Epifania nel Veneto: una pinza per la Befana4 min read

5 Gennaio 2014 Cucina -

Epifania nel Veneto: una pinza per la Befana4 min read

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Conoscete la pinza, il dolce veneto del periodo di Natale e della Befana? Oggi vi lasciamo la ricetta per prepararlo, ma prima ci siamo chiesti qualcosa di più sulla origine della festa della Epifania e le sue tradizioni gastronomiche, in particolare in Veneto dove questa ricetta per una torta di frutta secca, farina di mais, frumento e latte ha origine.

pinza dolce veneto

L’Epifania, ”che tutte le feste porta via”, ci rende un po’ tristi. Via le decorazioni, giù l’albero, in cantina il presepe. Si ricomincia (o si continua). In realtà, è una festa popolare molto importante. Anticamente, essa coincideva col solstizio d’inverno: si congedava l’anno vecchio e si accoglieva quello nuovo. Poi, si aggiunse l’uso cristiano di celebrare la prima ”manifestazione” (in greco epifania) pubblica del piccolo Gesù, presentato ai Magi.

Più tardi, nel Medioevo, l’antica dialettica vecchio/nuovo si traspose nella figura della Befana (proprio dal termine epifania), personificazione delle forze sacre che aleggiavano sui campi dormienti da poco seminati. In veneziano la befana è la marantega, che qualcuno collega alla ‘madre antica”, cioè Madre Natura. Ecco perché la raffiguriamo vecchia (l’anno appena trascorso) ma potenzialmente augurale (i doni che porta).

Pinsa o pinza dolce veneto dell’Epifania

E veniamo ad oggi.

La sera della vigilia dell’Epifania in una grande piazza si fa un alto falò sfavillante al centro. Attorno la gente si riscalda con vin brulè e pinza (vedi la ricetta sotto), guardando allegra all’immenso fuoco che si staglia nel buio.

Si tratta del panevin.

A Venezia, Treviso, Padova, in Friuli si accatastano mobili vecchi e legna da ardere, talvolta a formare una pira o un pupazzo o una vecchia strega. Si brusa la vecia, l’anno vecchio coi suoi affanni. Si segue con attenzione dove cadranno le faville del falò: se a nord ed est (la ”montagna”) portano male per i raccolti, bene invece se a sud e a ovest (la ”marina”).

pinza dolce veneto
@mauro.puppett_photography

 

Il ”pan” è la pinza o pinsa. Dolce ancestrale (ho trovato per voi una ricetta risalente a prima del Mille!), era il dolce per eccellenza del Natale, fatto col pane comune, ma arricchito per propiziare abbondanza e prosperità (ricorda il nostro zelten).

Tanto antica è la pinza che il suo etimo è molto incerto, forse lo stesso di pizza (latino pinsere, ”schiacciare, macinare”), trattandosi di un dolce piuttosto basso.

Oggi, nell’era dei panettoni industriali, in cui un po’ di saggezza contadina è rimasta – e forse giocoforza tornerà – la pinza è anche un pretesto per dare destinazione agli avanzi di frutta secca di cene e cenoni (un tempo si usava anche il grasso del”musetto” o cotechino!).

Essendo cucina popolare le varianti sono tante quante le famiglie che la realizzano, ma è questa la cosa che ci piace di più di tutte. La base può essere, appunto, del pane raffermo o della polenta (con un risultato più morbido).

Scegliendo l’ultima via questa è la ricetta che ho ritrovato:

Pinza dolce veneto

  • 300 g Farina di Mais gialla 00 (farina Fioretto di buona qualità e ben macinata andrà bene)
  • 200 g Farina di grano tenero macinata a pietra (anche farro andrà benissimo)
  • 5/6 dl latte
  • 1 bicchiere d’acqua
  • 1/2 bustina lievito per dolci senza aromi
  • 100 g burro
  • 100 g zucchero di canna integrale (anche meno di 100g)
  • 150 g uvetta sultanina
  • 25 g semi di finocchio (questi sono fondamentali!)
  • 30 g pinoli
  • 50 g cedrini
  • 5 fichi secchi
  • bucce di limone e mandarino o arancio (solo qualche frammento)
  • 1/2 bicchierino di grappa bianca
  • sale un pizzico

 

Procedimento

Mettere a bagno l’uvetta in acqua tiepida per ammorbidirla e tagliare tutta la frutta a pezzettini. Unire la farina al lievito e lo zucchero, quindi mescolare. In una casseruola versare il latte, il burro, un bicchiere d’acqua, un pizzico di sale; portare a ebollizione e aggiungere la farina gialla. Cuocere il tutto per circa 20 minuti, continuando sempre a mescolare fino ad ottenere una polentina morbida. Lasciare intiepidire e aggiungere la farina con il lievito. Mescolare bene e inserire la frutta preparata a pezzetti con la grappa e le bucce di agrumi. Lasciar riposare per 30′.

