bacheca quante il Benfica, con un po’ più di determinazione e fortuna gareggeremmo con il Milan per una patch sulla maglia”.

Il migliore è stato sfiorato lo scorso anno, ora ipotizzate il peggior scenario, tra quelli plausibili, a fine stagione.
Corsa: “Viene difficile pensare male. Dopo 4 anni di dominio assoluto, ci si aspetta di continuare a vincere. Lo scenario peggiore, ad ogni modo, potrebbe riguardare proprio un’eliminazione troppo precoce in Champions League. Dopo la finale di Berlino, la Juve deve riconfermarsi nell’élite del calcio europeo. Il vero test, ormai, deve tornare ad essere l’Europa”.

Calciopoli ha acuito il contrasto tra juventini e non: verrà mai superata? Ci sarà sempre una contabilità dei titoli ufficiale e una contabilità bianconera?
Corsa: “Probabilmente sì. Intendiamoci su una cosa, però: la Juventus e gli juventini, al di là della contabilità, hanno già pagato – ci tengo a ricordarlo – un conto molto salato rispettando (fin troppo) gli effetti reali e concreti di quelle sentenze del 2006. Le partite a Rimini e Frosinone, l’allenatore e i campionissimi scappati via (dalle rivali), un ciclo importante interrotto sul più bello, la dirigenza spazzata via, l’umiliante ricostruzione con Blanc e Cobolli, le ricapitalizzazioni, ecc. sono tutte conseguenze vissute, pratiche, tangibili, che hanno lasciato il segno. Al di là di un paio di numerini in più o in meno. Dall’altra parte, invece, c’è chi ancora oggi annovera nel proprio palmares e spesso rinfaccia uno Scudetto non vinto sul campo e sul quale resterà per sempre il sospetto (leggi: relazione Palazzi) che, senza prescrizione, non sarebbe mai finito (o restato) lì. È dura, sportivamente, da accettare. È dura metterci una pietra sopra quando ti senti preso in giro. Quel 33 mostrato con orgoglio ovunque e senza asterischi è un modo per palesare tale malessere”.

Futuro improvviso: è il 28 maggio 2016. C’è una partita importante a San Siro…
Corsa: “Alzargliela in faccia, dici? Eh”.

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Statistico atipico, ha curato la sezione Sport e amministrato i profili social di Le Nius. Formatore nei corsi di scrittura per il web e comunicazione social, ha fondato e conduce il podcast sul calcio Vox2Box e fa SEO a Storeis. Una volta ha intervistato Ruud Gullit, ma forse lui non si ricorda.
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