Dentro Jackson Pollock3 min read

11 Marzo 2014 Cultura -

Dentro Jackson Pollock3 min read

Reading Time: 3 minutes

Se dico Pollock ad alcuni verranno in mente schizzi di colore in libertà. Io immagino un tormentato andare avanti e indietro, alternato a momenti di paralisi, lacrime che cadono a terra rotolando fino a formare debordanti gorghi scuri e grovigli inestricabili.

E poi ancora… puzza di alcol, urla di rabbia, estasi mistica, ritualità nevrotica e musica jazz.DentroJacksonPollock

Altri penseranno all’espressionismo astratto americano di fine anni ‘40 e in particolare all’Action Painting. Si tratta di quella “pittura d’azione”, tutta gestuale e astratta, realizzata da Pollock attraverso la tecnica del “dripping”: lo sgocciolamento del colore da grossi pennelli (o direttamente dal barattolo) attuato attraverso un movimento ritmico e rotatorio del braccio, mentre il corpo del pittore si muove sui quattro lati di una grande tela disposta a terra.

Facciamo per un attimo finta di essere sofferenti, ribelli, fragili, insopportabili, in cerca di guarigione e di una voce. Tutti abbiamo qualcosa di questo dentro, cioè tutti siamo un po’ Jackson. In più però lui soffriva di povertà e di alcolismo. Ma qui non parleremo della sua tormentata vita o del suo rapporto con la collezionista Peggy Guggenheim (che ne ha decretato la fortuna), bensì della sua arte: perché chiudersi in un granaio di Long Island a produrre enormi tele con questo dripping?

Dopo essersi formato sulla pittura del Rinascimento (che contiene rimandi all’alchimia mischiati alla simbologia cristiana), Pollock ripudia il realismo dei particolari per cercare una sua linea che esprima una turbinosa energia. Trae ispirazione dai corpi di Michelangelo, come da Picasso e da Mirò, e inizia a creare teste e pezzi di natura scomposti.

L’artista fa proprio il concetto surrealista dell’inconscio come forma d’arte, che correla a sua volta all’idea di inconscio collettivo e agli archetipi di Jung, che vede come delle forme primarie, dei simboli provenienti da culture diverse ma universali.

Inoltre, il pittore rimane colpito dall’arte murale latino-americana (e dagli schizzi di pittura colati sul pavimento dai muri) e dalle pitture di sabbia degli indiani Navajo. Per costoro le pitture sono un mezzo di guarigione, parte di un percorso sciamanico. La guarigione avviene quando il malato si siede sul suo disegno, distruggendolo.

Dentro Jackson PollockNel ‘43 Pollock espone all’Art of This Century di New York opere dai colori espressionisti, ancora figurative, di stile tardo cubista, con elementi ideografici surrealisti. Vi si scorgono dee minoiche della luna, simboli magici e sessuali influenzati dalle maschere e dai totem indiani come dai miti esoterici. Tutti questi simboli riguardano l’unione degli opposti, rappresentata dall’androgino alchemico, che per Pollock è l’artista.

Quindi si tratta di una riflessione sul potere di guarigione dell’arte stessa. Dal ’47 Pollock inizia a dipingere i grandi quadri che l’hanno reso famoso come iniziatore dell’Action Painting: del segno-gesto, della pittura come performance, aggiungerei, della pittura quasi come secrezione organica.

La svolta verso l’astrattismo avviene quando Pollock decide di compiere l’azione rituale suprema: entrare metaforicamente dentro il quadro, nella grande tela disposta a terra, rilasciando il suo dripping intorno ai quattro lati. Pratica che lo porterà a distruggere le figure, proprio come avviene nel rituale Navajo, e a rappresentare, senza ansia di traduzione, il moto dell’inconscio stesso: il gesto taumaturgico. Atto che gli sorge spontaneo ogni qualvolta una percezione sollecita la memoria di qualcosa che vive nel suo inconscio.

Pollock è morto anzitempo schiantandosi contro un albero, ma in pochi come lui ci hanno fatto entrare tanto profondamente dentro il proprio anelito alla vita.

