Click #7 – Doom, ovvero Della semplicità3 min read

3 Febbraio 2014 Giochi -

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Click #7 – Doom, ovvero Della semplicità3 min read

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DoomSchiacci il pulsante, si crea un collegamento.

Un collegamento casuale, non cercato né voluto, ma dettato dall’entropica connessione globale, per cui la realtà è un aggrovigliato insieme di cavi elettrici, lungo i quali gli impulsi viaggiano secondo percorsi imprevedibili. Il settimo pulsante avvia un vecchio pc.

Ogni tanto penso a Doom. È più forte di me, un po’ come ripensare occasionalmente a un cugino che non vedi da tempo, oppure a quella volta che con i tuoi amici avete tirato… no, vabbé, quello non si racconta. In ogni caso, di recente mi è venuto in mente Doom. Un titolo che a suo modo ha rivoluzionato non solo gli sparatutto, ma i videogiochi in generale. Un titolo che, al di là del suo finto 3D un po’ naif, aveva un vero, grande pregio: la Semplicità.

In Doom interpretavi uno space marine. Uno space marine senza nome, perché per menare gli alieni mica serve un nome. Lo stringatissimo background del gioco era grossomodo il seguente: degli scienziati hanno stronzeggiato un po’ troppo, ora è pieno di mostri orribili che vogliono invadere la Terra, tu vai e distruggili senza farti tante domande. Il che riassume anche il senso del gioco, perché tutto sommato quel che si deve fare in questo first-person shooter della id Software è andare avanti, indietro, a destra, sinistra, pigiare interruttori, cambiare arma, ma soprattutto sparare come un dannato.

Tutto ciò potrebbe sembrare limitante, lo concedo. Ma in realtà, è proprio il bello del gioco, in cui la tua più grande preoccupazione, oltre a rimanere vivo, consiste nel valutare se sia davvero il caso di tirare fuori il BFG 9000 e bruciare quaranta celle di plasma per falciare i maledetti imp che stanno per bersagliarti di palle di fuoco. È maledettamente rilassante. Non ci sono mezze misure. Non ci sono dilemmi etici. Si muove? Distruggilo!

Per non parlare del sistema di gioco. Mi interessa la versione pc giocabile con la tastiera, non so poi come fosse per le console. Ma i tasti da tenere in considerazione erano veramente una manciata. Le frecce direzionali, control, la barra spaziatrice e poco più. E non c’era nemmeno da prendere la mira in verticale, ma solo in orizzontale. L’ideale per spegnere il cervello e divertirsi dopo un’intensa giornata di studio o lavoro.

DoomOggi invece ci sono giochi meravigliosi – penso ad Halo – dove però per giocare devi applicarti in maniera non indifferente. Devi imparare. Ci sono un sacco di variabili di cui tenere conto. Decine di tasti. Statistiche. Devi interagire con cose o persone. Tutto quanto molto bello, intendiamoci. Ma è quasi più faticoso che lavorare. Perfino i titoli di calcio, dove un tempo bastavano quattro tasti (o addirittura uno, se si risale ai tempi di Kick-Off e soci), richiedono oggi la conoscenza di decine di combinazioni complicate. E se poi per caso Colombo si trova sotto porta e la passa in rovesciata a un compagno marcato invece che insaccare con facilità, è solo colpa mia che ho sbagliato la combo.

Insomma, oggi i videogiochi si sono fatti complessi e raffinati. Ma ogni tanto c’è anche bisogno di Semplicità. Di Ignoranza. Di Immotivata Violenza. Di imbracciare la motosega e aprire in due uno di quei maledetti cosi rosa di Doom. Va bene, vado a recuperare il fucile a canne mozze dalla soffitta.

Il nono pulsante accende…

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Ciao a tutti, mi chiamo Agu e ho un problema con l’alce. E pure con i correttori automatici. Sono giornalista freelance. Pubblico racconti e disegnetti sul mio blog, Come un dinosauro in un bicchier d’acqua. Se ne avete voglia, dateci un occhio. Prima o poi ve lo restituiremo.
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