5 cose sulla dieta di David Bowie6 min read

9 Gennaio 2017 Cucina -

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antropologa e comunicatrice

5 cose sulla dieta di David Bowie6 min read

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@firstwefeast.com

Circa un anno fa il mondo ha perso uno dei più grandi musicisti di quest’era, David Bowie. Come una delle mie migliori amiche mi ricorda, Bowie, oltre ad essere un uomo di eccezionale talento, ci ha insegnato che si può essere meravigliosamente strani, anche nel mangiare.

Secondo quanto scrive David Buckley nella biografia dal titolo Strange Fascination: David Bowie: The Definitive Story (che vi consiglio di leggere in lingua originale) Bowie non era quello che oggi si direbbe un foodie e neanche un appassionato di diete salutiste, in particolare nei primi anni di carriera. Di certo, aveva una sua sua dieta, indisciplinata, con qualche piatto preferito ma comunque irrazionale, a volte costruita a tavolino e assolutamente non consigliabile:

Bowie was never meant to be. He’s like a Lego kit. I am convinced I wouldn’t like him, because he’s too vacuous and undisciplined. There is no definitive David Bowie. (David Bowie su David Bowie, 1976, in Buckley)

La dieta di David Bowie: pub, latte e peperoni crudi

La sua carriera nasce in un pub di Londra, The Three Tuns pub nella Londra del Southeast, in mezzo a birre e cibo tradizionale inglese. E questo ci piace molto. Purtroppo il pub oggi non esiste più ed è stato sostituito da Zizzi, un locale di cucina italiana. Il cibo inglese da pub e il fast food sono le portate più menzionate nelle sue biografie. Tuttavia, nei primi anni di successo, la sua vita (e la sua alimentazione) è costellata di molti eccessi.

Quando si sposta a Los Angeles per la registrazione del decimo disco (Station to Station, fine degli anni ’70) Bowie sopravvive di una dieta abbastanza sconclusionata, è sottopeso, mangia al massimo due volte al giorno, la mattina alle 4 e poi il pomeriggio alle 5, e poco: peperoni crudi verdi e rossi ingurgitati con il latte freddo di frigo (Buckley, p.230).

I would keep a fridge fully stocked with this stuff … and when I wasn’t hallucinating I was sitting on the floor in the dark, lit by the little light inside the door, cutting up pepper with my knife and cramming them into my mouth. (Bowie, 1998)

Se non fosse stato per la sua assistente, Coco, che cercava di prendersi cura anche della alimentazione di Bowie, il suo frigo sarebbe stato sempre vuoto. Secondo Buckley, questo era il periodo di massima dipendenza dalla cocaina, e la dipendenza lo spingeva a mangiare poco, all’esaltazione, all’essere sottopeso, a lavorare a lungo ai suoi album, a vivere al buio, alle psicosi, ricordando poco o niente.

Lo stesso Bowie in alcune dichiarazioni successive dice di non ricordare quel periodo di vita e di averne coltivata memoria solo perché ne leggeva in giro sui vecchi articoli.

“I know it was in L.A. because I’ve read it was.”

Tra il lusso e il desiderio di sperimentare le cucine tradizionali

Di certo molta della vita di Bowie durante i tour trascorre tra buffet e ristoranti di hotel insieme ai componenti del gruppo, allo staff e agli amici musicisti, spesso circondato da molte persone. E fin qui, non ci sorprende. Ma in America la campagna di comunicazione organizzata dalla casa di produzione Gem e da Tony Defries (i primi anni ’70) mirava a vendere Bowie come una superstar. Per questo, lui e la band durante per contratto dovevano alloggiare negli hotel di lusso e mangiare lì, con tanto di champagne. Pare non avessero liquidi per mangiare altrove, perché in realtà le vendite erano ancora scarse e gli hotel erano pagati con un conto-credito, addebitato alla casa di produzione!