Immagini / Jackson Pollock, Alchimia (Alchemy), 1947 – Jackson Pollock, La donna luna (The Moon Woman), 1943

CONDIVIDI

Nata milanese, naturalizzata scozzese, morta veneziana, risorta in riva al Piave. Con alle spalle 12 traslochi e 2 lauree (lingue e arti visive), l'ex poetessa della classe non ha ancora capito cosa farà da grande, intanto si interessa di quasi tutto, a fasi. Qui è amante di cause perse, tipo comunicare.
13 Commenti
  1. Cristina

    Pollock, di primo acchito, non è un artista facile da capire. Le sue tele o piacciono o non piacciono, secondo me, quando un artista è così "forte" non ci possono essere vie di mezzo. Pur amando l'arte e pur dipingendo (seppur ancora con inesperienza) non mi ero mai soffermata più di tanto sulle opere di Pollock nè tantomeno mi ero sforzata di capirlo. Leggere l'articolo mi ha aiutato in questo senso. Io penso che l'arte è un percorso. Si comincia dalle cose tangibili per arrivare poi al trascendentale, all'istinto puro. Pollock ha compiuto questo percorso fino in fondo, è arrivato oltre, ha usato l'arte come terapia, ci si è "buttato dentro", ha travalicato regole e schemi, come solo un vero artista sa fare.

    • Chiara

      non so, sarà che quello che è facile e soft o dolce o prevedibile è piacevole, fa anche bene, decora la vita, ma alla lunga annoia, cioè fa un effetto di come quando mangi troppe caramelle. l'arte più "contemporanea" parte da questo presupposto. artisti come Pollock sono ancora fruibili perché molto espressivi, fan uso di mezzi tradizionali come colori e pittura, altri estendono l'arte molto al di là della pittura, al punto da renderla quasi irriconoscibile, in molti casi anche molto filosofica, in altri proprio algida. ognuno ha i suoi gusti, ma è bello farsi provocare dall'arte, che è una grande fucina di senso/sensi.

  2. pier

    Fateci caso, Pollock sta entrando nelle nostre vite, nel nostro immaginario ( = quello che è consentito, ad un certo punto, vedere e rappresentare), l'altro giorno ho visto un paio di sue copie nella pizzeria all'angolo (anni fa sarebbe stato impensabile!) Vuol dire che - sotto sotto, senza dircelo -abbiamo voglia delle sue scie di colore, dei suoi filamenti materici, del suo caos apparente

    • Chiara

      sì, ho notato che è addirittura inflazionato, per questo ho sentito l'esigenza di parlarne, per capire perché. forse è un po' l'effetto degli impressionisti, per cui quello che alla nascita rompe le regole, poi viene digerito col tempo ed entra a far parte dello status quo e diventa a sua volta una regola, un'istituzione e lo trovi ossessivamente applicato al marketing su astucci, stampe, blocchi, matite ecc. di solito è quando avviene questo che uno stile arriva al grande pubblico e una parte della sua carica primigenia muore, viene banalizzata, schematizzata: è questo il prezzo del "successo". la verità è che ci piace ciò che ci evoca un senso di libertà controllata, perché diverso ma conosciuto, già un po' masticato, approvato con il bollino dai supposti esperti in materia. la libertà pura è per pochi, nei più scatena terrore e rimozione. un buon 80% degli uomini è fatto per conservare (senza porsi domande o fare sforzi di traduzione), il restante per innovare in una qualche misura. questa minoranza paga sempre un prezzo altissimo, a volte addirittura con la vita o la sanità mentale.

  3. Chiara Vitali

    Inserisco qui il commento di Giulia, impossibilitata a pubblicare il suo commento in altra maniera: "Tu dici: " Facciamo per un attimo finta di essere sofferenti, ribelli, fragili, insopportabili, in cerca di guarigione e di una voce. "... facciamo finta, tu dici???? A parte questo, ho sempre amato moltissimo Pollok, proprio per quel qualcosa di cosmico che esprime, per la sua turbinosa energia, per i suoi richiami (più o meno consapevoli) agli archetipi Yunghiani, per la sua sfiorata follia, per come è morto: spiaccicato (così lo immaginavo) contro un albero, così da assomigliare ad uno dei suoi quadri."

    • Chiara Vitali

      sì, "facciamo finta" è ironico, in realtà (come dico subito dopo) c'è un po' di Jackson in tutti noi, ma magari ognuno ha questi aspetti in percentuale e intensità diversa, anche a seconda del momento che sta attraversando. già, turbinosa energia, cosmico … ci piace!