Imburrare una tortiera e spolverizzarla di pan grattato. Versarvi l’impasto – alto al massimo 3 cm – infornare a 180°, nel forno preriscaldato, per 60′. La pinza sarà pronta quando in superficie si sarà formata una crosticina bruna e quando, introducendovi uno stuzzicadenti, ne uscirà asciutto.

Servire la pinza fredda, ideale sarebbe lasciarlo riposare per 2 giorni. Dura qualche giorno senza alterarsi.

Foto in copertina | Alessio Francesco Brunetti

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Aspirante antropologo, vive da sempre in habitat lagunar-fluviale veneto, per la precisione svolazza tra Laguna di Venezia, Sile e Piave. Decisamente glocal, ama lo stivale tutto (calzini fetidi inclusi), e prova a starci dietro, spesso in bici. Così dopo frivole escursioni nella giurisprudenza e nel non profit, ha deciso che è giunta seriamente l'ora di mettere la testa a posto e scrivere su tutto quello che gli piace.
11 Commenti
  1. Pier

    Due precisazioni -questa è una ricetta attuale; quella di ''prima del Mille'' non è qui riportata, ers solo x testimoniare la vetustà della ricetta -la farina di farro rende l'impasto più ruvido, rugoso: ma insomma decidete voi, le possibilità sono tante!

    • Mauro Trevisan

      Ciao, ottimo articolo! mi chiedevo se fosse possibile avere la ricetta "prima del Mille". Grazie

  2. Ilaria

    Anni fa in occasione della festa dell'Epifania, quando ci recavamo frequentemente a Venezia, ricordo che, nelle vetrine delle panetterie e pasticcerie c'erano, in bella vista, numerose le pinze. Un dolce casalingo, sconosciuto a noi milanesi, semplice ma molto buono.

  3. Pier

    Già Ilaria, la pinza la fanno un pò tutti, è il simbolo malinconico della ripresa del lavoro/scuola (secondo un calendario ormai antico). C'è chi, come il sottoscritto, sarebbe tentato di prolungarne l'uso per tutto gennaio, giusto x transitare senza lacune dolciarie alle frittelle di carnevale!

  4. Paolo

    Mi é piaciuto l'articolo, nonché l'accenno alla ricetta risalente al Mille, anche se io non so cucinare. Però mi avrebbe fatto piacere leggere pure la ricetta originale. E, proprio perché non so cucinare, circa il latte, cosa significa ? Cinque sesti di litro? Oppure da cinque a sei litri?

  5. Pier

    ''5/6 dl di latte'' dl sta per ''decilitri'' (il carattere è piccolo, si confonde in effetti un pò con ''di'')La ricetta ante 1000 si trova in una storia della mia cittadina di nascita, S. Donà di Piave, 'S.Donà. Storia immagini costumi'' (di Baldo, Cagnazzi, Rizzo), 1979

  6. Giulia

    ...e la storia di guardare da che parte vanno "e faive", ponente o levante??? Veramente da oracolo di Delfi... Forse nel tuo libro ne trovi traccia. Io non ricordo più...

    • Pier

      rileggere articolo, quinto capoverso, please. E comunque l'origine della tradizione di seguir le ''faive'' o ''falive'' è controversa ed incerta.

  7. Cristiano Lancerotto

    Da noi il finocchio non si usa... e nemmeno la farina! Solo pane raffermo... ed ha anche un altro nome, molto diverso da pinza!

  8. Ariella

    Cmq...io sono Veneta,e a casa mia come in tutto il territorio,la pinza viene fatta con la polenta...non credo che prima dell'anno mille ci fosse il lievito chimico...ha tutto un altro sapore!

    • Stefania Cardinale

      Grazie Ariella, è molto interessante come la ricetta possa cambiare da zona a zona, e talvolta anche nell'arco di pochi chilometri. Cristiano, nel commento precedente, dice che dalle sue parti si usa "solo pane raffermo" ;-)

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