1973 — David Bowie e Mick Ronson a pranzo in treno — Photo by © Mick Rock @daily-songs.com

Qualcosa di più interessante sulla dieta di David Bowie si sa dall’intermezzo trascorso a Berlino (durante il periodo di ossessione nazista) e la frequentazione con l’amico Iggy Pop. In quel periodo incontriamo un Bowie più spontaneo con la cucina internazionale e soprattutto un assaggiatore curioso. Buckley scrive di una predilezione di Bowie (e dell’amico Iggy) per il cibo turco dei piccoli ristoranti locali e per la birra Konig Pilsner. Anche qui gli eccessi non mancano e alla dipendenza da cocaina si aggiunge una dipendenza da Pilsner che fa stare più volte molto male il cantante ormai trentenne.

La stessa curiosità sul cibo locale si trova nel tour successivo in Giappone (1978), dove Bowie e descritto come un assaggiatore e un avido ricercatore dei ristoranti notturni, sconosciuti ai turisti, con l’intento di provare tutta la cucina giapponese di Tokyo.

La famosa shepherd’s pie o la torta del pastore

Non si può parlare di Bowie e di cibo senza nominare questa torta salata tipica inglese la Shepherd’s Pie (facilmente gustabile in qualunque pub inglese). Sebbene io non abbia trovato nessuna testimonianza ufficiale nelle sue bio della passione di Bowie per questa torta salata, è vero che la sua etichetta giapponese ne ha alimentato il pettegolezzo al momento del lancio dell’album “The Next Day”, nel 2012. In quell’anno, infatti, l’etichetta giapponese di Bowie apre un pub e caffè, nel palazzo della Sony a Tokyo, dedicato interamente al cantante e alla sua musica. Nel bar del caffè si servono cocktail con il nome di alcuni pezzi di Bowie,  “Cat People”, “The Man Who Fell To Earth” e “China Girl”  e in particolare cucina inglese. Sul menù primeggiava la Shepherd’s Pie anche se oggi il menù è stato aggiornato.

La shepherd’s pie è una torta salata a base di carne di pecora, fagioli piccanti e ricoperta di patate e purè. La versione servita nel pub di Tokyo  prevedeva un extra di formaggio e peperoni, in onore di Bowie i suoi peperoni e i latticini.

I sandwich di Soho, New York e la pasta di Iman

Il Bowie di mezza età ha una dieta più regolare e nella sua vita spunta la passione per la cucina italiana, la pasta, in particolare cucinata dalla moglie e modella Iman (sposata nel 1992 in una chiesa di Firenze). Ma anche i sandwich del Caffe Falai. Questo locale in cui un Bowie sessantenne si recava almeno 2 volte a settimana per il take away di sandwich e/o pasta è situato in Lafayette Street a Manhattan, non molto lontano dalla penthouse che Bowie chiamava ‘casa dolce casa’.

Il mito e l’uomo di tutti i giorni

L’uomo che scriveva “Fast food, living nostalgia/Humble pie or bitter fruit,” nella canzone D.J. tuttavia dopo la disintossicazione dalla cocaina ha una vita privata di cui si sa poco, in particolare ciò che riguarda la sua alimentazione. Dagli anni ’80 in poi Bowie ha fatto del camouflage e della disinformazione creata apposta per i media (anche sulla sua vita privata) parte della sua arte e ci ha costruito il profilo di una rock star. Secondo molte testimonianze raccolte da Buckley probabilmente questo processo di costruzione era già iniziato anni prima; per difesa dal pubblico, dai colleghi, dai media, dalle sue stesse psicosi, Bowie impara a gestire il successo costruendo delle informazioni ad hoc, verosimili o talvolta disoneste anche sulla sua vita privata ( p.7) e su cui molte biografie, che tentano di svelare la verità su di lui, sono invece state scritte. Il Bowie di tutti i giorni, le sue abitudini quotidiane e anche alimentari di uomo maturo e di padre sono quasi sconosciute.

“I’m always amazed that people take what I say seriously. I don’t even take what I am seriously.”

Disclaimer: la biografia scritta da Buckley non tratta in particolare della dieta di Bowie, anzi, è densa di testimonianze sulla creazione della rock star, sull’uomo David R. Jones e sul lancio degli album che lo hanno portato al successo.

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Antropologa e progettista, per Le Nius è project manager, content manager e formatrice. Nella vita studia e comunica progetti di cooperazione, in particolare progetti di sviluppo che fanno leva sui patrimoni culturali. Si interessa di antropologia dei media, è consulente per il terzo settore. info@lenius.it
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