  4. Giuseppina

    Il singolare stile di pittura di Jack Pollock per cui l’artista venne soprannominato “Jack the Dripper”si stacca dall’arte figurativa e supera la tradizione di usare ‘ pennello e cavalletto'. Il colore cola libero da arnesi vari o anche da impasti fatti con vari materiali come sabbia, pezzetti di vetro o altro. Ma per capire meglio il rivoluzionario modo di esprimersi dell'artista forse è utile leggere alcuni stralci di espressioni che egli ci ha lasciato e che riporto qui di seguito. …“ho bisogno dell’opposizione che mi dà una superficie dura . Sul pavimento mi trovo a mio agio. Mi sento più vicino al dipinto, quasi come fossi parte di lui, perché in questo modo posso camminarci attorno, lavorarci da tutti i quattro i lati ed essere letteralmente “dentro “ al dipinto. Questo modo di procedere è simile a quello degli Indiani dell’ovest”. …Quando sono dentro i miei quadri … solo dopo un momento di “presa di coscienza' mi rendo conto di quello che ho realizzato. Non ho paura di fare cambiamenti, di rovinare l’immagine, perché il dipinto vive di vita propria. Io cerco di farla uscire. E’ solo quando mi capita di perdere il contatto con il dipinto che il risultato è confuso e scadente. Altrimenti c’è pura armonia, un semplice scambio di dare ed avere e il quadro riesce bene.” Le sue opere possono piacere oppure no, ma Jack Pollock è ritenuto un vero artista.

    • Chiara Vitali

      esatto! sì Jack the Dripper, che fa il verso a Jack the Ripper (Jack Lo Squartatore), con ironico riferimento alla sua visceralità. Pollock vive le sue opere come dei veri e propri parti.

  5. Chiara

    Segnalo approfondimento sul collegamento tra Pollock e i frattali: http://www.scienzainrete.it/contenuto/articolo/jackson-pollock-decrittato-coi-frattali

  6. Fabio

    Vi invito a vedere le foto di Mulas che ritraggono Pollock nel suo studio durante la creazione delle opere. Ogni volta che penso a questo artista penso all'importanza del gesto come sintesi tra liberazione e desiderio di comunicare. Direi un importante precursore di quelle che sono poi state alcune derive nel mondo dell'arte contemporanea, anche se nelle ultime mostre che ho visto in giro per il mondo noto poco coraggio da parte degli artisti...

    • Chiara

      hai ragione son piuttosto valide, le avevo già viste, anche di altri artisti, tipo Fontana. Le foto di Mulas son sempre molto efficaci nel ritrarre gli artisti all'opera, che pazienza che aveva quell'uomo! Sì, Pollock è un precursore importante. Sai cos'hanno molte mostre? Sono un mix tra un effetto asettico da camera operatoria, cose urlate fatte per essere critiche a priori a tutti i costi ma in un modo che te lo aspetti (tanto c'è sempre pronto qualcuno che si scandalizza), cose che le vedi e dici ok, ma cosa c'è di nuovo? E in generale la sensazione che devono esser tutti dentro a un passaparola comune, perché le opere si somigliano tutte: se non son zuppa son pan bagnato. Chissà, forse si cerca di produrre quello che va in quel momento, si fa riferimento ad alcuni filosofi trendy di quel momento, altrimenti magari non esponi. Così poi le cose selezionate per le mostre magari rappresentano quello che va in quel momento, che però non è molto nuovo. Difficile in un circuito così: il sistema dell'arte.

  7. lorenzo

    Guardando le opere di Pollock mi ha sempre colpito il desiderio di "entrare" nel quadro, che ho sempre percepito anche prima di sapere chi era realmente Pollock. La prima volta che ho visto una sua opera ho rischiato di avvicinarmi realmente troppo e sono stato richiamato da un addetto. La cosa strana è che non me ne ero neanche accorto... Credo che le sue opere esercitino su di me un potere ipnotico.

    • Chiara

      sì, lo spazio del dentro, dell'immersione senza compromessi, quello che uscirà poi dalla tela per chiamarsi environment, in cui l'opera è tutta la stanza. E' bello godersi l'arte anche e prima di tutto così, senza sapere nulla dell'autore. Però poi per completare il cerchio, e aggiungere spunti sempre nuovi è altrettanto bello cercare di capire chi fosse l'autore e altre informazioni del caso. Ci sono tanti livelli nelle opere, perché le opere sono cose "dense" (per la precisione semanticamente e sintatticamente dense). Un quadro ti Pollock potrebbe sì avere un potere ipnotico forse a causa delle grandi dimensioni, ma ancor più del moto rotatorio del gesto che l'ha creato. Il vortice è qualcosa che attira a sè, che risucchia. Ciò che risucchia in Pollock non è un buco nero minimalista, ma un universo intero, fatto di un tripudio sinestetico.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Iscriviti alla niusletter e resta aggiornato

Lascia la tua email qui sotto e rimani aggiornato con le ultime novità dal Blog di Le Nius
Puoi annullare l’iscrizione in qualsiasi momento facendo clic sul collegamento nel footer delle nostre e-mail. Per informazioni sulle nostre pratiche sulla privacy, trovi il link qui sotto.

Su cosa Vuoi Rimanere Aggiornat*?

Scegli lo scopo per cui vuoi ricevere le nostre Niusletter. Scegli almeno un’opzione per permetterci di comunicare con te

TORNA
SU